Il Messaggero, 25 agosto 2018
Pornostar, un altro amico tradisce Trump
La diga si è aperta. Individui che sono stati amici e collaboratori di Donald Trump cercano di salvarsi, e ottengono patteggiamenti con la giustizia in cambio di testimonianze che lo danneggiano. Due in un solo giorno hanno seguito l’esempio già fornito nel passato da altri: David Pecker, proprietario della rivista scandalistica National Enquirer e Allen Weisselberg, direttore finanziario della Trump Organization.
DOCUMENTI IN CASSAFORTE
Al momento i due stanno fornendo informazioni sul metodo usato per comprare il silenzio di due donne che avevano avuto relazioni sessuali con il presidente. Sono cioè tutti e due nomi scaturiti dall’inchiesta sull’ex avvocato di Trump, Michael Cohen, quello che aveva organizzato il pagamento poche settimane prima delle presidenziali del novembre 2016, violando con esso le leggi sul finanziamento elettorale. Cohen si è riconosciuto colpevole e si è detto disposto ad aiutare gli inquirenti. Così hanno fatto Pecker e Weisselberg. Il primo era amico di Trump da molti anni, e lo proteggeva seguendo la strategia del «catch and kill», cioè di comprare storie in esclusiva e non pubblicarle, silenziando un possibile scandalo. Pare che Pecker tenesse documentazioni di altre vicende simili a quelle della playmate Karen McDougal e della pornostar Stormy Daniels. Le teneva in una cassaforte, ma alla vigilia dell’insediamento di Trump, aveva trasferito il contenuto altrove, e non si sa se lo abbia consegnato tutto o in parte agli inquirenti. Durante la campagna elettorale, Pecker aveva dato ordine che le copertine fossero sempre elogiative di Trump e invece stroncassero i suoi rivali, spesso con storie inventate. Ma da quando sono sbucati i nomi Karen McDougal e Stormy Daniels, Trump ha smesso di parlare con Pecker. Si constata sempre più spesso, dunque, che Trump considera la lealtà come un sentimento unidirezionale, che deve andare dai parenti, dai collaboratori e dagli amici verso di lui, ma non viene necessariamente restituita. Sia Cohen che Pecker non hanno nascosto di essersi sentiti abbandonati da Trump.
TWEET AL VELENO
Non è lo stesso però per Weisselberg, responsabile finanziario della società della famiglia da decenni. Da quando Donald è presidente, il controllo della Trump Organization è passato a Weisselberg e ai due figli del presidente, Don e Eric. E secondo la stampa americana sarebbe stato Weisselberg a rimborsare a Cohen e al National Enquirer le cifre investite per mettere a tacere Karen McDougal e Stormy Daniels. E Weisselberg ha ottenuto l’indennità in cambio della sua testimonianza. La difesa ufficiale della Casa Bianca per ora rimane quella di ripetere che «il presidente non ha fatto nulla di male». Ma spesso il peggior nemico di Trump è Trump stesso. Ieri mattina il presidente non ha resistito alla tentazione di digitare qualche tweet, con i quali ha attaccato sia Cohen che il procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller, arrivando ad attaccare il ministro della Giustizia Jeff Sessions, che secondo lui dovrebbe aprire inchieste su Hillary Clinton invece che permettere la continuazione delle inchieste contro lui stesso. Come succede quando il cerchio intorno a lui si surriscalda, Trump ha cercato sfogo nella politica estera. Ha fatto sapere di aver cancellato il viaggio del segretario di Stato Mike Pompeo in Corea del nord, in quanto Kim Jong-un «non sta collaborando con la denuclearizzazione». Effettivamente erano settimane che il presidente era bersagliato da relazioni dell’intelligence che facevano notare che le promesse di denuclearizzazione pronunciate nel summit fra Trump e Kim lo scorso giugno non si stavano avverando. Ovviamente, in molti è sorto il dubbio che la clamorosa decisione di cancellare il viaggio di Pompeo all’ultimo minuto sia stato calcolato per togliere i riflettori dalle storie di Pecker e Weisselberg.