Corriere della Sera, 23 agosto 2018
Una spintarella gentile. Perché no?
Che l’umanità sia composta da individui mai pienamente razionali è cosa nota. Già più difficile accettare che la nostra mente sia preda di errori sistematici. Ed è forse quasi impossibile rassegnarci al fatto che siamo continuamente vittime di trappole cognitive che ci spingono a formulare giudizi e quindi prendere decisioni che non ci avvantaggiano, anzi a volte ci danneggiano. Eppure quotidianamente le evidenze ci raccontano delle difficoltà e degli sbagli che commettiamo. Basti pensare alla decisione banale di comprare un capo in saldo o ben più complessa sul se e come investire i nostri risparmi. E per di più farlo quando siamo in una situazione di rischio.
Dalla seconda metà del secolo scorso le scienze del comportamento hanno intensificato i loro studi sulla spinta decisiva di Herbert Simon, psicologo, informatico e Nobel dell’Economia del 1978, scomparso nel 2001. C’è chi si è molto giovato in questo scorcio di millennio delle scoperte della psicologia sociale come della economia comportamentale. Si pensi ai titani del web. A Facebook, Google, Amazon, Apple, quelli cioè che riescono a indirizzarci verso i prodotti da comprare, i dibattiti a cui partecipare, quali notizie leggere, quali opinioni condividere o meno. E facendo leva non sulla ragione quanto sulla capacità di «usare» le emozioni certo, ma anche e soprattutto i modi di funzionamento della mente umana.
Modi come le scorciatoie che spesso si prendono per formarsi un giudizio e arrivare a una scelta (quante volte abbiamo acquistato un prodotto relativamente utile semplicemente perché attratti dal prezzo non pieno: 9,99 euro invece che 10?). Gli studiosi chiamano queste scorciatoie «euristiche» o «decisioni semplificate». A questi si aggiungono i cosiddetti bias, «errori cognitivi-sistematici», qualcosa che assomiglia alle illusioni ottiche, tanto da essere definite anch’esse «illusioni cognitive». L’esempio più evidente è quello relativo agli arti amputati che le persone che hanno subito la menomazione pensano ancora di poter controllare.
Meccanismi che nel marketing delle grandi aziende hanno trovato nel corso degli anni largo spazio. Molto meno nelle politiche pubbliche. Le imprese sanno come impiegare quei meccanismi per incidere sulla propensione all’uso o all’acquisto di prodotti da parte dei consumatori. Lo Stato e l’amministrazione pubblica quasi mai si pongono il problema di come usare le conoscenze acquisite sul funzionamento della mente umana per aiutare il cittadino a fare le scelte migliori per sé. L’occasione dell’uscita del libro di uno dei maggiori studiosi a livello mondiale di scienza comportamentale ed economia cognitiva potrebbe essere l’occasione per avviare anche in Italia processi che in altri Paesi sono da tempo diventati pratica comune. L’opera si chiama Oltre il nudge (il Mulino), a scriverla Riccardo Viale, docente alla Bicocca, già visiting professor alla Columbia University e al Max-Planck-Institut für Bildungsforschung di Berlino. La prefazione è di Cass Sunstein. E proprio Sunstein è l’autore assieme al Nobel per l’Economia Richard Thaler di un fortunato libro che ha venduto milioni di copie nel mondo: The Nudge. In italiano si traduce con due parole: spintarella gentile.
A fare la fortuna del libro è un signore oggi forse dimenticato, ma che nei primi anni del millennio ha avuto un ruolo di non poco conto: il politico inglese David Cameron. Nell’estate del 2008 consiglia ai suoi colleghi conservatori di leggere le teorie dei due americani. E nel 2010, da primo ministro del governo britannico, decide di metterne in pratica i principi dando luogo a un organismo, il Behavioral Insights Team (Bit), al servizio del governo inglese.
