Corriere della Sera, 26 agosto 2018
Sveva Casati Modignani: «Io e Visconti, in bagno»
Aveva Casati Modignani (nome d’arte di Bice Cairati, autrice di best seller rosa venduti in tutto il mondo), lei in quell’estate del 1968 aveva trent’anni tondi tondi. Che cosa faceva?
«Ho ricordi precisi, anche perché è stato un periodo che, nell’anno successivo, mi ha condotto ad un punto importante della mia vita».
E cioè?
«Nel 1969 ho avuto il mio primo orgasmo».
A trentuno anni?
«Sì, e con l’uomo con cui mi ero messa dieci anni prima, peraltro guadagnandomi l’appellativo di donna facile perché lui era già sposato (l’uomo era il giornalista Nullo Cantaroni, insieme al quale, per un paio d’anni, Cairati ha scritto romanzi, ndr)».
E come mai questo «cammino verso la compiutezza erotica» iniziò proprio nell’estate del ‘68?
«Perché c’era un clima di liberazione dagli obblighi e dalle rigidità di un mondo perbenista che a noi pareva al tramonto. In realtà, più tardi capimmo che le cose non stavano proprio così. Io ho appena compiuto ottant’anni e posso dire che quel movimento avrebbe potuto fare molto di più, specie per noi donne. Pensi che per anni è girata la voce secondo la quale è sempre stato mio marito a scrivere i romanzi mentre io mi sarei limitata a promuoverli. A cosa sono servite quelle battaglie allora?»
Torniamo a quell’estate: lei dov’era?
«Dall’altra parte della barricata, diciamo quella reazionaria, ma solo per dovere. Lavoravo nei giornali e nelle riviste, seguivo la cronaca mondana e intervistavo i personaggi del jet set. Per dire, scrivevo su Il Milanese, settimanale voluto da Giorgio Mondadori. Quindi vagavo tra i ricchi di Capalbio, Venezia e Saint-Tropez. Gli studenti rivendicavano diritti e io inseguivo i playboy, come Beppe Piroddi. O le signore-bene in vacanza a Capri».
Un ricordo preciso?
«Ero a Venezia, all’Hotel Des Bains, dovevo intervistare Luchino Visconti. Mi avevano fissato il colloquio a un’ora precisa e, puntuale, bussai alla sua stanza. Avanti, rispose una voce. Ma in camera non c’era nessuno. Andai in bagno. Lo trovai nella vasca, coperto di schiuma come una diva».
Niente intervista?
«Gli dissi: maestro, non ho parole. E lui: nessun problema, stasera danno una cena in mio onore, farò in modo di averla vicino così potrà farmi tutte le domande che vorrà; se non ritroverà la voce, le racconterò io cose interessanti. Quella era l’altra faccia del ‘68: gli intellettuali eccentrici».
Tutto questo mentre le città si infiammavano.
«Sì ma io in realtà stavo da quella parte! Avrei voluto protestare, specie per i diritti delle donne. Facevo quel lavoro solo perché dovevo portare soldi a casa, altrimenti sarei scesa in piazza con operai e studenti».
Un altro ricordo?
«Ah, sì, la figuraccia che feci a Forte dei Marmi. Andai da Suni Agnelli per intervistarla e, alla fine della conversazione, mi feci coraggio e preparai la mia migliore faccia tosta. Signora, le dissi, so che qui vicino abita Fanny Branca e siccome dovrei intervistare anche lei, gentilmente potrebbe telefonarle e preannunciarle il mio arrivo, visto che vi conoscete? Non sapevo di aver appena fatto la peggiore gaffe della mia vita».
E perché mai?
«Perché Susanna Agnelli mi regalò uno dei suoi famosi sguardi pieni di ironia e con il tono più amabile del mondo mi rispose: “Lo farei volentieri, cara, peccato che Fanny mi abbia portato via il mio Urbano (Rattazzi, ndr)”».
Tutto un altro pianeta rispetto a quello che ha reso famoso il Sessantotto.
«Ma guardi, i due universi convivevano e hanno convissuto a lungo. Non pensi che tutti quei rivoluzionari con la barba e il megafono non avessero ambizioni molto più terra-terra. Uno di loro, il più famoso, è un uomo coltissimo, così sapiente da essere capace di farti un discorso di un’ora in latino, ma alla fine chi ha sposato? Una milionaria. Dall’altra parte, secondo me l’errore più clamoroso fu quello di non distinguere tra ricchi e signori».
Ci fu una protesta cieca, secondo lei?
«Sì, perché nella realtà c’erano, sì, i ricchi e basta, ma c’erano anche persone piene di cultura e intelligenza, come, appunto, Visconti o gli Agnelli».
Tornando a lei, di lì a un anno, ecco l’approdo al piacere.
«Sì, nel 1969, in una mansarda dal tetto di vetro, quindi con le stelle sulla testa, io ebbi il mio primo orgasmo. Nel momento preciso in cui Tito Stagno annunciava l’allunaggio. Che ricordo ho? Boh, mi sentivo leggera. Come Neil Armstrong».
Ottant’anni appena compiuti. Che cosa ha imparato (anche grazie al Sessantotto)?
«Ovviamente a non prendermi sul serio».