Libero, 20 agosto 2018
Il cretino di sinistra, da Sciascia a oggi
C’è un libro di Leonardo Sciascia, Nero su Nero, uscito nel 1979 e recentemente riproposto da Adelphi, che nelle sue ultime pagine contiene un annuncio clamoroso: «Intorno al 1963 si è verificato in Italia un evento insospettabile e forse ancora, se non da pochi, sospettato. Nasceva e cominciava ad ascendere il cretino di sinistra: ma mimetizzato nel discorso intelligente, nel discorso problematico e capillare. Si credeva che i cretini nascessero soltanto a destra, e perciò l’evento non ha trovato registrazione. Tra non molto, forse, saremo costretti a celebrarne l’Epifania». Naturalmente è sempre stato facile (e lo è anche oggi) individuare, mettere all’indice e fustigare il cretino di destra, di centro o il cretino generico e apolitico. Ma quello di sinistra no. Tuttora si fa fatica a trovare segnalazioni delle sue gesta nelle narrazioni ufficiali del nostro tempo che sono i giornali. Lo scrittore siciliano – pur avendo un rapporto di prossimità con la Sinistra – aveva notificato l’evento epocale della sua nascita sperando se ne seguissero le imprese, ma sapeva che sarebbe stato deluso. Lui del resto aveva un interesse speciale per i cretini di ogni tipo. E proprio in quel libro aveva colto una svolta antropologica, lamentando il fatto che non ci sono più i cretini di una volta. S’imponevano nuove tipologie di stupidità umana: «È ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia cretino’ e dunque una certa malinconia, un certo rimpianto tutte le volte ci assalgono che ci imbattiamo in cretini adulterati, sofisticati. Oh i bei cretini di una volta! Genuini, integrali. Come il pane di casa. Come l’olio e il vino dei contadini». Quello zibaldone di pensieri e di considerazioni letterarie che è Nero su nero, fra gustose pagine dedicate a Pirandello, Tolstoj, Tomasi di Lampedusa, Stendhal, alla Sicilia e alla Toscana, contiene, disseminati qua e là, formidabili frammenti di una ‘fenomenologia del cretino’. Qualche perla. «Mark Twain diceva che ‘ogni minuto nasce un imbecille, tutto sta nel saperlo trovare’; ‘L’imbecillità è molto più complicata dell’intelligenza’; ‘Dei cretini intelligentissimi. Sembra impossibile: ma ce ne sono».
CONFRONTO CON FLAUBERT
Spunti che fanno intravedere l’abbozzo di un divertente ‘Bouvard e Pécuchet’ che lo scrittore siciliano avrebbe potuto scrivere. Ma forse a Sciascia mancò la perfida misantropia di Flaubert per mettere ferocemente in scena degli ‘idiots savants’ e darci un affresco della generale stupidità del suo tempo. Resta però l’intuizione dell’avvento di nuove forme di stupidità informata e colta, intuizione che sembra quasi profetica visto che oggi i media vedono tale stupidità dispiegata pienamente grazie all’avvento di internet e dei social. C’è del vero naturalmente. Ma siamo sicuri che proprio i media non ne siano un palcoscenico ancor più raffinato e salottiero’ In effetti Bouvard e Pécuchet sembrano precorrere i tempi dei ‘leoni da tastiera’ ed è divertente immaginare cosa avrebbe potuto scrivere Flaubert dell’epoca di Google, ma i media non sono un teatro élitario e colto della stupidità del nostro tempo’ Lasciamo ai posteri l’ardua sentenza. Sarebbe interessante sapere cosa ne direbbe oggi Sciascia e come, lui che ne annunciò la nascita, racconterebbe l’evoluzione del ‘cretino di sinistra’ negli anni in cui – scomparso il comunismo – imperversa nel mondo il conformismo ‘politically correct’.
BRIGATE ROSSE, NON NERE
Lo scrittore siciliano visse gli anni Sessanta e Settanta e – pur avendo un personale rapporto con la Sinistra – avvertì allora che «una nuova formidabile ondata di conformismo sta per abbattersi sul nostro paese (‘) tanto più grave nella misura in cui è spontanea, non mossa dalla preoccupazione del pane quotidiano’ Tra la gente di buon senso non si trova più uno disposto a dichiararsi anticomunista». Anzi «non si trova più uno che non abbia simpatia per i comunisti, che non abbia in loro fiducia, che non speri vadano finalmente al governo e presto». Era un conformismo che impediva di vedere perfino l’evidenza. Sciascia ricorda quando si trovò a sostenere «che le Brigate Rosse erano rosse e non nere come tutti i partiti del cosiddetto arco costituzionale desideravano che fossero, volevano». E si chiede: «Possibile che in un paese in cui tanta carta stampata quotidianamente si muove, tante analisi si fanno e tanti ingegni vi si provano’ possibile che io sia stato il solo, l’unico, ad arrivare a una così semplice verità’». Ironizzando un giorno su un manifesto del Pci che si diceva di lotta e di governo fu aspramente ripreso da un militante che ‘dandomi quasi dell’ignorante’ spiegò che «in Polonia, il Partito Comunista appunto lottagoverna: com’è che non me ne rendo conto’ Sono rimasto talmente allibito, o forse addirittura sconvolto, che credo di non aver saputo dargli una risposta, almeno nella forma, persuasiva».
UNA VOCE LIBERA
In un altro intervento di quegli anni Sciascia notò: «Il guaio della sinistra in Italia è di aver seminato una doppia morale: una cosa è giusta se è fatta da un uomo di sinistra o da un gruppo o da un partito di sinistra; sbagliata se fatta da un uomo di destra». In Nero su nero lo scrittore torna sull’argomento e spiega: «a me, uomo di sinistra, è permesso, è lecito, è da approvare quel che non è permesso, è illecito, è riprovevole a un uomo di destra. Pericolosissimo principio, se si considera la facilità, e a volte la comodità, con cui si può essere uomo di sinistra, oggi». Un altro flash sull’epoca del conformismo di sinistra: «Il più bello esemplare di fascista in cui ci si possa oggi imbattere’ è quello del sedicente antifascista unicamente dedito a dar del fascista a chi fascista non è». Poi cita il caso di «una ragazza molto rivoluzionaria che ha sposato un uomo molto ricco» e che diceva di Dubcek: «Era un fascista». Non è detto che oggi siamo tanto lontani da questo clima. Però non abbiamo più grandi voci libere come Sciascia. www.antoniosocci.com