Un altro signore, al di là dell’Atlantico, è affascinato da quelle teorie anche perché Sunstein è una sua vecchia conoscenza dai tempi dell’Università di Chicago, al punto da averlo chiamato come consulente alla Casa Bianca. Si tratta di Barack Obama che, arrivato alla guida dell’amministrazione americana, sulla falsariga del Bit istituisce il Behavioral Insights Group (Big). Ma soprattutto emette due executive order (nel 2011 e nel 2015) per introdurre le scienze comportamentali nelle politiche delle pubbliche amministrazioni per «migliorare il benessere dei cittadini». Atti concreti che spingono Viale a chiedersi nel suo libro perché ciò sia accaduto in parte in Europa, in Italia quasi per niente. Forse per una certa «sordità delle scienze economiche e giuridiche alla reale natura della mente umana». Scienze economiche e giuridiche predominanti nella strutturazione delle politiche pubbliche.
La proposta del nudge nasce dal fatto che «l’uomo reale non è come lo vorrebbero gli economisti, cioè uno strano soggetto, econ, che come Star Trek non è prigioniero delle emozioni, ha una volontà di ferro, è sempre attento e presente nell’analizzare i problemi di scelta, ha una grande memoria e capacità di calcolo. In realtà, l’uomo normale, human, è più simile a Homer Simpson, e ha molte debolezze nella volontà, nella memoria, nell’attenzione. È molto pigro. Ha una capacità molto limitata di calcolo. È soggetto a contraddizioni, errori e perturbazioni emotive». Se siamo quindi fallaci come si governa una società fatta da persone così? Quale intervento è possibile da parte dello Stato in favore di noi cittadini? Fondamentale è il concetto che gli studiosi chiamano «architettura della scelta», che è esattamente quella su cui si concentra il nudge.
Un’architettura della scelta può strutturare un ambiente in modo che si tenda a prendere determinate decisioni. Si pensi solo al supermercato con i cibi più dolci e meno salutari posti negli scaffali più alti, o una caffetteria o una mensa con i cibi salutari all’inizio della coda e non alla fine. Il problema è quando il nudge diventa coercitivo. Quando non preserva la libertà di scelta. Non a caso si parla di paternalismo libertario. «Come paternalismo ha l’obiettivo di compensare le tendenze irrazionali e autolesioniste dei cittadini spingendoli dolcemente a decidere in modo razionale e per il loro bene – scrive Viale —. Come libertario si pone l’obiettivo di dare l’ultima parola al risultato dei processi deliberativi e consapevoli del cittadino che può sempre opporsi alla spinta gentile».
Ma resta il mistero dell’assenza delle discipline che si occupano di spiegare il funzionamento della mente e comportamento nella messa a punto di leggi e regolamenti che hanno l’obiettivo, dice Viale, di causare comportamenti conseguenti dei cittadini. Le ragioni possono essere molte, oltre alla sordità di scienze economiche e giuridiche, anche l’idea o il modello semplificato di homo iuridicus a cui si ispirano. Sarebbe opportuno invece comprendere che anche nella scelta delle policy pubbliche si hanno a disposizione non solo strumenti come le leggi, regolamenti, incentivi o sanzioni economiche. Ma anche altre opzioni ad «impatto comportamentale». Dalle architetture ambientali per indirizzare la scelta, all’utilizzo ispirato alle scienze comportamentali dell’informazione e della comunicazione pubblica.
In fondo il paradigma e modello del nudge, come dice spesso Sunstein è il Gps. «Quando funziona bene, non ti dice la meta che devi scegliere. Non agisce sulle tue preferenze, sui tuoi obiettivi – scrive ancora Viale —, ma ti aiuta a trovare la strada migliore per raggiungere la meta e soddisfare le tue preferenze. Le rende meno soggette all’errore di valutazione, nel senso non ti fa imboccare strade sbagliate o senza uscita... I nudge dovrebbero avere queste caratteristiche, meri ausili per potenziare le capacità di scelta».