Corriere della Sera, 22 agosto 2018
Nanotubi e carbonio, così l’italiano è caduto nell’opera di Kapoor
L’artista è preoccupato, naturalmente. Secondo il critico d’arte Demetrio Paparoni, che lo conosce e frequenta da più di 35 anni, Anish Kapoor deve essersi molto angustiato per l’incolumità del visitatore che, qualche giorno fa, è ruzzolato nella sua «Discesa nel limbo», esposta al museo Serralves di Porto, a nord del Portogallo. Ma dopo il comprensibile spavento, per un imprevisto salto nel buio di due metri e mezzo, e dopo una breve permanenza all’ospedale locale di Sant’Antonio, il turista, un italiano di 59 anni, ha ripreso le sue vacanze lusitane: «Si sta riprendendo, sta meglio – informano, con sollievo, gli uffici del museo —, ma per adesso l’opera rimane chiusa al pubblico».
Quel disco nero, ma così nero da ingannare lo sguardo dello spettatore, è una delle installazioni più note dello scultore britannico di origine indiana e, con i suoi 26 anni, la più antica tra quelle esposte sotto il titolo «Anish Kapoor: Obras, Pensamentos, Experiências», lavori, pensieri, esperimenti, fino al prossimo 6 gennaio. Non è ancora definito, però, quando lo spazio della «Discesa nel limbo», ispirata al “Cristo nel limbo” di Andrea Mantegna, tornerà accessibile, né con quali precauzioni supplementari, per evitare altre «discese» troppo brusche nel vortice della sua forza evocativa: «Certo non si può mettere un cartello che dice attenzione a dove mettete i piedi. Sarebbe il colmo segnalarla come pericolosa per i visitatori – avverte Paparoni, che curò la prima mostra di Kapoor a Siracusa, all’inizio degli anni 80 —, ma dovrebbero essere il buonsenso e il rispetto per un’opera d’arte a trattenere lo spettatore dall’avvicinarsi troppo, sena avvisi o guardiani per ricordarglielo».
Vero anche che l’incidente, agli occhi di Kapoor, potrebbe essere piuttosto un «accadimento», coerente con la dinamica del suo lavoro: «Che ti attrae al punto di inghiottirti nel vuoto» spiega il critico d’arte. Un esempio di performing art, insomma. Possibile dunque che il turista italiano non sia caduto per ingenuità o distrazione, ma abbia involontariamente interagito con la creazione del maestro. O che abbia voluto testare quella tecnica unica dell’artista, che ama giocare con gli effetti ottici: «Per ottenere un nero profondo, Kapoor ha utilizzato tra l’altro una sostanza composta di nanotubi di carbonio, capace di assorbire quasi del tutto le radiazioni luminose, compresa quella del laser – illustra Paparoni —. Grazie a queste caratteristiche, in un oggetto ricoperto di nanotubi di carbonio, l’occhio ha difficoltà a cogliere forme e contorni, fino a non percepire la tridimensionalità».
Insomma, allo sguardo, «Discesa nel limbo» può apparire più una macchia nera che un pozzo. E l’incidente, anzi l’accadimento, certifica la perfezione della tecnica. Ma benché sospesa tra realtà e illusione, alla fine anche l’arte si piega quasi sempre alla forza di gravità.