la Repubblica, 20 agosto 2018
«Studio la mente di chi gioca e vinco al poker»
Guadagnare 230 mila dollari in un anno col poker? Si può, se sei una giornalista scientifica e sai mettere a frutto le interviste fatte agli psicologi per i tuoi scritti. Lo ha fatto Maria Konnikova, trentaquattrenne nata a Mosca, una delle firme più apprezzate del giornalismo scientifico americano: ha lavorato per New York Times e New Yorker. E ha scritto due libri, ma è stato pianificando il terzo, The biggest bluff, che ha avuto un colpo di fulmine: il poker, nella variante “Texas hold’em”. «È tutta colpa del grande matematico John von Neumann, il padre dei computer», ricostruisce Konnikova. Lei era in cerca di idee per il suo nuovo libro, girando attorno al tema “fortuna contro abilità, cosa fa di un giocatore un vincitore?”. E si imbatte nel trattato di von Neumann sulla teoria dei giochi. «Che nasce dal poker», spiega: «Ho capito che per indagare sul tema che mi stava a cuore, il poker è perfetto. Perché, a differenza degli scacchi, dove tutto è visibile e c’è sempre la mossa giusta, è un gioco a informazione incompleta. E in questo assomiglia alla vita, dove prendiamo decisioni consci di non sapere tutto ciò che c’è da sapere». Così contatta il pokerista che ha la più lungaserie di successi, Erik Seidel, per intervistarlo. «Il primo incontro – racconta – è stato imbarazzante: io ho premesso di sapere poco o nulla sul poker, e quando lui mi ha chiesto se almeno sapessi con quante carte si gioca, ho risposto: “54”.
Persino oggi ogni tanto Erik mi chiede se sto ancora aspettando i due jolly!». Seidel propone a Maria di sedere al tavolo, naturalmente a Las Vegas. La porta al Golden Nugget, e le dice di studiare gli stili e le personalità dei vari giocatori perché, ricorda la scrittrice: «A seconda della persona che hanno di fronte i pokeristi adottano strategie diverse. A un certo punto si è seduto al tavolo un baro: uno di quelli che fingono di non sapere bene le regole del poker per indurti a sottovalutarli, e che poi però ti riducono sul lastrico. Appena ho capito la sua tattica, ho esclamato “Ehi, ma io ho letto cosa fanno le persone come te!"». Già, perché Maria sta lavorando al suo libro e sta leggendo trattati e manuali dove le tecniche del tavolo sono raccontate e sviscerate. L’eccitazione è quella di chi trova nei gocatori in carne e ossa le tracce delle teorie. «Il poker è diventato una sfida con me stessa: ho iniziato a dedicargli 9-10 ore al giorno. Studiando le partite dei campioni. Leggendo.
Giocando, perché non c’è altro modo di capire davvero le personalità dei miei avversari», spiega. E racconta di quelli che sottovalutano le donne e trovano umiliante dire “passo” davanti a loro. «Appena li individuo, so che con loro bluffare sarà controproducente perché tanto verranno lo stesso, per puntiglio, a vedere le mie carte. Invece bluffo con quelli che pensano che le donne non siano abili a bluffare».
Konnikova ha un vantaggio: un dottorato in psicologia con Walter Mischel, grande studioso dell’autocontrollo. «È una dote cruciale per il poker – sottolinea – così come conoscere le fallacie in cui incappa il pensiero». Un esempio? I costi irrecuperabili. «È un errore che facciamo quando abbiamo investito soldi – energie, emozioni – in qualcosa, e invece di capire che a un certo punto conviene lasciar perdere, continuiamo a investirci per non vanificare quanto già speso prima».
In un continuo rimando tra le cose apprese per il suo dottorato, quelle imparate dalle interviste agli psicologi e ai giocatori professionisti, lei costruisce la sua teoria del gioco. E vince. Anche se, aggiuge: «È utile saper dire “passo” più spesso». Ora che è ricca e in carriera sul tavolo verde, continuerà col giornalismo? «Cos’è: vuole farmi dire “passo”?»