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 2018  agosto 23 Giovedì calendario

T.S Eliot e l’arte in Italia

Ha 23 anni Thomas Stearns Eliot quando, studente a Parigi (Collège de France e Sorbona: ottobre 1910-luglio 1911), in estate viene in Italia, dopo una tappa a Monaco di Baviera. La passione per l’arte, ereditata dalla madre, insegnante e poetessa, lo spinge a visitare Verona, Vicenza, Murano, Padova, Ferrara, Bologna, Modena, Parma, Milano, Pavia, Bergamo. Man mano, l’autore de La terra desolata annota le sue impressioni su un taccuino (Notes on Italy), ora tradotto da Nadia Ramera e prefato da Marco Roncalli. Si tratta, spiega quest’ultimo, di un quadernetto trascurato dai biografi, oggi alla Houghton Library della Harvard University. Le Note diventano Viaggio in Italia (Morcelliana, pagine 138, e 16), titolo che richiama i tours dei vari Tieck, Byron, Goethe, Keats, Heine e altri, affascinati dal Belpaese.
Nato nel Missouri nel 1888 (lo stesso anno di Ungaretti), dopo gli studi universitari, Eliot raggiunge l’Europa con un master in arte. A Parigi, frequenta anche le lezioni di Henri Bergson (Nobel nel 1927); a Londra, inizia il sodalizio con Ezra Pound.
Prima tappa delle due settimane estive: Verona. A San Zeno Maggiore, Eliot ammira «i bassorilievi a formelle quadrate ai lati del portale», «i leoni che sorreggono le colonne», le decorazioni, «quattro splendidi capitelli. Non proprio così splendido il romanico delle foglie (alcune in apparenza soffiate dal vento)». «Straordinaria e pittoresca» piazza delle Erbe; «di un certo interesse, ma conservato meglio di quanto abbia diritto ad essere una cosa di quell’epoca», l’anfiteatro.

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Brevi notazioni, per lo più. Qualcuna, telegrafica: come quelle, a Vicenza, per Palazzo Porto («Combinazione di grazia e imponenza»), per il Museo civico («Ristrutturato e gran parte dell’emozione se n’è andata») o per il Teatro Olimpico («Opera eccellente. Scena di scarso interesse»). Venezia suscita nel poeta giudizi contrastanti. San Marco: la Pala d’oro («Bellissima opera di smalti conservata in una brutta cornice d’oro del XIII secolo»), il Battistero («Mosaico di scarso interesse. Un rilievo bizantino. Scarso valore»).
Ogni tanto, al giudizio Eliot aggiunge la frase «che io abbia mai visto». Venezia, Palazzo dei dogi: «Ha dei pinnacoli gotici che sono i più straordinari…». Murano: «La Vergine orante è il mosaico più straordinario…». Bologna, Palazzo Bevilacqua: «Ha forse la più straordinaria corte rinascimentale…». Modena: «La Cattedrale è il modello più perfetto di chiesa lombarda…». Parma, San Giovanni Evangelista: «Gli affreschi di Correggio sulla volta sono un fallimento, ma la lunetta di San Giovanni sopra la porta della sacrestia è il Correggio più piacevole…».
Giotto non lo convince proprio. Cappella dell’Arena di Padova: «La prima e ultima impresa di Giotto è sgradevole. La cappella comprende gli affreschi, ma gli affreschi non decorano la cappella. I colori (…) non sembrano male, ma in riferimento all’effetto complessivo sono cattivi, specialmente il blu dominante». Ferrara, Palazzo dei Diamanti «non è di grande interesse», mentre la casa dell’Ariosto gli appare «piccola, molto semplice, ma molto toccante. Costruzione in mattoni molto bella e sensazione raffinata». Un salto a Bologna: Santa Maria della Vita «ha una Pietà di Niccolò dell’Arca, un lavoro potente, ma a mio parere di gusto tedesco, o mancanza di gusto». E San Petronio? «Enorme, incompiuto e tetro». A Milano, la Galleria di Brera gli appare «di scarso interesse» e a Pavia la Certosa «uno degli edifici più ripugnanti dell’arte rinascimentale. Il frutto di un’arte corrotta». Presunzione giovanile di un futuro premio Nobel.