la Repubblica, 25 agosto 2018
Vibrazioni nella savana, è il tam-tam degli elefanti
Il tam-tam degli elefanti è una vibrazione silenziosa, un segnale sotterraneo che può viaggiare per chilometri senza mai farsi intercettare da un essere umano. Mammiferi, rettili e insetti usano alberi, foglie o il loro enorme peso come un tamburo per richiamare il branco, lanciare allarmi, trovare una compagna. Non ci sono solo vista e olfatto: gli animali interagiscono anche con le vibrazioni. La scienza che studia queste onde a bassa frequenza, non udibili dall’uomo, si chiama biotremologia. A questa giovane disciplina, riconosciuta solo da un paio d’anni dalla comunità scientifica, è dedicato un convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Edmund Mach a Riva del Garda dal 4 settembre al 7 settembre.
Tra i 70 esperti invitati, ci sarà anche Caitlin O’Connell, ricercatrice alla Stanford University, che ha scoperto come gli elefanti africani comunichino spesso e volentieri ricorrendo a queste vibrazioni. In che modo? Sbattendo le zampe per terra. Con una stazza di oltre 5 tonnellate, la terra trema e gli altri esemplari nei dintorni sono avvertiti, per esempio, della presenza di un predatore. «Gli elefanti possono captare questo genere di segnali in due modi» spiega O’Connell. «Sia dalla vibrazione delle ossa dell’apparato acustico che da una serie di recettori sensoriali, che si chiamano corpuscoli di Pacini, posizionati sia sulle dita che sul tacco del piede».
Per arrivare a definire i contorni di questa fisica della comunicazione animale, O’Connell ha osservato e studiato per oltre vent’anni i pachidermi che frequentano Mushara, una pozza d’acqua nell’Etosha National Park in Namibia. Ma per capire se gli elefanti si parlino davvero con i piedi, il team della scienziata americana ha organizzato un esperimento nel mezzo dell’Africa australe più arida. «Abbiamo allestito una torre di avvistamento a circa 30 metri dalla fonte» prosegue O’Connell. «Quando gli animali sono arrivati, abbiamo trasmesso un segnale vibrazionale con uno shaker, un dispositivo acustico che si utilizza nell’industria cinematografica per produrre segnali a bassa frequenza che si propagano nel suolo».
Durante il test, un geofono installato vicino alla sorgente d’acqua, ha verificato che la vibrazione arrivasse a destinazione mentre un microfono ha controllato che non ci fossero altre interferenze acustiche. «Quando abbiamo lanciato la vibrazione, gli elefanti si sono pietrificati» racconta la ricercatrice di Stanford. «Sono rimasti immobili per qualche secondo, poi hanno abbandonato l’area. In assenza di un richiamo acustico, gli elefanti hanno interpretato la vibrazione come un segnale di allarme che arrivava da molto lontano». Ora rimane ancora da spiegare come siano decifrati da questi enormi mammiferi.
Per altri animali si sa di più. La cicalina, per esempio, ricorre alle vibrazioni per trovare un partner. Questo insetto è lo spauracchio di ogni vignaiolo perché è il veicolo con cui si trasmette la flavescenza dorata, una malattia killer dell’uva. «Per tenerla alla larga dalla vite» spiega Valerio Mazzoni, responsabile dell’unità di entomologia agraria della Fondazione Edmund Mach, «testiamo un metodo che confonde sessualmente gli animali, basato proprio sulle vibrazioni». Non è musica, soprattutto per la cicalina: quando si avvicina alla vite viene investita da queste vibrazioni a bassa frequenza che la disorientano al punto di impedirne l’accoppiamento. «Si tratta di un sistema alternativo al classico trattamento chimico con gli insetticidi e che apre un nuovo capitolo nelle tecnologie sostenibili in agricoltura», conclude Andrea Segrè, presidente della Fondazione.