Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 24 Venerdì calendario

Corsivi e commenti

Due anni
La Stampa
Oggi, due anni fa, più o meno all’ora in cui state leggendo questa rubrica, una ragazza ci si fece incontro. Aveva gli occhi rossi. Quella mattina, ad Amatrice, tutti li avevano rossi, tutti quelli che li avevano ancora aperti. Da sotto le macerie si sentivano suonare le sveglie, trilli che non potevano svegliare più nessuno. La ragazza si chiamava Maria Pia, era impolverata e scarmigliata. «Avete visto due bambini?», ci chiese. Si chiamano Simone e Andrea, disse piangendo, sono i miei nipotini. Le avevano detto che due bambini di circa sette anni erano stati tirati fuori, gli avevano fatto il massaggio cardiaco, forse uno era vivo. La rincontrammo a sera. Non piangeva più, ma gli occhi erano ancora rossi. Non aveva notizie. Noi nemmeno. Il marito la stringeva e le diceva non sperare, amore, non sperare, preparati al peggio. La trovammo qualche giorno dopo all’obitorio da campo. Era così dolente e così gentile. Le avevano appena mostrato le foto: i bambini li hanno trovati, ci disse, li hanno messi sull’ambulanza con mia cognata, che non voleva andare all’ospedale senza di loro. Ma erano già morti. Un mese più tardi Maria Pia stava prendendo farmaci in una tenda della Protezione civile. Appena mio fratello e mia cognata sono stati meglio, disse, abbiamo fatto i funerali. Io non mi riprenderò mai, disse con voce atona. Io e mio marito volevamo un figlio ma... Con un gesto ampio incorniciò la distruzione di Amatrice. Adesso non lo voglio più, disse. Un anno dopo, primo anniversario, suonammo alla sua villetta, di nuovo abitabile. Maria Pia uscì, ci vide e si infiammò di un sorriso: «Sono incinta!».
Mattia Feltri


Arancini
la Repubblica
Certo non era una folla oceanica, quella dei catanesi che sono andati al porto inalberando un arancino in segno di benvenuto ai viaggiatori reclusi nella nave Diciotti. Ma non erano neanche pochi. Diciamo che si trattava di un folto manipolo di anticonformisti: esattamente quello che ci servirà, chissà per quanti anni, per non soccombere. Li si deve ringraziare perché il gesto è stato bello, anche esteticamente bello: il piccolo cono di cibo (quelli tondi li fanno a Palermo), alzato al cielo, pareva una fiaccoletta olimpica, e la doratura aiutava a far sembrare augusto un dono in sé così semplice, eppure così ineguagliabilmente prezioso. Cibo.
Molti anni fa, su una spiaggia della Sicilia sud-occidentale, dalle parti di Selinunte, partecipai a una festa di arancini. Ognuno portava da casa i suoi (tondi: laggiù prevaleva la scuola palermitana), e ce n’erano di ogni tipo, squisiti. Era buono anche il vino, la notte mite, la compagnia allegra. Una signora anziana, che aveva portato una decina di arancini formidabili, con l’aria di chi voleva farmi una confidenza importante mi disse quasi all’orecchio, parlando piano: «A casa ne ho almeno altri cento, nel congelatore». Me ne parlò come se fosse un gruzzolo, un tesoretto che garantiva da future penurie, e l’arancino mi sembrò, improvvisamente, un’antica unità di misura economica, come lo scudo, il fiorino, il tallero. Offrire cibo è un gesto universale di accoglienza, antico come la civiltà umana, ed è un gesto sacro.
Michele Serra



