Il Sole 24 Ore, 21 agosto 2018
Il Venezuela allo stremo gioca la carta del bolivar sovrano
L’ora X è scattata ieri. Il Venezuela vive un passaggio storico: sarà l’inizio di una nuova fase o un crack finanziario? Per ora è il caos a regnare sovrano in un Paese squassato da una lunga crisi.
Il governo di Nicolas Maduro ha introdotto una nuova moneta, la seconda degli ultimi dieci anni: il bolívar sovrano da oggi sostituisce il bolivar forte. La nuova moneta avrà cinque zeri meno della precedente e sarà strettamente vincolata alla criptomoneta venezuelana denominata “petro”, garantita dalle riserve petrolifere del Paese. Il petro ha un valore di 3.600 bolívar sovrani, ovvero 60 dollari. Lo stipendio base sarà di 30 dollari al mese, ovvero mezzo petro.
Un’operazione mirata a cambiare registro monetario e generare stabilità: immaginare una ripartenza in un Paese che registra un’inflazione vicina a 1.000.000 per cento.
Le altri misure di Maduro sono queste: liberalizzazione del mercato dei cambi, aggiornamento di 36 volte del salario minimo e fissazione dell’Iva dall’attuale 12 al 16%.
Le nuove monete saranno da 0,50 e un bolívar, mentre le banconote avranno il valore di 2, 5, 10, 20, 50, 100, 200 e 500 bolívar, sostituendo le vecchie da 1.000 e fino a 100.000 bolívar introdotte nel 2016-17.
L’opposizione ha reagito con forza a fronte di misure che inevitabilmente generano grande confusione tra la popolazione e incertezza tra gli operatori economici. Oggi è previsto uno sciopero generale contro il pacchetto di misure del presidente Maduro. Uno dei dirigenti del partito di opposizione, Causa R, Andrés Velásquez, ha dichiarato: «Abbiamo deciso di rispondere a Maduro con uno sciopero nazionale di ripudio, disprezzo e malessere totale del popolo venezuelano».
La grande operazione cambiaria è stata effettuata a mercati chiusi, nel fine settimana, bloccando qualsiasi operazione bancaria elettronica.
Una situazione analoga si è registrata poche altre volte, in passato: in Germania nel 1923, nello Zimbabwe al fine del primo decennio del 2000 e in Argentina nel 2001, in occasione del default.
Il «Piano di rilancio dell’economia» – l’ennesima manovra da quando Maduro ha assunto le redini del governo dopo la morte di Hugo Chávez – arriva dopo una grave recessione economica. La ripresa del prezzo del greggio (ora attorno ai 60 dollari) non è bastata a dare ossigeno a un sistema economico disarticolato. Maduro, in un discorso televisivo a reti unificate, ha ribadito che il Petro «sarà il meccanismo di ancoraggio l’equilibrio valutario di moneta, salario e prezzi». Rivolgendosi agli imprenditori privati accusati spesso di condurre una “guerra economica contro il popolo”, ha esclamato: «Avete dollarizzato i prezzi, ed io allora ’petrolizzo’ non solo i prezzi, ma anche il salario».
La transizione genera inevitabilmente grande confusione e molti negozi hanno annunciato la chiusura al pubblico per una settimana, in modo da poter valutare e comprendere meglio le regole delle nuove transazioni.
Maduro ha inoltre dichiarato che il governo si accollerà per 90 giorni il differenziale salariale che dovranno pagare le piccole e medie imprese, in modo da non generare ulteriori spinte inflazionistiche. E assegnerà a circa 10 milioni di venezuelani, possessori del Carnet della Patria, un buono di “aiuto alla riconversione” del valore di 600 bolívar sovrani, circa 10 dollari.
Moises Naim, politologo venezuelano residente negli Stati Uniti, esprime grande preoccupazione: «Gli investimenti nel settore petrolifero sono crollati e il supporto di Cina e Russia è meno esplicito. Sarà il ruolo dei militari venezuelani, finora fedeli a Maduro, a definirne le sue sorti».