Il Messaggero, 23 agosto 2018
Roberto Giacobbo parla del nuovo programma “Freedom” e dell’avventura a Rete4
A vent’anni, quasi trenta, in radio vestiva i panni di EZ, il fratellino di ET. Insomma, cazzeggiava. Inventandosi di tutto. Quando glielo ricordo, e gli chiedo di rifare quel personaggio per aiutarmi a capire meglio, scoppia a ridere, ma non fa una piega e parte subito con la vocina in falsetto da baby extraterrestre: «Eccomi. Sono io. Ti ricordi di me? Sono EZ...». Due metri d’uomo, romano d’origini venete, 56 anni, moglie e tre figlie tra i 22 e i 18, Roberto Giacobbo – il guru di Voyager e di quel genere divulgativo che fonde storia, scienza e fantascienza, da Maurizio Crozza ribattezzato Kazzenger – è uno dei grandi protagonisti della nuova stagione di Rete4, il canale Mediaset che da settembre cambia tutto per puntare sulle news e l’approfondimento dell’attualità con Barbara Palombelli, Nicola Porro, Gianluca Nuzzi e il neo direttore del Tg4 Gerardo Greco. Per passare a Rete4, come quest’ultimo, Giacobbo ha lasciato Viale Mazzini e la vicedirezione di Rai2.
Chi gliel’ha fatto fare?
«Nessuno. Avevo voglia di tornare a fare il libero professionista».
I soldi in più non hanno fatto la differenza?
«No. Fino a 15 anni fa, quando fui assunto in Rai, sono sempre stato sul mercato. Ho deciso di ritornarci per essere di nuovo protagonista della mia vita».
Problemi con la Rai?
«No, mai. Quest’anno mi avevano anche offerto venti prime serate. So di aver lasciato una grande azienda e un ruolo importante, la cosiddetta sicurezza, ma volevo semplicemente fare altro e non andare in ufficio tutti i giorni».
Tanto per capire: se prima guadagnava come un terzino della Casertana, adesso è diventato un attaccante del Milan?
«Sì. Però c’è una diversa imposizione fiscale. Chissà alla fine quanto mi resterà in tasca».
Com’è andata: l’ha chiamata Pier Silvio Berlusconi? Si è fatto vivo Mauro Crippa, il numero uno dell’informazione Mediaset? O l’ha corteggiata il direttore di Rete4 Lombardi?
«A un amico giornalista, mesi fa, avevo raccontato la mia voglia di cambiare. Dopo un po’ di tempo lui stesso mi ha detto che proprio Lombardi mi avrebbe volentieri incontrato a pranzo, informalmente, per fare quattro chiacchiere. Poi ci siamo visti con tutti gli altri vertici e in pochi giorni abbiamo firmato tutto. Non ho incarichi da dipendente, però».
Che contratto ha?
«Due anni più un eventuale terzo».
Senta, che farà su Rete4?
«Quello che ho sempre fatto: una tv di contenuti mai noiosa. Per me l’unica possibile per fare divulgazione in maniera seria. Finora è andata bene».
Quando parte?
«Il 30 ottobre. Si chiama Freedom – Oltre il confine. Dopo Star Gate – Linea di confine e Voyager – Ai confini della conoscenza, volevo rendere ancora omaggio allo spazio, in questo caso alla prima stazione voluta da Ronald Reagan, e alla parola confine, come sempre. Mi hanno aiutato anche le mie figlie a cercare il nome giusto. Quando abbiamo fatto la riunione per spiegare il titolo, è piaciuto subito: dopo due minuti la seduta è stata sciolta».
Le sue figlie lavorano con lei? I Giacobbo diventeranno un’altra famiglia di divulgatori come gli Angela?
«Finora no. Ma in seguito sì, visto che adesso la società di produzione di Freedom è mia. Sono brave: la più grande si sta laureando alla Luiss di Roma in marketing e management e potrà aiutarmi a definire la mia professione. Mia moglie, invece, Irene Bellini, è un’autrice tv che incontrai tanti anni fa in Rai, dove iniziò prima di me, e che all’epoca firmò Stargate. Poi, per non creare imbarazzi a nessuno, fece tre passi indietro. Non abbiamo mai più lavorato insieme. Adesso è tornata al mio fianco».
Nell’accordo con Mediaset c’è anche l’impegno con il canale tv di Focus: che farà?
