La Stampa, 24 agosto 2018
Cohen, il faccendiere degli affari di Donald diventato il suo incubo
Per capire Michael Cohen, l’ex avvocato del presidente Trump reo confesso di reati fiscali e possibile testimone a carico del suo più importante cliente, dovete conoscere la Facoltà di Giurisprudenza dove si è laureato, la Cooley Law School, in Michigan. La metà dei laureati è bocciata all’esame di ammissione professionale perché Cooley School è la peggiore d’America, in ogni classifica: «Basta cacciare 51.000 dollari di retta e si è ammessi». La derelitta Cooley School è stata però sufficiente a Cohen per far i soldi con le catene di taxi, comprare appartamenti di lusso da Trump, venir reclutato da studi legali prestigiosi, Squire Patton Boggs o Philliphs Nizer, e infine diventare braccio destro dell’imprenditore arrivato alla Casa Bianca. Pistola nella fondina alla caviglia, modi spicci – dopo Natale ha postato online la foto della figlia, seminuda in biancheria -, Cohen diceva: «Mi farei sparare per Trump», registrando però ogni colloquio per stare sicuro. Due candidate a un concorso di Miss che accusavano Trump di brogli, ne scatenano il bullismo: «Vi riduco in miseria, chiedete scusa, vi trascino in tribunale», con i giornalisti fa di peggio: «Ti denuncio testa di c. ti levo i soldi che non hai...stai attento, quel che ti faccio sarà disgustoso...sei una serpe...una pazza».
A lungo Trump aveva avuto come avvocato e mentore Roy Cohn, consigliere del senatore McCarthy durante la campagna anti-comunista Anni 50, crociato contro i gay ma omosessuale morto di Aids, truffatore ed evasore fiscale scacciato dall’Albo degli avvocati. Donald Trump, assumendo Cohen, gli fa imparare a memoria le Tre leggi di Roy Cohn: «1. Mai scendere a patti, mai arrendersi. 2. Contrattaccare con chi ti denuncia, portarlo in tribunale a tua volta. 3. Non importa che succede, quanto sprofondi nel fango, di’ comunque di aver vinto, non riconoscere la sconfitta». In questo spirito, Cohen paga il silenzio di un’ex modella di Playboy e una pornostar per il suo cliente, che prima nega l’evidenza poi, contraddetto dalla sentenza, deve ammetterla. Secondo la giuria, Cohen ha corrotto e influenzato, perché come Cohn «cattivo legale ma genio» per Trump, il suo vero mestiere non è l’arringa, ma fare da «fixer», come il «Better call Saul» dello show tv, aggiustar guai sottobanco in cambio di parcelle.
Una fonte riservata dichiara al Wall Street Journal che dietro il voltafaccia di Cohen, «prima di tutto la mia famiglia», ci sarebbe il padre, sopravvissuto all’Olocausto, che lo avrebbe persuaso a «non disonorarci». Chi conosce Cohen sorride: «Provano a rendere l’ex avvocato simpatico, ma – come il capo della campagna elettorale di Trump, Manafort – è invece colpevole di reati gravissimi, ancor più per un legale, al punto da chiedersi come mai i pubblici ministeri esitino tanto a incriminare i colletti bianchi». Dopo Cohn, anche Cohen sarà radiato dagli avvocati e per questo assume come difensore un ex pubblico ministero, segnale che è disponibile a collaborare con il team dell’ex capo Fbi Robert Mueller, che indaga sul Russiagate. Di Russia Cohen sa molto, lui e il fratello hanno sposato due ucraine e con il regime filorusso a Kiev aveva legami di affari, come Manafort. Aveva perfino, con ingenuità, scritto una mail a Putin per chiedergli una mano su un progetto caro a Trump (l’astuto leader russo non ha abboccato) e ora il suo archivio – sequestrato mesi fa dall’accusa -, i suoi nastri con le petulanti conversazioni, la sua memoria, sono ostaggi di Mueller. Trump ha elogiato Manafort, che tiene duro e non collabora con i pm sperando nella grazia presidenziale, e irriso Cohen «Se cercate un legale non chiamatelo». Ma il presidente sa che la doppia sentenza lo indebolisce. Difficile che un presidente in carica sia incriminato, ma se i democratici vincessero la Camera a novembre la procedura di impeachment, da pura propaganda, diverrebbe arma reale. Michael Cohen, il bullo della Cooley Law School, potrebbe essere allora, a sorpresa, teste chiave, magari in cambio di una riduzione di pena, rischia una mezza dozzina di anni, e dopo aver meditato la potenza eterna della Dea Nemesi: il 19 dicembre 2015 twittava entusiasta «Hillary Clinton quando andrai in galera per truffa e spergiuro, avrai gratis vitto e alloggio». Martedì 22 cancellato la beffa, aspettando la condanna.