la Repubblica, 21 agosto 2018
Perché è un rischio nazionalizzare. I debiti di Atlantia all’Anas
Nessuno tra gli ospiti del Britannia immaginava, il 2 giugno 1992, che la mini crociera organizzata sul panfilo della Regina d’Inghilterra per illustrare ai banchieri le privatizzazioni in Italia sarebbe tornata di attualità 26 anni dopo, nel cuore del dibattito scaturito dopo la tragedia di Genova. Uno degli ospiti, non un esponente della sinistra, ricorda: «Fu Mario Draghi a illustrare la convenienza delle privatizzazioni italiane. E io penso, come allora, che la bontà dell’operazione dipendeva molto da come veniva realizzata. Sarebbe stata positiva se fosse avvenuta con un aumento di capitale, con i privati che entravano mettendo denaro fresco. Sarebbe stata negativa se si fosse concesso di comprare le società pubbliche a debito. La privatizzazione di Autostrade avvenne seguendo la seconda strada e i guai di oggi derivano, in parte, anche da quella scelta».Una delle conseguenze è infatti che nel corso del tempo, di modifica in modifica e di proroga in proroga, il sistema delle concessioni ha finito per affidare alle società concessionarie, desiderose di rientrare del debito contratto, un potere molto forte nelle trattative con lo Stato. La reazione a questo squilibrio è nei comportamenti del governo in queste ore: di fronte alla tragedia c’è la tentazione di rompere il giocattolo senza pensare troppo alle conseguenze. Perché un conto è contestare a Benetton eventuali gravissime inadempienze che possono portare alla revoca della concessione, un altro è immaginare una legge che nazionalizzi oltre 3.000 chilometri di rete autostradale.L’ipotesi, circolata l’altro ieri nel governo, ha provocato le reazioni e le prudenti marce indietro di autorevoli esponenti della stessa maggioranza come il leghista Giorgetti e il grillino Buffagni. Non tanto e non solo per ragioni politiche quanto perché l’operazione metterebbe in moto meccanismi ingovernabili e porrebbe questioni tecniche di difficile soluzione.L’idea di affidare tout court per legge ad Anas la gestione di Autostrade togliendola ad Atlantia presenta diversi problemi. Il primo è quello della natura privatistica di Anas. Che è si posseduta dallo Stato ma partecipa alle gare come spa e dal 2013 ha separato per questo le precedenti funzioni di controllo sul sistema autostradale consegnandole al ministero dei Trasporti. Si potrebbe affidare ad Anas ciò che oggi è di Atlantia senza passare da una gara? E se sì, non si sancirebbe in questo modo il carattere totalmente pubblico e non privatistico di Anas con la conseguenza che Bruxelles potrebbe considerarne il bilancio parte integrante di quello dello Stato?A questi problemi si aggiunge il nodo tecnico, non certo irrilevante. La lettera dei 300 manager di Autostrade per l’Italia che ieri ricordava come dal ’99, ultimo anno di gestione pubblica, il numero delle vittime sulla rete autostradale «sia passato da 420 a 119», può certo essere considerata una semplice autodifesa. Ma pone una questione: l’Anas di oggi ha le competenze per gestire al meglio e in sicurezza quei 3.000 chilometri di autostrade?Ci sono poi le conseguenze finanziarie dell’eventuale nazionalizzazione. Nella lettera in cui il governo annuncia l’avvio della procedura di revoca si fa riferimento «agli articoli 8,9 e 9 bis» della convenzione di concessione. Ma in quel testo non si ipotizza mai una revoca senza pagamento al concessionario dell’equivalente dei mancati introiti per i prossimi 24 anni, tanti quanti mancano oggi al termine del contratto che scade nel 2042. È noto che il valore di quel risarcimento potrebbe arrivare fino a 20 miliardi. Immaginando anche che il governo intenda seguire questa onerosissima strada, togliere la concessione ad Atlantia significa infine aprire una significativa falla nel sistema economico italiano. Le linee di credito di Atlantia e degli spagnoli di Abertis (in fase di fusione con la società italiana) ammontano a 39 miliardi (25 Atlantia e 14 Abertis). Sono debiti che non ricadono solo sul socio forte di Atlantia: la famiglia Benetton controlla infatti il 30 per cento della società. Il rimanente 70 per cento è in mano a grandi fondi e piccoli risparmiatori. Tutto il castello delle linee di credito poggia sulla garanzia fornita dai pedaggi che Atlantia incassa attraverso i caselli di Autostrade. Senza quella garanzia come sarà in grado il sistema italiano di digerire un tonfo da 39 miliardi di euro? E quali conseguenze potrebbe avere questo sulla valutazione del sistema Italia da parte delle agenzie di rating?Ieri, intervenendo al meeting di Rimini, Giancarlo Giorgetti ha utilizzato toni molto cauti: «Il governo intende agire in modo razionale e con giustizia. La contestazione ad Autostrade è un atto dovuto che nel mondo tutti comprendono bene».E così l’avvio della procedura di revoca della concessione da parte del governo si trasforma in «un atto dovuto», una specie di avviso di garanzia che non necessariamente porterà alla condanna del destinatario.Per ora il partito della prudenza sembra aver ripreso il sopravvento sulla tentazione di rompere tutto.