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 2018  agosto 23 Giovedì calendario

Mauro Corona vuol cacciare i turisti dai monti

C’è lo scrittore, alpinista e apparente clochard Mauro Corona che ha simpaticamente proposto un “Daspo per la montagna”, una cosa tipo quella che si fa allo stadio per la teppaglia: con tanto di multa, foglio di via e foto segnaletiche da appendere laddove il turista non sia più benvenuto. Corona l’ha detto dopo aver visto il lago di Sorapis (Dolomiti, zona Cortina) invaso da migliaia di turisti agostani: «Se uno dimostra di non rispettare questi posti allora va allontanato, il nostro dovere è proteggere la natura, e se il pericolo sono questi cafoni, allora mandiamoli via e colpiamoli nel portafogli». Lo scenario è il consueto che vede associare qualsiasi anfratto della Terra al turismo di massa: mostri, cafoni da gara, sporcizia, urla, volgarità, bambiname invadente e insomma una deturpazione dei luoghi che ci sono cari, ciascuno ha il suo: non c’è libro di Reinhold Messner, per dirne uno famoso, che non infili dentro anche lo sprezzo per le sue Odle altoatesine rovinate dalla plebaglia. Naturalmente è tutto vero: il turismo tende a dimostrare che l’umanità fa mediamente schifo e ogni tanto qualcuno lo riscopre. E se un cittadino medio con infradito e zaino Decathlon spicca per contrasto cafone in ambiente montano, beh, è anche vero che un Mauro Corona a spasso per Milano – vestito come Jim Bridwell nella Yosemite degli anni Settanta – non è che sembri meno fuori posto: gli mancherebbero solo dei cani pulciosi e il cartello ‘Ho fame’. E siamo già al problema, all’obiezione più prevedibile: la fame, i soldi, ossia quel sistema turistico che prima prostituisce un meraviglioso territorio al contante del turista e poi, a granai pieni, comincia pure a lamentarsi se questo turista non è pure rispettoso, silente, abile sul sesto grado di roccia e possibilmente senza figli.

IL PORTAFOGLI
«Colpiamoli nel portafogli», diceva Corona: ma è proprio dal portafogli che è cominciato tutto, quello appunto del turista. Se il rifugio vicino al lago di Sorapiss l’hai trasformato in un piccolo hotel stellato con cena alla carta e pasti senza glutine o per vegani (52 euro la mezza pensione) poi non è che Corona possa pretendere che vi passino solo gli scalatori della Punta Sorapiss o della Croda Marcora: quelli, ormai, vanno in tenda, nei bivacchi, e sono pure guardati con un certo sprezzo. I gestori dei rifugi, che spesso sulle Dolomiti erano guide alpine e ora tendono a fare gli albergatori, non amano l’escursionismo o l’alpinismo “mordi e fuggi” di chi tende a fare tutto in una sola giornata. Tecnicamente hanno ragione: c’è gente che arriva in parete o in escursione troppo tardi, e questo è pericoloso, ma è anche vero che le famigliole cafone rendono di più: il problema è che poi, invece dell’imbrago per il sesto grado, hanno portato il materassino gonfiabile per il laghetto. Insomma, per dire: se costruisci tre tronchi di funivia che portano in cima alla Marmolada, oppure l’avveniristica Skyway che porta sul ghiacciaio del Monte Bianco, o altri tronchi per il Passo dei Salati sul Rosa o per il Plateau Rosa al Cervino, ecco, non è che poi ti puoi lamentare se i turisti sbarcano in ciabatte e s’infilano in un crepaccio dieci minuti dopo. Già che ci siamo: se nella calabrese Civita scrivi ‘Raganello tour’ e poi non metti un cartello o un cancello o un essere umano a impedire che i turisti si avventurino da soli, non è che eccetera. 

DEGRADO IN AUMENTO
O per fare un esempio strettamente legato a Mauro Corona, che è di Erto e Casso, paesini coinvolti nella tragedia del Vajont del 1963: se sopra la diga ci costruisci una via ferrata peraltro rudimentale (l’han fatta nel 2015, e la possono fare anche i bambini), non è che puoi invocare il Daspo se poi c’è casino e non tutti si soffermano a riflettere sui morti della valle del Piave. Il discorso è infinito e potrebbe riguardare anche località marine o lacustri, in teoria: ma il caso dei cafoni di montagna è diverso in una cosa, e cioè che in montagna i cafoni ce li devi portare; devi costruir loro appoggi e strutture, salvo accorgerti che chiunque, alla fine, risulta comunque un cafone a parere di qualcun altro. A tutti i livelli: qualche giorno fa abbiamo scritto dei tentativi di bloccare l’accesso sul Monte Bianco a chi non abbia l’attrezzatura necessaria, con la gendarmeria piazzata a sorvegliare; ci sono state semi-risse di alpinisti senza prenotazione ai rifugi (a quasi 4000 metri) con una guida colpita da un pugno perché una cordata di otto alpinisti dell’Est pretendeva la precedenza nonostante fosse in discesa; c’è stato un gruppo di lettoni che pretendeva di piazzare in cima al Bianco una bandiera larga dieci metri, il tentativo di piantare una tenda in vetta e infine l’incredibile tentativo di portare in cima un cane. Nel senso di animale, che di cani umani se ne vedono già da anni anche a 4810 metri. Insomma, caruccia l’idea del Daspo: ma a interdire la più dannosa e cafona delle bestie – l’essere umano – c’è il rischio di spopolare tutte le montagne in attesa di farlo con l’intero Pianeta. A meno di dar retta a quelli di “Mountain Wilderness”, che è un po’ la Rifondazione Comunista degli alpinisti: è un’associazione internazionale che vuole combattere la progressiva degradazione delle montagne e che dal 1987 propone l’istituzione di parchi immacolati, aree protette (che in Italia sono già tantissime), boicottaggio di funivie e simili, limiti per rifugi e vie ferrate, chiusura di un sacco di strade di montagna, abolizione dell’eliscì (quando ti portano in cima a una montagna per poi scendere sci ai piedi) e bando alle motoslitte, ai fuoristrada, ovviamente a cafoni e maleducati. I quali, ovviamente, figurano anche tra le fila di Mountain Wilderness: chi scrive ve lo garantisce di persona.

RISCHI PER TUTTI
E figurano tra gli alpinisti bravi e preparati che calcolano ogni rischio e tuttavia muoiono lo stesso, talvolta: esattamente come le più formidabili guide alpine; figurano tra gli escursionisti di città o indigeni che siano, tra gli sciatori, i base-jumper (quelli che salgono le cime e si buttano col paracadute) e tra coloro che dimenticano semplicemente di guardare le previsioni meteo dell’ultimo minuto; figurano ovviamente tra i tantissimi che hanno scambiato il soccorso alpino per un taxi volante che ti venga a prendere quando ti fa male la caviglietta (o sei solo stanco) e figurano i già citati e celebri turisti “in infradito” che salgono sulla fiammante Skyway del Monte Bianco che si avventurano sul ghiacciaio e valicano i cancelli e portano i bambini a caso nella neve: ignorando, colpevolmente, che la morte in un improvviso crepaccio è tra le più orribili. E che dire dei giornalisti che scrivono di montagna, peraltro regolarmente ‘assassina’’ Ha ragione Mauro Corona, serve un Daspo. Per chi va in montagna. Per chi va in collina. E per chi va in pianura.