Il Messaggero, 24 agosto 2018
Virus West Nile, è boom di infezioni in Italia
Si moltiplicano i casi di infezione da virus West Nile. Nell’ultimo bollettino del servizio di sorveglianza nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità, dallo scorso giugno sono stati segnalati ben 255 casi. Di questi 103 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva, cioè con sintomi più evidenti, come febbre alta, mal di testa, disturbi della vista e così via. I decessi invece sono arrivati a quota 10.
ORGANIZZAZIONE
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ha riferito di un aumento dei casi in tutta Europa rispetto agli ultimi 4 anni, probabilmente a causa delle temperature elevate di quest’anno, l’Italia sarebbe tra i paesi più colpiti. In effetti, nei due anni precedenti sono stati segnalati 26 casi, mentre nel 2015 ne sono stati registrati 14. La quasi totalità delle infezioni ha riguardato i residenti del Nord Italia. Le regioni più colpite sono infatti l’Emilia Romagna e il Veneto. Pochi casi segnalati in Piemonte e Lombardia, mentre sono stati registrati due casi in Sardegna, ad Oristano, che riguardano due persone in età avanzata, quelle considerate più a rischio per complicazioni.
«In generale, l’infezione da virus West Nile – spiega Giovanni Maga, responsabile del laboratorio di Virologia Molecolare presso l’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia e docente di Biologia Molecolare all’Università di Pavia – decorre in maniera asintomatica in circa l’80% dei casi. Nel restante 20% i sintomi sono generalmente di media entità: febbre, mal di testa, vomito, rash cutaneo, dolori muscolari. Solo in un caso su 100 si possono avere manifestazioni neurologiche gravi che nell’anziano e negli individui immunocompromessi possono anche essere letali».
È bene sottolineare che questi casi di malattia da West Nile sono autoctoni, ovvero dovuti al virus circolante in Italia e non importato da viaggiatori al loro rientro, come accade ogni anno, ad esempio, per virus come Dengue o Chikungunya. «Il virus West Nile, come suggerisce il nome, non è originario dei nostri paesi», spiega Maga. «È stato isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda prosegue – ma circola ormai anche in Asia, Australia, America ed Europa. I primi focolai importanti di infezione nell’uomo in Europa e negli Usa si sono registrati nella seconda metà degli anni 1990. In Italia si è iniziato a rilevarlo agli inizi degli anni 2000».
Il serbatoio naturale del virus sono numerose specie di uccelli selvatici, sia migratori che stanziali. «Tuttavia West Nile – riferisce l’esperto – non si trasmette direttamente da un individuo infetto all’altro, ma necessita di un vettore, che è rappresentato principalmente dalle zanzare del genere Culex (in particolare Culex pipiens), ma anche da Aedes albopictus (la zanzara tigre). Queste zanzare sono presenti sia in ambiente silvano, dove possono acquisire il virus attraverso il pasto con il sangue di un uccello infetto, sia in ambiente urbano, dove possono trasmettere il virus all’uomo, ma anche ad altri mammiferi».
OSPITI
Al di fuori degli uccelli, però, gli altri animali, uomo incluso, sono ospiti occasionali, in cui il virus non persiste e quindi non fungono da serbatoi naturali.
«Dal 2013 a oggi, la sorveglianza veterinaria – dice Maga – ha dimostrato la presenza del virus West Nile in diverse specie di uccelli stanziali in Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, quali gazza e cornacchia grigia.
Ma anche in specie selvatiche migratorie quali storno, rondine, rondone, merlo. Quindi, la contemporanea presenza di serbatoi naturali (uccelli) e vettori (zanzare) fa sì che West Nile circoli nel nostro paese, causando ogni anno focolai di infezione, soprattutto nel periodo tra giugno e ottobre, coincidente con la massima attività delle zanzare e la maggiore densità sul territorio delle specie avicole serbatoio». Non esistono farmaci né vaccini. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno.