il Fatto Quotidiano, 25 agosto 2018
Si scrive Dazn, si legge affari con calcio e scommesse
Come si pronuncia davvero Dazn. Come si vede (intravede) il calcio su Dazn. E soprattutto cos’è Dazn? Un bel giorno, narrano i bardi di corte, il mercato televisivo italiano – surgelato e sigillato – ha accolto lo straniero Dazn per sfamare gli appetiti dei presidenti del pallone che offrono all’asta i diritti del campionato e per riequilibrare la presenza onnivora di Sky Italia dopo l’estinzione concordata di Premium (Mediaset). Che pacchia. Quest’esotico Dazn, che da un paio di anni compra incontri di boxe americani e s’avventura nel calcio tedesco, svizzero, austriaco e addirittura giapponese, sgancia 193 milioni di euro a stagione per tre gare su dieci di A e 22 milioni per la serie B completa con l’ambizione, pardon il miraggio, di trasmettere attraverso le connessioni veloci in una nazione dove la fibra ottica raggiunge il 25 per cento della popolazione. Che ingenui.
Eppure Dazn è un modesto satellite di un sistema complesso. Quello del gruppo inglese Perform, gestito da una torma di quarantenni pressoché sconosciuti in Italia –James Rushton, Milton Ashley, John Gleasure – e affidato ai volti di Diletta Leotta, Paolo Maldini e, di recente, di Cristiano Ronaldo. Il padrone di Perform ha la residenza inglese, e nient’altro: si chiama Leonard Blavatnik, natali a Odessa (oggi Ucraina) nel ‘57, svezzato e allevato a Mosca, si trasferisce a New York appena maggiorenne. Ha il passaporto americano e un patrimonio di oltre venti miliardi di dollari. Con gli ultimi acquisti in Europa, i ricavi di Dazn sono passati da 9,6 milioni di euro nel 2016 a circa 100 nel 2017, ma gli affari di Perform ruotano attorno al cosiddetto calcio giocato: le scommesse.
Il settore “servizi” di Perform è in costante espansione e, sempre nel 2017, supera i 300 milioni di euro di introiti. Perform, il papà di Dazn, con decine di aziende fornisce agli allibratori informazioni e statistiche per calibrare le quote anche in tempo reale e non perdere denaro: è campione di “Watch&bet”, guardare e puntare. Questo è il mestiere, per esempio, di Opta e Runningball: in Italia collaborano con Lottomatica e in Inghilterra col gigante William Hill, ma pure con allibratori non riconosciuti dai monopoli statali. Con l’azzardo il confine tra legale e illegale è assai labile: tre anni fa, Runningball di Perform ha quotato una partita fantasma su cui ci furono accuse di truffa. Un errore, chissà. Però è capitato più volte. Come per la presunta sfida tra selezioni under 21 di Turkmenistan e Maldive.
La più eclettica Opta, invece, ha una versione professionale per gli allenatori e una divulgativa per i giornali o le emittenti sportive (tipo Sky) con approfondite rielaborazioni tecniche: dal numero dei battiti cardiaci del terzino sinistro ai palloni recuperati dal ruspante mediano. A leggere i bilanci la struttura economica di Perform è abbastanza fragile, ma l’eterogenea multinazionale è in fase di lancio: incassi per 486 milioni, perdite per 410 e un debito totale di 838. Un po’ in incognito, Perform è attiva a Milano da un decennio con la proposta di contenuti ai media e il solito studio sulla coppa Italia per le scommesse (pur in assenza di contratto con la Lega). Espulsi gli spagnoli di Mediapro, la Lega Calcio – con la regia del mediatore Infront – ha salvato se stessa con i soldi di Peform (Dazn) che, a sua volta, ha salvato Sky Italia.
Le leggi impediscono ai Murdoch il monopolio sul calcio in tv – Mediapro e il canale Lega erano una sciagura per Sky Italia – e dunque la competizione con Dazn è perfetta. Poi parlare di competizione è sempre esagerato. Dazn funziona, per adesso, con un doppio accordo commerciale con Mediaset e con Sky Italia. Il feudo italiano di Murdoch versa a Dazn due euro per i suoi clienti che sfruttano la piattaforma di Perform e si presume altri soldi, così può vantarsi di controllare il pallone italiano. Un patto necessario per Dazn, che s’è impegnata a sborsare 579 milioni di euro in un triennio per uno strapuntino di serie A.
Il referente italiano di Perform è Jacopo Tonoli, capo del commerciale del gruppo. Perform in Italia esiste da aprile tramite una piccola srl con un capitale di 10mila euro per la “conduzione di campagne di marketing”: il presidente è Paul David Oszkar Morton (che ha cinque cariche in cinque società di Perform, il già citato Ashley ne ha 39 nel registro britannico); il consigliere delegato è Rushton, apparso con la consistenza di un ologramma in un’unica intervista per rassicurare il pubblico italiano sulla qualità delle immagini di Dazn.
Il business di Perform si concentra su svariati aspetti degli eventi sportivi – non soltanto la visione ai tifosi – con una prevalenza per i metadati e per le scommesse. Con la tutela del leggendario Blavatnik qualche centinaio di milioni di rosso sono più che gestibili. Non sbaglia mai e varia molto: patron di Warner Music e azionista di Yelp, Snapchat, Alibaba, Deezer, Spotify, Zalando. Strumenti innovati e moderni, ma l’origine di Blavatnik è classica. In epoca di guerra fredda, il giovane Leonard s’inventa negli Stati Uniti la Access Industries, una società di investimento che fa profitti col petrolio e la chimica. E poi il boom. Crolla l’Unione Sovietica, Boris Eltsin privatizza lo Stato, Blavatnik si ritrova una partecipazione in TNK-BP (greggio) di 7 miliardi di dollari. Tipica “fortuna” dei magnati russi. Il cittadino americano Blavatnik ha una reggia a Londra, in una strada privata di Kensington, con 13 camere da letto e 2 piscine (coperta e scoperta), acquistata una dozzina di anni fa per un centinaio di milioni di dollari. È vicino di casa dell’ambasciatore russo e di Roman Abramovich; sostiene di non sentire Vladimir Putin da vent’anni. Apprezzato filantropo, profonde dollari per Royal Academy, National Gallery, Metropolitan Museum. Ha donato 117 milioni di dollari per creare la scuola del governo a Oxford. Ha finanziato Barack Obama e Mitt Romney, democratici e repubblicani. All’ultimo giro ha “scommesso” su Donald Trump. E su CR7 su Dazn.