La Stampa, 24 agosto 2018
L’inedito di Orson Welles. Il romanzo grottesco sulla Guerra Fredda in uno scontro fra bibite
A Est di Gibilterra, Ovest della Corsica, alcune leghe a Nord della parte più desolata della Costa mediterranea dell’Africa, c’è una macchia a forma di fegato di cui il lettore potrebbe non aver mai sentito parlare. È identificata, nelle mappe su larga scala, come «l’Isola di Maliñha». Inizia così V.I.P., romanzo degli Anni 50 attribuito a Orson Welles la cui versione inglese, inedita, riemerge ora dagli archivi del Museo nazionale del Cinema di Torino. Che vorrebbe pubblicarne l’edizione italiana.
La trama
Siamo in piena Guerra Fredda e Welles mette in scena su quella piccola immaginaria terra emersa, dove si coltivano mandarini poco succosi, lo scontro impari fra la multinazionale delle bibite Cool-o, a cui manca solo Maliñha per colonizzare tutto il mondo al di qua della Cortina di Ferro, e la locale Abomino, che dalla buccia di quegli agrumi trae il suo sciroppo portentoso. Facile intuire chi avrà la meglio nella disputa. Anche grazie all’aiuto di Eureka, una losca società segreta.
«È un noir grottesco, inedito nella versione inglese, in cui Welles ironizza sulla Guerra Fredda – osserva Sergio Toffetti, presidente del Museo del Cinema e appassionato del regista americano -. Potrebbe aver in parte ispirato Uno, due, tre! di Billy Wilder. La Cool-o del romanzo richiama la Coca Cola, e nelle pagine si svolge lo scontro tra capitalismo e comunismo. Eureka, la struttura che sull’isola serve da sponda all’imperialismo americano, ricorda quello che si scoprirà poi essere Gladio».
Il romanzo inglese è inedito, e anzi non si sapeva nemmeno che esistesse, ma nel 1953 venne pubblicata da Gallimard la versione francese con il titolo Une grosse legume, tradotta da Maurice Bessy. Come mai il libro sia uscito in francese e non in inglese, lingua madre dell’autore, «è un mistero» prosegue Toffetti, che lo giudica «faticoso ma interessante, un gioco di fantapolitica inserito nel suo tempo».
La scoperta
Ma com’è arrivato a Torino? «Il Museo lo acquisì nel 1995 a un’asta di Christie’s a Londra. Comprammo un intero lotto di Welles per 15.000 sterline – ricorda Donata Pesenti, responsabile delle collezioni della Mole, custodite nella bibliomediateca Mario Gromo -. Parte del materiale venne esposto in mostra ma non V.I.P... Recentemente lo ha scoperto Matthew Asprey Gear, ricercatore americano venuto a studiare il nostro ampio fondo Welles». «L’archivio torinese esalterebbe i wellesnesiani» scrive Gear su wellesnet.com, sito di riferimento per appassionati del regista su cui ha pubblicato i risultati del ritrovamento. «V.I.P non riporta le annotazioni del regista, non è un manoscritto né una prima stesura – osserva l’archivista del Museo, Carla Cerasa – è una bella copia, fatta rilegare a Hollywood». Ma chi se ne sarebbe occupato? «È improbabile che sia stato proprio Welles, che non pensava ai posteri» spiega a wellesnet.com Gear. Che aggiunge: «Probabilmente V.I.P. era pensato per la pubblicazione ma poi qualcosa andò storto e uscì solo nella versione francese».
Il mistero
Le origini del romanzo – scrive il sito – sono da cercarsi in Buzzo Gospel (o The Dead Candidate), episodio del 1952 della serie The Lives of Harry Lime in onda sulla Radio britannica da cui Welles voleva trarre un film. Non ci riuscì e l’anno dopo la storia comparve nell’edizione francese. Welles, che dichiarò di non aver mai scritto un romanzo, decenni dopo definì Une grosse legume un adattamento del suo testo cinematografico ad opera del traduttore Bessy. È davvero così? «Non si può dire con certezza – ammette Gear – se V.I.P. sia stato scritto interamente da Welles o da un ghost writer che ha romanzato il suo testo radiofonico o quello cinematografico. Sono però abbastanza certo – aggiunge – che la versione inglese sia la base di quella francese del 1953, e non il contrario». Il Museo del Cinema ora vorrebbe pubblicarlo: «Abbiamo scritto al fondo negli Stati Uniti segnalando l’inedito – spiega Toffetti -. E chiedendo i diritti per la pubblicazione di un’edizione italiana».