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 2018  agosto 20 Lunedì calendario

Ora la Grecia cresce più dell’Italia

Oggi finisce il “terzo programma di aggiustamento economico” della Grecia, avviato nell’agosto del 2015, a fronte dell’assistenza finanziaria concessa al Paese. Le “istituzioni” (si è deciso di non usare più il brutto termine “troika”) che hanno presieduto al programma, imponendo al governo e al Parlamento greco dettagliati provvedimenti da adottare in molti diversi settori, sono la Commissione Europea, la Bce, il Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) e il Fondo Monetario Internazionale. 
La politica del rigore
La Grecia non esce dalla cosiddetta austerità, anzi: dovrà subire severi controlli periodici (a cominciare dal prossimo autunno) circa l’effettiva implementazione dei provvedimenti di aggiustamento concordati con le “istituzioni” e ancora per molti anni dovrà mantenere un avanzo primario nei conti pubblici che molti giudicano eccessivo fino a risultare insostenibile. L’economia greca è in ripresa – il Pil cresce più che da noi – con particolare riguardo alle esportazioni e al turismo; ma è ancora molto più povera di quando la sua crisi fu ufficializzata, più di otto anni fa. La svolta positiva forse più rilevante che è ora attesa è il ritorno della Grecia ai mercati finanziari internazionali privati sui quali da tempo non ha accesso per finanziarsi. La differenza fra i tassi di interesse pagati dalla Grecia e quelli pagati dall’Italia è molto diminuita (in un modo che dovrebbe preoccuparci visto il rapido aumento in corso dei nostri tassi) anche se i suoi titoli sono considerati ancora peggiori dei nostri e inclusi nelle categorie a rischio sostanzialmente incalcolabile. 
Dieci anni di crisi 
Durante quasi un decennio di gravissima crisi la Grecia ha ricevuto in forme diverse assistenza finanziaria per cifre che possono calcolarsi in molti modi ma sono nell’ordine delle centinaia di miliardi di euro. Per l’Ue il caso greco, ancor più di quelli degli altri Paesi “salvati” (Irlanda, Spagna, Portogallo e Cipro), è stato un laboratorio per fare evolvere i meccanismi di solidarietà finanziaria. All’inizio si trattava di prestiti bilaterali improvvisati e più artigianali mentre oggi abbiamo un meccanismo intergovernativo chiaramente istituzionalizzato tramite il Mes, al quale anche l’Italia partecipa con somme rilevanti. La massiccia assistenza ricevuta ha consentito alla Grecia di mettere un po’ di ordine nel comportamento della sua finanza pubblica; ha permesso di ricapitalizzare le sue banche che oggi sono in discrete condizioni e in grado di fare almeno un poco il loro mestiere a favore dell’economia greca; ha guidato l’impostazione di una vasta gamma di riforme strutturali nei settori più diversi, dal sistema giudiziario a quello pensionistico, dalla tassazione alla regolazione della distribuzione commerciale: un vero e proprio processo di modernizzazione. Ci sono ragioni per pensare che senza l’assistenza e il condizionamento dei finanziatori esterni la Grecia sarebbe precipitata in un caos di svalutazione, inflazione e deterioramento politico. Anche per questo ha poco senso discutere se sarebbe stato opportuno un suo abbandono dell’euro o dell’Ue.
Gli errori 
È vero però che la gestione della crisi greca da parte delle istituzioni che hanno provveduto ai finanziamenti e dettato le politiche di aggiustamento ha avuto limiti e difetti, oggi riconosciuti più o meno ufficialmente dalle stesse istituzioni. Sarebbe stato opportuno riconoscere più chiaramente che il debito greco non verrà mai rimborsato interamente e ridurne ufficialmente l’ammontare. Ciò equivale a riconoscere con più schiettezza che la crisi greca è anche colpa della spregiudicata imprudenza di chi ha prestato alla Grecia. Oggi però questo riconoscimento è più difficile perché il creditore principale della Grecia è diventata la Bce. A ciò si collega un altro limite dell’aiuto erogato dalle istituzioni: una gran parte di quell’aiuto è stata usata per rimborsare le banche (soprattutto tedesche e francesi) che avevano in modo incauto e speculativo inserito titoli e prestiti greci in portafoglio. Fra coloro che spesso sottolineano questo limite non manca però chi dimentica che la stabilità di quelle banche era un patrimonio da difendere nell’interesse di tutta l’Europa e non solo. 
L’eccesso di severità di alcune delle condizioni imposte alla Grecia, compreso l’impegno del 3,5% di avanzo primario che oggi si fa finta di aver ottenuto dalla Grecia per tanti anni a venire, avrebbe potuto essere minore se il default greco fosse stato riconosciuto subito, già nei primi anni di crisi, per quel che era, cioè una perdita secca per chi aveva prestato alla Grecia. Forse anche le condizioni imposte dai “podestà stranieri” in cambio del salvataggio avrebbero così potuto essere meno invasive, più discrete, più rispettose di alcune fondamentali priorità sociali, come l’assistenza sanitaria e quella alla povertà più grave, che solo negli ultimi tempi le istituzioni finanziatrici hanno saputo riconoscere.