Corriere della Sera, 23 agosto 2018
«Il dottor Stranamore», storia grottesca tra Brecht e Chaplin
Tutti amano Kubrick, tutti rimpiangono Kubrick, tutti citano Kubrick, nella cui filmografia imprevedibile ci sono titoli super glorificati, da 2001 (mise la fantascienza sul podio) a Shining (idem con l’horror) ad Arancia meccanica. Altri, come Il dottor Stranamore (sottotitolo non casuale: Ovvero come imparai a non preoccuparmi e amare la bomba) sono meno presenti nell’immaginario.
Dove invece il grande piccolo dittatore (Sterling Hayden), amleticamente pazzo ma con metodo, dovrebbe troneggiare per i molti riferimenti al nostro presente. Era il 1964, anno ancora di relativa allegria e sir Peter Sellers, incredibile mattatore in tre ruoli di cui uno nazi, si divertiva intanto con il Clouseau della Pantera rosa, riuscendo straordinario sempre.
Stranamore rimane un film grottesco radicato profondamente nei tempi. In testa alle angosce c’era la bomba atomica e Kubrick disse: «È il solo problema dove non c’è possibilità che si apprenda dall’esperienza: il giorno che succedesse qualcosa, non servirebbe a nessuno». L’ultima spiaggia, l’amarcord di Hiroshima, paura dell’irresponsabile che schiaccia un bottone e così sprofonda tutti nell’ignoto apocalittico del grande fungo.
Per Kubrick il film somiglia a un sogno ma sul cui baratro inconscio spalma patine di sarcasmo (attaccare l’Unione sovietica per paura di un complotto comunista… già sentita?), uno stile a metà tra Brecht e Chaplin, fuori dal naturalismo bellico, dentro invece a un kammerspiel (piccolo teatro) in cui tutto avviene a porte chiuse: con la bomba il mondo morirà con noi, ma l’autore avverte che la vera immoralità è ciò che mette la specie in pericolo. Si sta a cavalcioni sulla bomba, con richiami fallici tra bombardieri, funghi e missili. Da antologia la telefonata tra i presidenti, americano e russo: un enorme sberleffo ci sotterrerà e nessuno si salverà, neppure la scienza.
(Il dottor Stranamore, di Kubrick. Sky Cinema Classics, ore 19.25)