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 2018  agosto 24 Venerdì calendario

Friedkin, il regista del male: “Ho girato i miei film da credente anche nel diavolo c’è del buono”

L’elogio di una «bella tazza di caffè nero fumante e aromatico» insieme alla descrizione della genesi di uno dei film più terrificanti della storia del cinema: «Ho girato L’esorcista da credente – dice William Friedkin -. Un arcivescovo mi aveva detto che pure nel diavolo c’è qualcosa di buono, perché anche lui è stato creato dal Signore». Poi le riflessioni sulla personalità di Hitler e la navigazione di un anno fa sul Canal Grande, affrontata con entusiasmo: «Siamo su un motoscafo che costerà 100 dollari per un tragitto di 15 minuti e continuo a chiedermi come possa essere venuto in mente a qualcuno di costruire sull’acqua questi straordinari palazzi». E ancora le tecniche di ripresa e le considerazioni sugli attori ingaggiati per i propri film: «Il volto di Max von Sidow esprime dignità di spirito».
 Il caratteraccio
La personalità complessa di un artista che autodenuncia il proprio «caratteraccio» emerge, limpida e potente, dal documentario Friedkin Uncut, scritto e diretto da Francesco Zippel, in concorso (nella sezione Venezia Classici – documentari) alla Mostra che si inaugura mercoledì: «Un uomo ironico, intelligente, intimamente anticonformista, capace di attraversare decenni di vita e di grande cinema con la consapevole leggerezza di un ragazzo. Questo è quello che volevo provare a restituire il giorno in cui mi sono ritrovato sul punto di rivolgere la prima domanda a William Friedkin».Il controcanto dell’opera, scaturita dalla collaborazione tra Zippel e Friedkin durante le riprese di The devil and father Amorth, è affidato alla schiera di attori e registi che hanno conosciuto bene l’autore del Braccio violento della legge e che lo chiamano Billy: «Ha una precisa idea del cinema – spiega l’amico Francis Ford Coppola -, per lui girare un film senza rischi sarebbe come fare un bambino senza sesso». Il risultato di questa attitudine è nelle dichiarazioni di Quentin Tarantino: «Friedkin mi piace perché guardando i suoi film si impara tanto». E in quelle di William Dafoe: «Billy tiene molto a immergersi nei mondi che racconta, e riesce a riprodurre nei dettagli le cose che apprende». Con Friedkin, racconta Matthew McConaughey, «la parola d’ordine è “buona la prima”», una direttiva che da una parte atterrisce e dall’altra gratifica, dettata dal desiderio di «raccontare personaggi nella maniera più veritiera possibile». D’altra parte, osserva Wes Anderson ripensando a L’esorcista, «i film più spaventosi sono quelli in cui è possibile immedesimarsi. Quelli di Friedkin hanno sempre un’impalcatura realistica, che facilita questo processo».
Le voci dai set
Da sempre considerato regista di un cinema a forte connotazione virile, Friedkin ha saputo delineare indimenticabili personaggi femminili, lasciando una forte impronta nelle attrici dirette, da Ellen Burstyn a Gina Gershon e a Juno Temple, che confessa: «Certe volte è terrificante, altre premuroso». Tra le tante voci (appartenenti a Michael Shannon, Damien Chazelle, Philip Kaufman, Dario Argento e Antonio Monda) l’unica assente è quella di Linda Blair, la bambina posseduta de L’esorcista: «Mi hanno risposto tutti con enorme entusiasmo – racconta Zippel -, avrei voluto incontrare anche lei, ma non è stato possibile, è molto impegnata nella sua fondazione per la tutela dei cani». Di Friedkin Uncut, prossimamente nelle sale con Feltrinelli Real Cinema in collaborazione con Wanted e poi in prima tv su Sky Arte, fanno parte immagini inattese come quella del protagonista che intona Singing in the rain sul palco del Festival di Lione e rivelazioni come quella sulla reciproca ammirazione che lega Friedkin e il maestro Zubin Mehta. Il film che lo rappresenta al meglio è, per Zippel, Il salario della paura: «Contiene la sintesi di quello che ha voluto esprimere nella sua carriera. La passione per il racconto della realtà, l’integrità dello sguardo, la sfida produttiva. Caratteristiche simili a quelle di Coppola a cui è infatti legato da un rapporto di affinità elettive». Mostrare a Friedkin un documentario che lo racconta in modo così intimo o deve essere stato emozionante: «È poco incline a guardare se stesso, ma ha visto il film, e ne è stato entusiasta».