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 2018  agosto 24 Venerdì calendario

Scorte di farmaci e burocrazia. Il Regno Unito prepara la Brexit

I britannici devono stare tranquilli, anche in caso di No Deal non ci sarà bisogno di «schierare l’esercito per assicurare scorte di cibo», e i sudditi di sua Maestà «potranno godersi i panini con bacon, insalata e pomodoro». Il ministro britannico per la Brexit, Dominic Raab, ha usato l’ironia per mostrare sicurezza e tranquillità, nel presentare ieri le prime 25 di circa 80 note tecniche sulle azioni che famiglie e imprese devono intraprendere per «evitare, mitigare o gestire il rischio di eventuali perturbazioni a breve termine», nel caso «improbabile» in cui non si arrivi ad un accordo con l’Unione europea sul divorzio entro il 29 marzo 2019. Il piano di emergenza era richiesto a gran voce da più parti ma difficilmente rassicurerà aziende e cittadini visto che i disagi previsti non sono pochi.
Il governo di Theresa May ha promesso l’adozione «unilaterale» di misure per continuare ad accettare «nel breve termine» diverse delle regole comunitarie ed evitare così problemi di approvvigionamento. In uno scenario senza accordo il Regno Unito smetterà di partecipare alla rete dei regolatori europei e quindi per evitare ritardi o interruzioni dei rifornimenti dall’Ue Londra, come primo intervento, proporrà di riconoscere i test sulla sicurezza di farmaci e di altri prodotti di prima necessità se sono stati effettuati da un regolatore di uno Stato membro. Questo potrebbe risolvere i problemi sulle importazioni ma senza reciprocità non risolverà certo quelli sulle esportazioni, con i prodotti Made in Uk che potrebbero incontrare non poche difficoltà ad essere accettati sui mercati europei. 
Per quanto riguarda i medicinali il governo chiede comunque agli ospedali di fare scorte per almeno sei settimane nel caso in cui le cose, come è probabile, non dovessero filare lisce da subito. In generale ai confini torneranno le dogane anche se il governo assicura che i controlli saranno solo «mirati» e non generalizzati e che si lavorerà a «minimizza i ritardi e gli oneri aggiuntivi». Ma ci sarà sicuramente un carico burocratico superiore per le imprese britanniche che saranno costrette a fare dichiarazioni di importazione ed esportazione per tutte le merci che attraversano la frontiera. Per i cittadini i primi disagi si avvertiranno nelle vacanze, con «i costi dei pagamenti con carta che aumenteranno» quando saranno effettuati in un altro Paese membro. E questo aumento si farà sentire visto che già al momento, secondo il Tesoro, questi sovrapprezzi costano ai britannici 166 milioni di sterline all’anno. Più grandi i rischi per gli expat britannici che potrebbero addirittura perdere i loro diritti pensionistici nel Regno Unito. Il ministro ha però assicurato che almeno fino al 2020, quando scade l’attuale bilancio pluriennale comunitario a cui Londra continuerà a partecipare, i britannici potranno continuare ad usufruire di diversi programmi europei. Una magra consolazione per i giovani del Paese che anche nel peggiore degli scenari dovrebbero poter partecipare ancora all’Erasmus. Almeno per i prossimi due anni.