Mafiosi
il Giornale
L’amministrazione di Sutri appare assai difficoltosa per consuetudini di poteri familiari, che scavalcano la volontà e la programmazione del sindaco. Una immobilità che prima di ieri si era manifestata con il volto cortese del vicesindaco, e ieri con l’aggressività squadrista di un vero fascista. Due facce della stessa medaglia. Come i due confermano con l’insolente post in cui sono fotografati insieme, con il commento: «finoallafine, per noi non è un motto ma uno stile di vita». Bello stile di vita! Firmato dal fascista e condiviso dal democristiano, per di più parenti. Appare sempre più evidente che i cittadini di Sutri vivono sotto il controllo di alcune famiglie, che hanno perpetuato il potere, pensando di continuare a controllare la città con un sindaco di immagine, come uomo dello schermo. Non so se il vicesindaco intenda «finoallafine» stare unito al violento consigliere, o accetti le mie condizioni: o le dimissioni del consigliere per vilipendio delle istituzioni e indegnità morale e politica, o dimettersi con lui. Una esperienza come questa non l’avevo vissuta neanche a Salemi, dove le famiglie non avevano consuetudine a insultare e minacciare, ma a discutere. Il potere di alcuni gruppi a Sutri è affine al potere mafioso. Sono determinato a denunciarlo, e a chiedere al prefetto, in vigenza di tali comportamenti, lo scioglimento del Comune e il suo commissariamento. Per quello che mi riguarda la mia esperienza, da qui in avanti, sarà a tempo definito. Occorre il ripristino delle regole.
Vittorio Sgarbi


Madri
Corriere della Sera
Appena ha visto il figlio trentenne scaraventarsi in auto per sguinzagliare la sua rabbia sotto l’abitazione della fidanzata che aveva avuto l’ardire di lasciarlo contro la sua volontà, una signora di Firenze ha compiuto un gesto lucido e inconsueto. Ha chiamato i carabinieri. Per difendere la ragazza da suo figlio e suo figlio da se stesso. Non dev’essere stato facile, per una madre. Nel Paese in cui la tribù viene prima di tutto e i panni sporchi si lavano in famiglia fino a scolorirli, chi si rivolge allo Stato per dirimere questioni così private è considerato alla stregua di un traditore o di una spia. La mamma fiorentina ha preferito correre questo rischio, piuttosto che quello di ritrovarsi un assassino in casa e una vittima sulla coscienza. Il cuore di una madre difficilmente si sbaglia: quando il figlio, un giovane insegnante, si è trovato i carabinieri davanti al portone della ex, ha riservato loro lo stesso trattamento isterico e violento che presumibilmente aveva in serbo per lei. Era in uno stato talmente alterato che lo hanno dovuto ricoverare in ospedale.
Le madri dei maschi sono il modello femminile dei loro figli, ma non sempre sanno educarli a rispettare la libertà di scelta e a concepire l’amore come uno scambio invece che come una pretesa. Si dice spesso che c’è una donna in prima linea nel difendere le altre donne dalla violenza dei maschi. La novità è che stavolta quella donna era la madre del potenziale femminicida.
Massimo Gramellini


Lacrime
ItaliaOggi
Sabato 18 agosto, su alcuni grandi quotidiani, è stata pubblicata una doppia pagina fronteggiante di pubblicità. Quella di sinistra, su base rossa, riportava un’immagine essenziale e stupenda costruita su due enormi virgole orizzontali. Dalla virgola di destra, si staccava una lacrima, anch’essa stilizzata. Nella pagina accanto, tutta bianca, si leggeva: «Lunedì chiudono tutti i nostri 161 negozi». Mi ha preso un colpo. Ho pensato alla crudeltà della crisi che cancella una così bella azienda e a un sacco di posti di lavoro di gente qualificata e preziosa. In piccolo si indicava, mestamente: «Ultimi giorni di svendita, divani e poltrone da 99 euro». Mercoledì 22 agosto, nuova pubblicità per dire che non è vero niente. «Venerdì riapriamo i nostri negozi ancora più belli». Insomma, Poltronesofà prende in giro la gente. In un paese normale sarebbe sanzionato. Io la sanzione ce l’ho già pronta. Non ci metterò più piede. Cialtroni!