Libero, 21 agosto 2018
I poeti di oggi scrivono sui muri
Mi dispiace dirtelo ma tra noi è infinita». «Solo tu fai al caos mio». «Se niente dura per sempre vuoi essere il mio niente?». Non sono solo calembours, giochi di parole, scarti di senso. Sono qualcosa di più, queste frasi. Sono state scritte sui muri. E si trovano in tutta l’Italia. I muri gridano lo sfogo di chi non ha altra voce. È così anche ai tempi dei social network. Perché a differenza delle bacheche Facebook e dei profili Instagram, le pareti di un palazzo o di un capannone di periferia garantiscono il totale anonimato. E spesso sono anche la superficie ideale per proiettare un pensiero che verrà letto proprio dalla persona designata. Lei sola saprà chi è l’autore. Un conto è imbrattare gli spazi pubblici, altro è nobilitarli con guizzi creativi. Le frasi riportate sopra sono state selezionate, insieme a molte altre, da un giovane studioso di Italianistica dell’università di Urbino, Alberto Fraccacreta. Il criterio di scelta è basato sulla rispondenza ad alcune figure retoriche, fra cui l’iperbole, la sinestesia, il malapropismo, l’anfibologia. In parole povere, si può dire moltissimo con una frase, giocando sulla doppiezza sintattica e lessicale. Prendete questa: «Macerie. Resti. Ma c’eri e resti». È l’opera di uno stilnovista postmoderno.
L’ANTOLOGIA «Di scritte così ne girano tantissime sul web», spiega Fraccacreta. «Ci sono forum, siti, pagine Facebook a loro dedicate. Per dirne una: Star Walls, da cui è stato di recente tratto anche un libro cartaceo, intitolato Dell’amore ho solo le maniglie (Piemme). Sono frasi molto popolari, piacciono ai ragazzi perché nascondono una genialità di fondo linguistica e concettuale». Ma siamo sicuri che siano tutte vere e spontanee’ «Le fonti vengono verificate. Certo, ci possono essere dubbi riguardo alla paternità di alcune. Per esempio: ‘Se non ci metti tanto ti aspetto tutta la vita’ è l’elaborazione di una frase di Oscar Wilde». I criteri di raccolta per questo studio in fieri, in attesa della sua pubblicazione, sono due. Il primo è linguistico, e parte appunto dall’analisi delle figure retoriche. Comporta la presenza di perizia tecnica, e perfino di elementi della grande poesia e della grande prosa d’arte. «Forme codificate da autori latini e greci. Per esempio la capacità di leggere la parola in due parti differenti, già codificata da Quintiliano, che parlava della duplice possibilità di lettura nella Institutio oratoria. Come in ‘Chiamate chi amate’ (anfibologia). Oppure: ‘Lotterò. L’otterrò. Lo terrò?». Il secondo criterio è quello di ciò che avvicina la cultura popolare alla cultura alta. Ecco apparire forme della canzone cortese, gentili e sfacciate allo stesso modo: «Hai gli occhi illegali» sembra una versione aggiornata di un verso di Guido Cavalcanti. «Distinguo fra scritte vandaliche che deturpano i palazzi e quelle che si trovano magari in zone periferiche e hanno una funzione linguistica e di pensiero. Quelle che sono fatte per disturbare da quelle che possono dire qualcosa su cui riflettere», dice Fraccacreta. «Io sono originario di San Severo in provincia di Foggia. Vicino a casa leggevo sempre una scritta: ‘Sulla cresta una storia onesta’. Una frase surreale che mi è rimasta impressa. Il senso era nel suo nonsenso». Il contesto della scritta gioca un ruolo fondamentale. Il muro è un luogo romantico. I graffiti, tantopiù quelli erotici, andavano forte già nell’antichità, a Pompei, Alessandria d’Egitto, Roma. Si viene sempre illuminati da quello che non ci si aspetta di trovare dietro l’angolo.
L’AMORE «Ti vengo a prendere dove ci siamo persi» è scritto da qualche parte, su un pezzo di parete sbreccata. I messaggi murali più struggenti in fondo non riguardano certo la politica o il calcio. Sono quelli degli innamorati che aspettano. I nuovi Dante e Petrarca in attesa di un messaggio dell’amata. Con i rischi del caso. Esistono infatti anche dichiarazioni parietali con risposta: «Quando mi vieni a prendere?» «Mai». Con impressionante omogeneità geografica, gli innamorati di tutto il Paese si esprimono. Con grande poesia: «Sei il quadro giusto per il mio chiodo fisso» e, in caso di delusione, fino a toccare le corde dell’invettiva: «Mi manchi, ma fai schifo». «Ti amo anche se mi hai buttato al cesso». Fino all’inarrivabile sfogo, in un bagno pubblico: «Fare l’amore con te è stato come lanciare un salame in un corridoio».