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 2018  agosto 20 Lunedì calendario

Blockchain, la rivoluzione che ci sta cambiando la vita

Quando Paolo Tasca sale sul podio e comincia a parlare sa che la curiosità intorno alla sua lezione è pari all’impreparazione del pubblico. «Un’idea vaga ce l’ha il 5%, un’idea precisa non più dello 0,5%». Deve raccontare qualcosa che sta nascendo sotto i nostri occhi e che nella sua sconcertante rapidità è un trionfo di contraddizioni. 
Quell’oggetto misterioso e intrigante è la  blockchain, la «tecnologia dei blocchi» che ha dato vita al bitcoin e ad altre 1780 criptovalute – monete inventate, decentralizzate e digitali – e che in realtà è in grado di cambiare tutto. Non solo di marginalizzare dollari ed euro, ma di reinventare il modo di fare business e il pagamento delle tasse, il controllo della qualità dei cibi e lo scambio di dati tra scienziati.
Intrecciata ad altre meraviglie, non meno enigmatiche, come l’Intelligenza Artificiale e il Big Data, il cloud computing e la stampa 3D, la blockchain celebra il primo decennio di vita: la vulgata vuole che sia stata concettualizzata nel 2008 da un certo Satoshi Nakamoto, ma nessuno può giurare se sia davvero un umano o il nomignolo di un gruppo di genialoidi. Di sicuro realizza ciò che le tecnologie emergenti del XXI secolo sono bravissime a fare: mandano in frantumi il vecchio mondo e ne assemblano con stupefacente rapidità uno inedito, nel quale fatichiamo ad ambientarci. «E infatti assistiamo a una dicotomia: le nicchie di pochi che sanno e implementano e tutti gli altri, per lo più ignari, che non sfruttano il tool box, la “cassetta degli attrezzi” offerta dall’innovazione».
Universo immateriale
Economista digitale, fondatore allo University College di Londra di un centro di ricerca dedicato proprio alla blockchain, consulente di aziende e organismi internazionali, Tasca ha a che fare in continuazione con la cassetta degli attrezzi, simile a un libro di formule magiche: «La blockchain ne fa parte a pieno titolo – dirà domani in uno degli incontri di “Rimini Meeting” -: permette nuove forme di architettura dei software che connettono computer e individui, ma anche aziende e organizzazioni. Così comunicano e si scambiano informazioni ed effettuano transazioni. Senza la necessità di intermediari».
Ecco il punto. Man mano che descrive la nuova rete e dirada la nebbia di cui è circonfusa, Tasca ne fa emergere l’intima natura. Quell’universo immateriale e quindi refrattario ai tentativi di visualizzarlo, come gli algoritmi o le reti neurali, è un super-Internet di ultima generazione: l’evoluzione hi-tech, che a differenza di quella biologica inganna i tempi lunghi, ha generato un prodotto più trasparente e democratico. E dalle applicazioni universali. Sebbene pochi sappiano gestirlo – ecco una contraddizione – è potenzialmente aperto a tantissimi. Con conseguenze globali.
Processi virtuosi
«Pensiamo alle logiche di business, dai prodotti ai servizi. Di fronte abbiamo la  platform economy, la quale investe meno negli asset aziendali e di più nel network». Traducendo nell’esperienza quotidiana, significa, per esempio, che ogni smartphone diventa una super-filiale bancaria, personalizzata e aperta 24 ore su 24, mentre ogni dato, scambio e contratto è tracciabile nel suo percorso e sicuro da manipolazioni criminali o cadute del sistema. Ecco un altro paradosso: se la blockchain si porta dietro un’aura oscura, maturata nel  dark web  delle transazioni ambigue e illegali, ora che si propaga nel web delle masse, colonizzato da Google e Facebook, dimostra capacità inattese: «Sa autocorreggersi e reagire a virus e utilizzi fraudolenti di hackers». Insomma – spiega Tasca – mette in moto processi virtuosi.
Lo sanno, tra gli altri, i giovani impegnati nel far sbocciare le start up (le quali, non a caso, puntano su menti sintetiche, nanotecnologie e Internet delle Cose). Invece di cercare soldi con l’approccio tradizionale scoprono la formula che gli addetti ai lavori conoscono come «initial coin offering». «Si tratta – sottolinea Tasca – di ottenere finanziamenti attraverso piattaforme ‰ali, disegnate su scambi in criptovalute». I bitcoin e le «sorelle» movimentano un valore intorno ai 200 miliardi di dollari (pochi, se paragonati ai trilioni dei derivati), eppure – è un’ulteriore contraddizione – il processo si rivela creativo e versatile.
A dimostrarlo è il centro di Tasca: collabora con il World Food Program per registrare con accuratezza gli aiuti ai Paesi più poveri e intanto gli «sherpa» di molti governi pensano di ricorrere alla blockchain e creare sistemi ad alta efficienza per i dati sanitari o per il fisco. E, allora, la rivoluzione ci migliorerà la vita? Forse sì o forse no. È possibile – è un ennesimo paradosso – che, mentre si diffonde, la blockchain condivida il destino di altre tecnologie avanzate. «Tra un decennio potrebbe non esistere più, sostituita da qualcosa che ha contribuito a creare e che ancora non immaginiamo».