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 2018  agosto 26 Domenica calendario

Dino Buzzati e la morte

In un appunto del 1971 Elias Canetti confessava con rammarico e indignazione la propria impotenza a «ritrovare la strada verso chi ha portato la morte nel mondo. Non vedo in nessun luogo un Dio della vita, vedo dei ciechi, che guarniscono con Dio i loro misfatti». È un testo pressoché contemporaneo a quelli scritti da Buzzati nel 1971 nell’agenda Olivetti che contiene il manoscritto di Il reggimento parte all’alba, una serie di quadri narrativi ossessivamente centrati sul tema della morte. Non c’è spazio per altro, soprattutto dopo la diagnosi di un tumore al pancreas che lo stroncherà il 28 gennaio 1972. 
Come per Kafka e per Canetti, anche per Buzzati la morte è uno scandalo inaccettabile, è la massima offesa e vergogna e giunge sempre improvvisa pure quando è stata annunciata. Dal Deserto dei Tartari Buzzati coltiva con dedizione e orrore l’idea di un’attesa snervante e punitiva, di un «messaggio» letale partito da «chissà dove» e per lo più affidato a una collettività cieca e senza chiara identità: i Tartari, il «reggimento», un “non” Dio nascosto in qualche imprecisato luogo del mondo; ma anche la prigione soffocante di un’anonima e logorante quotidianità. In realtà non sappiamo nulla del nostro destino e ci sforziamo di darci risposte rassicuranti per alleviare l’ignoranza e il dolore. Un tipo di condotta che Ennio Flaiano chiamava «pornografia rosa». 
Ognuno di noi, «senza eccezione», appartiene «a un reggimento e i reggimenti sono innumerevoli, nessuno sa quanti sono, e nessuno sa neanche quale sia il suo reggimento, eppure i reggimenti sono accantonati qui intorno, anche nel cuore della città, benché nessuno se ne accorga e ci pensi. Però quando un reggimento parte, chi gli appartiene, pure lui deve partire». E per questa chiamata, spesso tanto subdola quanto imperativa, non esistono «disertori». «Senonché», constata Buzzati, «quasi nessuno se ne rende conto. Questo perché nella maggioranza dei casi l’annunzio non consiste in un modulo esplicito come la chiamata alle armi, bensì in piccoli segni che facilmente si possono scambiare per fenomeni casuali del tutto indifferenti. Ma soprattutto perché gli uomini ripugnano selvaggiamente all’idea del loro fatale destino».
Buzzati declina queste riflessioni in ritratti di persone che rinviano alla millenaria tradizione epigrammatica dell’Antologia palatina, dei Tumuli umanistici, della Spoon River di Edgar Lee Masters. Straordinaria la sequenza di racconti e personaggi dell’estate 1971, che mette in fila il commercialista erotomane Attilio Brilli (14 giugno), il regista Alex Roi (13 luglio), lo scrittore Stefano Caberlot (15 luglio), il libraio Galileo Tani (19 luglio), l’ispettore delle dogane Wladimiro Ferraris (3 agosto) e un gruppo di quindici amici pescatori raggiunti e sorpresi dal «passo» inatteso e funesto, «leggero, timido, premuroso» di un ignoto e «molto civile» giovanotto (23 agosto). Una successione insieme agghiacciante e avvincente, di grande esito artistico. L’assillante tono lugubre è qua e là spezzato da segmenti di sprizzante felicità, che rendono ancora più struggente la «partenza». Come in Leopardi.
Anticipato da alcuni pezzi apparsi sui giornali negli anni Settanta, Il reggimento parte all’alba uscì postumo dall’editore Frassinelli nel 1985, con la partecipe prefazione di Indro Montanelli e un illuminante intervento di Guido Piovene. «Ogni oggetto, ogni fatto», sostiene Piovene, «prendono posto per Buzzati in un sistema enorme di segnaletica funebre, di cui diventano strumenti. L’universo è una semiotica di “avvisi di partenza”». 
Questa nuova edizione è pubblicata dall’editore Henry Beyle e allestita con la consueta puntualità e intelligenza da Lorenzo Viganò. Il libro si distingue sia per l’accurata ed elegante veste editoriale sia per i rilevanti aggiornamenti di carattere testuale. Viganò ha infatti rivisto, sulla base del manoscritto originale, l’ordine dei testi e inserito brani inediti, documentando il dinamico laboratorio dello scrittore. Impreziosiscono il volume le riproduzioni fotografiche di tredici pagine dell’Agenda nera Olivetti 1970 su cui Buzzati compose i testi e i disegni dell’opera, scrivendone il titolo da destra a sinistra, forse per tentare di invertire, almeno simbolicamente, una direzione tragicamente segnata.

(Il reggimento parte all’alba, Dino Buzzati, a cura di Lorenzo Viganò, Henry Beyle, Milano, pagg. 176, € 36).