Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 23 Giovedì calendario

Arrigo Sacchi: «Il calcio è bellezza»

«Guardi, le ripeto quello che ho risposto mezz’ora fa al mio vicino d’ombrellone, qui in spiaggia a Milano Marittima: il Milan è da scudetto».
Addirittura. Arrigo Sacchi, dica la verità, qui è il vecchio cuore rossonero che parla.
«Niente affatto. Le spiego. La Juve non è favorita, è strafavorita. Ma allo stesso tempo sono convinto che se Gattuso, persona adorabile e professionista eccezionale, riesce a fare anche lui un salto di qualità, il Milan sarà la vera sorpresa del campionato. Può giocarsela addirittura per lo scudetto. La partita di sabato a Napoli in questo senso sarà estremamente significativa. Attenzione: non il risultato, la prestazione».
Non un debutto morbido.
«Per niente, è una partita apertissima. Il Milan deve giocarsela a testa alta, con la mentalità da grande, da vecchio Milan. Se lo fa, l’autostima del gruppo aumenterà a dismisura. L’anno scorso era una squadra giovane, ora la vedo cresciuta, migliorata. Molti di quei ragazzi li conosco dai tempi delle nazionali giovanili. Caldara, Romagnoli. Ragazzi splendidi. Conosco il loro valore umano, so quanto siano generosi, motivati. Con loro non si sbaglia».
E poi c’è Higuain.
«Una garanzia. Ma soprattutto c’è un club. Maldini e Leonardo hanno storia, competenza, carisma. Era fondamentale, perché in cima a tutto c’è sempre il club. Il resto, la squadra, i giocatori, sono una conseguenza».
Molti pensano che Ancelotti, alla sua età e con la sua carriera, abbia commesso un inutile azzardo nell’accettare la proposta del Napoli. Vi sentite spesso: lei cosa gli ha detto?
«Che apprezzo la sua scelta. È una grande sfida che lo onora. Non so se il Napoli ripeterà il risultato dell’anno passato, ma una cosa è certa: De Laurentiis ha preso il migliore. Carletto è un maestro, un savio nel senso latino del termine. Sa districarsi in qualsiasi situazione. Questa è complicata perché il Napoli l’anno scorso si è superato, anche se non tutti l’hanno capito. Ha fatto qualcosa di straordinario, andando oltre le proprie potenzialità. Avevamo davanti agli occhi un gioiello. Sarri è stato una benedizione per il calcio italiano, peccato che la nostra serie A lo abbia perso».
Però ha acquistato Cristiano Ronaldo. Se n’è andato un formidabile allenatore, è arrivato un fuoriclasse.
«Il fuoriclasse l’ha preso la Juventus, non il campionato italiano. Sapete come la penso, il calcio è uno sport di squadra con momenti individuali, non il contrario. Io sono convinto che un giocatore da solo non faccia vincere, figuriamoci se un giocatore da solo può aiutare un movimento a crescere. Cristiano è di una straordinaria bravura, renderà la Juventus ancora più forte».
Abbastanza per vincere la Champions?
«Dipende da come si integrerà con la squadra. Da solo, no. Altrimenti mi dovete spiegare perché non ha mai vinto un Mondiale. La Juve è un grande club, ma se vuole aiutare il movimento a crescere non è portando Cristiano che ci riuscirà. La questione è diversa, filosofica. Dovrebbe fare un passo avanti: provare a unire merito, bellezza e vittoria. Che è poi la strada per la Champions, il vero obiettivo di un club eccezionale che però quella coppa, non a caso, l’ha vinta due volte sole in più di 60 anni. Vorrei che un allenatore bravo come Allegri fosse più generoso».
Cosa ha insegnato la prima giornata?
«Che l’Inter è un enigma. Ma nessuna meraviglia, piuttosto mi meraviglio di chi non se l’aspettava. Sono sette-otto anni che è la regina dell’estate, ma non riesce mai ad avere continuità. Spalletti dovrà lavorare molto, sul campo ma anche nella testa dei giocatori. Vedremo come verrà gestita poi la Champions».
Le romane?
«Di Francesco fa giocare bene la sua squadra, che ha qualità, per di più in un ambiente non facile, perché Roma non lo è. Anche a livello sociologico. Simone Inzaghi invece lo metto fra gli incerti: ha il gusto del gioco ma ancora qualche paura. Lo vedi quando piazza un numero eccessivo di giocatori in difesa anche se non servono. Ma è sulla strada giusta».
Via Sarri, chi sono i suoi preferiti?
«Ce ne sono 5-6 che hanno capito che il calcio deve andare verso un’altra direzione. Hanno messo il coraggio, le idee e la bellezza al centro del progetto. Di Giampaolo ho detto più volte, ora mi colpisce molto De Zerbi, contro l’Inter ha avuto il coraggio di stupire. Il Sassuolo aveva fiducia nel lavoro fatto, si vedeva benissimo, ha imposto il proprio gioco, senza paura. Che bella sorpresa anche Andreazzoli, che pure non è più un giovanotto: sa fare giocare bene la squadra. Sa divertire. E che spettacolo i 90 minuti dell’Atalanta».
Un modello da seguire?
«Il più alto oggi è il City di Guardola, che all’80’ sul 5-1 cerca di segnare il sesto gol. È alla costante ricerca della bellezza. La bellezza non è mai fine a se stessa, anzi. La bellezza aiuta a migliorarsi».
Nazionale. Cosa si aspetta dall’era Mancini?
«Non sarà semplice. Ci fu solo uno in Italia che cercò di sistemare le cose da solo e ci ricordiamo come andò a finire. Mancini può mettere una pezza ma, finché non sarà la Federazione a crescere, non servirà a nulla. Guardate la Germania, il progetto che mise in campo dopo il Mondiale del 2006 perso in casa. Un piano ampio, moderno che infatti ha portato i suoi effetti, nel giro di dieci anni. Senza pianificazione non c’è futuro, solo improvvisazione».
In A gli stranieri sono aumentati ancora. In passato lei ha più volte ribadito che sono troppi.
«È un tema complicato che si presta a polemiche strumentali e populismi. Io infatti parlo di solo calcio. E vi chiedo: quando vincevamo tutto? La risposta la sappiamo: quando c’erano tre stranieri, tutti e tre campioni. Che prima non avevano vinto nulla: qui sono diventati grandi. Noi abbiamo aiutato loro e loro hanno aiutato noi. Questo è progresso».