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 2018  agosto 21 Martedì calendario

Michela Andreozzi non vuole figli perché è egoista, e non se ne vergogna

Michela Andreozzi, attrice, sceneggiatrice, comica, regista del film Nove lune e mezza e conduttrice radiofonica, 49 anni, da due al secondo matrimonio, è la nuova portabandiera delle donne che non vogliono figli. Sul tema, ha appena scritto un libro, «Non me lo chiedete più», edito da HarperCollins. E non ha paura di dire «la bimba che, in spiaggia, schizza di sabbia le persone per la mamma è caruccia, per me no».
Lei si definisce «childfree» e non «childless». Qual è la differenza?
«Avrei voluto un neologismo italiano che non c’è e per il quale apro un concorso. Childless è una donna priva di figli, ma che li voleva. Childfree è una donna libera dai figli, che ha scelto di non averli, non si sente in colpa per questo e non ne può più di doversi giustificare perché non ne ha».
Che cosa «non le devono chiedere più»?
«La gente fa domande indelicate. Chiedere come va con le ovaie o a che punto è la menopausa non è come chiedere se sei bionda naturale».
La scena del tassista raccontata nel libro è vera?
«Verissima. Mi chiede “lei ha figli?”. E subito: “Aha, non sa che si perde”. Gli ho attaccato una filippica: “Lei ha idea del motivo per cui non li ho? Se l’ho scelto o se mi è capitato? Se ho combattuto o mi sono arresa? Se non trovo un uomo o sono stata mollata? O sono vedova? Se proprio ora sono sotto ormoni per averli?”. Si è scusato. Ha detto: “Signori’, je giuro su San Fiacrio, protettore dei tassinari, che ’sta domanda non la farò più a nessuno”».
C’è stato un momento in cui pensava di volere dei figli?
«Il mio primo marito desiderava una famiglia e ho creduto di volerla anch’io. Il figlio l’abbiamo cercato, non è arrivato. Davanti alla prospettiva di seguire un protocollo per restare incinta, ho capito che non lo volevo a tutti i costi, ma che stavo aderendo a un modello inculcato dall’esterno. Oggi c’è il mito della maternità, le donne dicono “niente rende più complete”, ma per essere madri bisogna essere supereroine e, a me, la tutina da Wonder Woman cade male».
Il vero tabù che infrange è ammettere «non ho figli perché sono egoista».
«Ho fatto coming out appena me ne sono resa conto ed è stata una delle scelte più salutari della mia vita. Amo dormire fino a tardi, leggere, scrivere, stare da sola. Mangiare quel che mi pare senza dover educare nessuno al cibo sano. Voglio spigoli in casa, voglio viaggiare. Mi piace poter dire, senza preavviso, “partiamo”. E poi partire. Io e mio marito lo possiamo fare, lo facciamo spesso».
Immagino che suo marito, l’attore Massimiliano Vado, sia altrettanto convinto.
«È un matrimonio molto felice, è stato bello imbattersi, dopo i 45 anni, in una seconda vita ricca. Tutto quello che abbiamo e che amiamo non sarebbe lo stesso se avessimo figli. Potrebbe essere migliore, forse, ma abbiamo già tutto che quello che vogliamo. Non è che bisogna essere Margherita Hack per fare questa scelta. Una maestra di Avellino mi ha scritto che preferisce non avere figli per avere soldi per viaggiare, ma che si vergogna di dirlo a sua madre perché significherebbe ammettere che non le va la vita che ha fatto lei».
Scrive: «Siamo tante, è arrivato il momento di farci sentire». Per dire cosa?
«Che non siamo donne di serie B. Nei colloqui di lavoro, se vuoi figli, non vai bene perché poi vai in maternità, se non ne vuoi, neanche va bene: sei “inaffidabile”, come se alla donna senza l’istinto materno mancasse il superpotere della cura».
Lei arriva a confessare di detestare i bambini, «perché sporcano, urlano, hanno sempre un’emergenza».
«È difficile ammetterlo. Tranne quando trovi un bimbo che non smette di strillare su un volo di nove ore e capisci che non ha special needs, ma solo un problema di gestione e di educazione. Di recente, andando a Lampedusa, c’era una madre con tre figli. La piccola si è piazzata tutto il tempo in braccio a una passeggera, l’ha stordita di parole, sporcata con le merendine. E io leggevo l’imbarazzo della malcapitata nel non voler chiedere alla mamma di riprendersela. Poi, non è che io detesti i bambini, sono zia di nipoti che amo tantissimo, ma essere zia ha il vantaggio che a una certa ora si finisce».
Davvero sogna voli vietati ai bambini?
«Mi piacerebbe la possibilità di scegliere. Ci potrebbero essere voli specifici per le famiglie, con Kindergarten e baby sitter».
La dittatura del passeggino da lei teorizzata cos’è?
«Quella dei passeggini sempre più grandi, enormi doppi tripli. Passeggini sugli stinchi, sui sandali aperti, passeggini che sugli autobus uccidono ma restano impuniti. Con un passeggino puoi passare ovunque: la gente ti sorride, sei mamma, vuol dire che hai un cuore».
Sui social sono più quelli che la attaccano o la apprezzano?
«Molte donne mi ringraziano. Ma, quando mi attaccano, sento l’accanimento: “Essere madre è la cosa più bella del mondo… Tu non hai capito il senso della vita”. Credo che se inveisci come a escludere ogni mia ragione di esistere, nascondi l’autodifesa di un mondo che altrimenti ti va in crisi. Mi fa aggiungere una cosa?».
Prego.
«Vorrei che questo Paese iniziasse ad aiutare le mamme. Molte sono non madri non per scelta».