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 2018  agosto 20 Lunedì calendario

Tra i cacciatori di balene. “Noi costretti a uccidere”

La vita dei faroesi oscilla tra modernità e tradizioni antiche, condizionate dal clima ostile dell’Atlantico del Nord, dove quasi tutto ciò che si consuma deve arrivare via nave. Da queste parti la caccia alle balene è un pilastro dell’identità degli isolani, che non si sentono né di rinunciarvi, né di dover dare giustificazioni. Uno stile di vita che non va di moda, e loro lo sanno bene, ma una volta sulle isole, il clamore internazionale per la mattanza si sente poco. Sigert, ha 38 anni ed è uno degli abitanti che ha il permesso di cacciare le balene. 
Lui faroese, la moglie Alika è metà danese e metà groenlandese. Hanno una fattoria vicino alla minuscola capitale Thorshavn (il porto di Thor). Tre bambini piccoli giocano a ridosso del tavolo dove si pranza, e Alika spiega che la carne di balena si consuma un paio di volte al mese. Non di più, a causa del contenuto di mercurio che si accumula in un animale longevo, che si nutre di altri pesci. «A me piace molto anche la pelle cruda, è un sapore dell’infanzia, quando vivevo in Groenlandia. Lassù le chiamiamo vitamine del mare per le proprietà nutritive». 
Tra le pietanze in tavola c’è la carne di pecora fermentata (cugina sciapa del prosciutto), pesce secco col burro, due versioni della carne di balena e, in più, il grasso, un po’ duro, che si mangia a bocconcini insieme alle patate.
Dal 1986 è in vigore una moratoria internazionale contro la caccia alle balene, dopo che diverse specie sono andate vicine all’estinzione per l’eccesso di pesca. Ma sulle isole Far Oer la caccia continua. Spiega Sigert: «Noi cacciamo le balene pilota che non sono in via d’estinzione. Ne prendiamo circa 900 l’anno su un popolazione totale di quasi 800 mila. Il divieto poi non riguarda la caccia per consumo locale. Non facciamo export, noi mangiamo la carne di balena. E non le andiamo a cercare in mare aperto. Aspettiamo che vengano da noi, come abbiamo sempre fatto».
Come avviene la caccia?
«Quando un branco di balene, per lo meno una trentina, viene avvistato nelle acque basse vicino la costa si avvisano le autorità e la gente del posto scende in spiaggia. Arrivano di solito tra le mille e le duemila persone. C’è chi sta sulle barche, che formano un semicerchio intorno al branco e lo spingono verso la costa, e chi aspetta sulla spiaggia per tirarle su».
Vendete la carne poi?
«La caccia è una tradizione che non ha nulla a che fare con i soldi. I primi pezzi, quelli più buoni, vengono dati alle case di riposo, perché le generazioni più anziane sono cresciute a carne di balena. Poi viene distribuita ad altri che per vari motivi non possono partecipare. Dopo si divide il resto tra i partecipanti. Un responsabile delle forze dell’ordine annota la funzione che ciascuno ha svolto e, in base a questo, ricevi la tua parte. È normale portare a casa intorno ai 20 kg».
Non ci sono professionisti?
«No, chi fa la mattanza deve avere il permesso di farlo, ma è uno sforzo comune. Non si sa mai quando vengono le balene. Può succedere un paio di volte all’anno o anche per niente. Su una delle isole non arrivavano da 40 anni e, quando finalmente le balene si sono avvicinate, solo gli uomini adulti sapevano come fare la mattanza. Del resto, se non fosse per la caccia alle balene, oggi non ci sarebbe più nessuno sulle Isole Far Oer, la popolazione sarebbe morta di fame». Sigert aveva 13 anni quando ha ammazzato la sua prima balena, la paura la devi mettere da parte, non però la concentrazione: «Un animale adulto – dice – pesa tra i 700 e gli 800 kg. Prima gli si tagliava la gola in mare aperto, ora non si fa più, devono arrivare sulla costa».
Alika si alza dal tavolo e prende dalla parete un attrezzo di ferro, un lungo tubo appuntito di qualche centimetro di diametro, e ci spiega. «È un mønustingari. Si infila con forza dentro lo sfiatatoio della balena e, così, si taglia il midollo spinale dell’animale che muore dopo pochi secondi». 
C’è stata un’evoluzione nella caccia alle balene?
«Fino a 15 anni fa c’erano poche regole e ognuno faceva un po’ da sé. Adesso le autorità devono essere presenti sul posto e sono loro a custodire gli attrezzi che usiamo. È stato vietato l’uso di corde sintetiche perché a volte si spezzavano e una parte rimaneva intorno alla balena, come un elastico. Siamo tornati a usare corde naturali che tengono meglio l’animale».
Durante la mattanza il mare si tinge di rosso per l’enorme quantita’ di sangue. I bambini non si spaventano?
«È cibo». 
In che senso?
«È cibo, punto. Mangi la carne? Senza sangue non c’è cibo».
Sono solo uomini ad ammazzare le balene?
«Prima si, ma ora le cose sono cambiate. Non so se le donne vengono incoraggiate, ma sono benvenute e chi lo fa direi che acquisisce uno status speciale». 
Da sotto il tavolo sorride Maria Inaluk, ha quattro anni, ricci gialli e gli occhi a mandorla della madre. 
E se un giorno Maria Inaluk volesse farlo?
«Sarei orgoglioso».