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 2018  agosto 25 Sabato calendario

L’algoritmo proprio non sa dipingere

Ecco la notizia. Il 23 ottobre sarà battuto all’asta da Christie’s un quadro (intitolato Ritratto di Edmond Belamy) creato, così viene detto, dall’intelligenza artificiale. Frutto dell’operazione di un trio di giovani francesi che ha archiviato 15mila dipinti realizzati dal Trecento a tutto il Novecento. Il computer ha elaborato il tutto e ha prodotto un curioso ibrido, che assomiglia a un brutto quadro.
Diventerà un quadro vero, rimanendo un brutto quadro, e diventerà un’opera d’arte dopo l’asta, perché ciò che decide il valore artistico di un’opera è ormai il mercato. Anzi, l’intreccio dell’algoritmo – una parola che ha assunto una valenza quasi mistica – che ha creato l’ibrido, e il mercato fanno sì che si parlerà presto non più di gioco, ma di apertura al futuro. Al contrario credo che operazioni di questo tipo finiscano per abbassare e quasi azzerare l’orizzonte di senso in cui cerchiamo di muoverci.
Un’opera che non rappresenta nulla non è una cosa nuova. È stata alla fine del XIX secolo e per almeno metà del XX secolo, la rottura del patto mimetico.
Come ha detto Mallarmé la parola fiore non è nessun mazzo di fiori. Le nostre immagini, ma anche le nostre parole non sono garantite da altro che dalla responsabilità di chi parla, di chi scrive, di chi raffigura. È stato uno dei momenti più tesi e drammatici di tutta la storia dell’arte, che culmina, credo, con Lucio Fontana davanti a una tela bianca. Non solo il bianco non rappresenta nulla, ma il taglio inferto alla tela rende impossibile qualsiasi rappresentazione. Nella tela si apre qualcosa che vorrei definire una ferita metafisica. È la forza di gesti come questo che fanno sì che si possa affermare con Anselm Kiefer che l’arte sopravvivrà alle proprie rovine. E anche all’aggressione dell’algoritmo, che mescolando una miriade di immagini altro non ha prodotto che una brutta immagine. E che vorrebbe affermare con la sua sola presenza il trionfo dell’algoritmo anche nell’arte.
Ma sono certo che chi vorrà specchiare le proprie inquietudini si metterà accanto all’Uomo che cammina di Giacometti, si fermerà davanti ad un quadro di Bacon e non al ritratto confuso, grigio e vuoto, di Edmond Belamy.