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 2018  agosto 23 Giovedì calendario

Cechov, cornuto e mazziato: la moglie perse il figlio non suo

Scene da un matrimonio: la moglie aspetta un figlio, ma non dal marito. Panico. Sotterfugi. Sospetti. È il 1902 e i protagonisti della recita sono Anton Cechov e Olga Knipper, coniugi da un anno, fidanzati da tre, innamorati da quattro, o almeno così sembra: spuntano infatti adesso documenti malandrini che svelano la gravidanza “illegittima” e molto sofferta dell’attrice, poi operata d’urgenza e fatta abortire dall’ostetrico della zarina.
Il fattaccio, anticipato dal Guardian, sarà ricostruito nei dettagli nella nuova edizione di Anton Chekhov: A Life, l’esaustiva biografia dello scrittore russo firmata da Donald Rayfield, uscita nel 1997 e di nuovo in libreria (almeno in Francia) il prossimo dicembre con tutti gli aggiornamenti – pruriginosi – del caso, che smontano la “favoletta”, spacciata dalla Knipper, di una liaison felice e spensierata.
Innanzitutto, il loro fu un matrimonio a distanza, consumato più per corrispondenza che tra le lenzuola: a causa della tubercolosi, Cechov era costretto a svernare, per molti mesi all’anno, a Jalta, in Crimea, mentre la consorte – interprete di grande talento e ambizione – era di stanza a Mosca, quasi 1.500 chilometri più a Nord. Nonostante la lontananza e la salute cagionevole di lui, i coniugi tentarono più volte di avere un figlio, un “piccolo mezzo tedesco”, si sussurravano affettuosamente, scherzando sulle origini teutoniche della famiglia Knipper. Un tentativo di concepimento ci fu nel febbraio del 1902, quando, dopo quasi cinque mesi di distacco, Olga (all’epoca non ancora 34enne) andò a trovare Anton (42enne) sul Mar Nero per una manciata di giorni. Rientrata in città, fu lei a scrivere al marito del tormentato viaggio in treno, complicato dalla nausea e da forti dolori alla pancia. Era forse incinta? Di già? Il malessere addominale andò peggiorando, tanto che il 31 marzo la gestante venne ricoverata d’urgenza e sottoposta a un aborto chirurgico. Da qui, è un susseguirsi di coup de théâtre, per brevità chiamati bugie.
Cechov, infatti, è un medico, oltre che un ex traditore seriale, non solo di donne (“Ho una moglie legittima, la medicina, e un’amante, la letteratura… ma non ho intenzione di divorziare”). La consorte deve quindi tessere la sua trama molto sapientemente per convincerlo che il bambino mai nato era frutto del loro amore, non delle corna. Riprende carta e penna e si affretta a dargli spiegazioni: il povero, tenero “Panfil fallito” – come soprannomina il feto – è sicuramente stato concepito nella tre giorni di Jalta. Punto.
Cechov mangia la foglia, proprio lui che in quei giorni sta abbozzando il Giardino dei ciliegi: dopo aver chiesto lumi a un collega chirurgo che aveva partecipato all’operazione della moglie, si rassegna a convivere con la menzogna, ben sapendo che il figlio non è suo. Se l’embrione fosse stato concepito a fine febbraio – ovvero fosse stato di appena sei settimane – l’aborto sarebbe stato spontaneo, non chirurgico: la diagnosi, invece, parla di gravidanza extrauterina, che normalmente degenera, e va quindi operata, nelle prime otto-dieci settimane. Ergo, il concepimento risale a gennaio. Chi è il padre, dunque?
Per Rayfield – e le sue nuove fonti – due sono gli indizati: l’attore Aleksandr Vishnevsky e Vladimir Nemirovic-Dancenko, nientemeno che il socio di Kostantin Stanislavskij, con cui fondò nel 1897 il Teatro d’Arte di Mosca. Lì dove Anton si innamorò di Olga, lì dove la recita ebbe inizio.