«Il responsabile dei contenuti e degli autori. In pratica, divulgazione non convenzionale. A dirigere il canale resterà Marco Costa».
Da sempre attira molto critiche: perché?
«Forse perché affronto tutti i temi, nessuno escluso. Il pilota ha visto in volo un oggetto non identificato? Io lo intervisto: perché non dovrei? A buttarmi giù, comunque, ci hanno provato soprattutto all’inizio. Ma non ce l’hanno fatta e ormai hanno smesso».
La più fastidiosa?
«Nessuna. Non ho mai parlato di alieni con le antenne avvistati da qualche cialtrone...».
Va bene. Ma agli ufo ci crede o no?
«Se c’è qualcosa che vola sulle nostre teste e nessuno sa cosa sia, io mi incuriosisco e faccio domande. I marziani sono un’altra cosa».
Nel 2005 ha detto di aver visto cose inspiegabili nella casa torinese del celebre sensitivo Gustavo Adolfo Rol: come fa a credere a queste cose?
«Ho visto un dipinto mutare espressione e non so come possa essere successo. Quello che si vedeva nella telecamera non era quello che era attaccato al muro. Non so che dire. Non ho trovato una spiegazione, nessuno me l’ha saputa dare».
Quella cifra ironica che aveva da ragazzo dov’è finita? Non rischia di prendersi troppo sul serio anche lei?
«Spero di no. E nella vita privata quella cifra c’è sempre. Chi non sa ridere non sa essere serio».
L’imitazione di Maurizio Crozza, quindi, alla fine è stato un regalo, giusto?
«Di sicuro non me la sono presa: ho iniziato facendo personaggi comici e irriverenti».
Ha incontrato Crozza una sola volta: com’è andata?
«È rimasto stupito dalla mia altezza».
Nell’81 partecipò al quiz di Mike Bongiorno Bis: rispondeva a domande di quale materia?
«Nessuna. Risolvevo rebus. Vinsi 15 milioni di lire».
In buoni della Standa: non riuscì a monetizzare?
«All’inizio mia madre fece la spesa per vivere anni. Io, per comprarmi la moto, mi misi a vendere i buoni agli amici facendo super sconti».
La parola d’ordine per questo nuovo impegno qual è?
«Forza e coraggio. Se non ci mettiamo in gioco che viviamo a fare? Ho lasciato un posto sicuro, oggi, alla mia età. A volte penso a Quo vado?, il film di Checco Zalone Speriamo bene».
Il suo segreto qual è?
«Parlo come vorrei ascoltare. Così arrivo a tutti, o almeno ci provo».
Prima dei 60 anni cosa vorrebbe fare?
«Vorrei tornare in alcuni posti speciali, che ho visto lavorando in giro per il mondo, con la mia famiglia».
Un progetto speciale non ce l’ha? Andiamo...
«Mi piacerebbe fare un film».
Un film?
«Sì. Una storia itinerante in cui succedono tante cose. Nasce tutto dalla mia esperienza di grande viaggiatore».
Il posto più bello che ha visto?
«Le piramidi d’Egitto: le adoro. Se si potesse, tornerei ai tempi del cantiere di Cheope».
Il peggiore?
«Angkor Wat, in Cambogia. Bella, ma c’è troppa povertà, decadenza, disperazione. Terribile».
Googla spesso il suo nome per vedere che aria tira?
«No. Ma so che su di me c’è tanta fantasia. Si dicono un sacco di balle».
Quali?
«I marziani, le trame oscure, le storie gonfiate... Le solite sciocchezze».
Come si definisce?
«Un narratore. Che studia, fa e vive tutto in diretta e sempre per la prima volta. Non bluffo mai».
Nel 1998 scrisse Il libro degli strafatti. Le cento notizie più divertenti dell’anno (e le dieci migliori barzellette), firmandosi Bob Jacob: ne ha pubblicati altri così?
«No. Però fu molto divertente. Con me c’era anche il collega Riccardo Luna, Richard Moon (attuale direttore dell’agenzia Agi, ndr)».
Le racconta pure?
«Ogni tanto».
A proposito, visto che citò gli strafatti: da giovane le è mai capitato di strafarsi?
«Mai, per carità».
Dallo scorso novembre è Cavaliere della Repubblica: perché?
«Meriti professionali. Un’emozione enorme».