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 2018  agosto 20 Lunedì calendario

I segreti delle fondazioni politiche. Solo il 3% rivela i finanziatori

Chi finanzia i partiti in Italia, oggi? Quali sono le aziende e gli imprenditori che sostengono Lega, Pd, 5 stelle, Forza Italia e gli altri? Lo scontro sui soldi dati alla politica dai Benetton tra il ministro Luigi Di Maio, che accusa il Pd di averli ricevuti in cambio di favori alla società Autostrade, e l’ex segretario dei dem Matteo Renzi che replica indignato, rimette al centro del dibattito queste semplici domande. Alle quali dare una risposta oggi è di fatto impossibile perché nessun partito, M5S compreso, rende noti gli elenchi dei finanziatori. Tutti invocano il rispetto della privacy di chi vuole sostenere una causa politica. Così, nei bilanci dei partiti, non ve n’è traccia e nella giungla delle fondazioni che fanno riferimento al politico di turno men che meno: secondo un dossier di Openpolis, su 102 fondazioni politiche, solo sei pubblicano nei loro siti un elenco di finanziatori, ovvero il 2,97%. Tra queste la Open di Matteo Renzi. Ma tutto avviene su base volontaria e senza alcun obbligo. Chi vuole sapere se i Benetton o altre grandi aziende o imprenditori abbiano finanziato un partito, rimarrà nella maggior parte dei casi senza risposta. La verità è che è stato abolito il finanziamento pubblico, prevedendo solo la possibilità di ottenere contribuzioni dal 2 per mille delle dichiarazioni dei redditi, ma non sono state previste regole per definire in maniera chiara e trasparente il rapporto tra imprese e lobby da un lato e partiti e politici dall’altro. Il risultato è un Far West.


I bilanci dei partiti svuotati
Spulciando gli ultimi magri bilanci ufficiali di Lega, Pd, Forza Italia e dell’associazione Rousseau per i 5 stelle, non si trova nulla. I dem mettono alla voce "contribuzioni da persone giuridiche" 185 mila euro nel 2017 e 545 mila euro nel 2016. Ma chi sono i finanziatori non si sa. La Lega iscrive a bilancio appena mille euro di "contributi da persone giuridiche" e un milione di euro da "persone fisiche" mettendo in elenco, di fatto, tutti i parlamentari che versano il contributo al partito. Forza Italia nell’ultimo bilancio approvato mette in entrata 320 mila euro di contributi ricevuti da imprenditori e società. E nella nota integrativa compare un piccolo elenco di aziende: tra queste, con un contributo che varia dai 10 ai 20 mila euro, la Italcanditi spa di Pedrengo, la L3sas di Arezzo, che si occupa di assicurazioni, la Sanambiente service di Roma e la Ecofast sistema srl, azienda di pulizie e disinfestazioni. Per il resto nulla: anzi, compaiono una decina di donazioni da 50 mila euro ma i nomi sono omissati. Anche chi si fa portatore dello slogan della trasparenza, il M5S, in realtà non pubblica un solo nome in virtù del rispetto della privacy che prevede, senza il consenso esplicito dell’interessato, il divieto di rendere noto il nome del finanziatore. Lo scorso giugno sul blog dei 5 stelle è stato annunciato che, attraverso l’associazione Rousseau, il movimento ha ricevuto donazioni per circa 350 mila euro: «Ed ecco l’elenco dei finanziatori – si legge nel spot non c’è nessuna norma che obbliga l’associazione Rousseau a farlo, noi lo facciamo perché non abbiamo nulla da nascondere e perché la trasparenza per noi viene prima di tutto». Ma l’elenco è composto solo dalle iniziali dei donatori. Insomma, chi finanzia i 5 stelle? Nessuno, se non loro, può saperlo.


La giungla delle fondazioni
Abolito il finanziamento pubblico, da tempo ormai i capicorrente hanno deciso di finanziarsi in proprio attraverso la creazione di fondazioni. Semplici associazioni che non hanno alcun obbligo di pubblicazione dei bilanci. Secondo un approfondito studio di Openpolis, oggi in Italia sono attive 101 fondazioni riconducibili ad esponenti politici (fino al 1999 ne esistevano solo 22): la gran parte del centrosinistra e del centrodestra, ma c’è anche il Movimento 5 stelle con l’associazione Gianroberto Casaleggio e il Think thank group. Secondo Openpolis solo sei di queste associazioni pubblicano, con uno stringato bilancio, anche un elenco dei soci e dei finanziatori: si tratta dell’Aspen, della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII, della Fondazione sviluppo sostenibile, dell’Italia decide di Luciano Violante, della Symbola di Ermete Realacci e della Open di Renzi, che pubblica un lungo elenco di finanziatori dal 2014 al 2018 nel quale compare il re della chimica scomparso nel 2015, Guido Ghisolfi, il finanziere Davide Serra, ma anche l’Aiop, la potente lobby delle cliniche private. Ma tutto è lasciato alla libera iniziativa del presidente della fondazione di turno e senza alcun controllo esterno.


I finanziamenti ai parlamentari
Non va meglio per il singolo politico. Gli eletti alla Camera o al Senato devono dichiarare nello stato patrimoniale anche quanto hanno speso in campagna elettorale e chi li ha finanziati. Nessuno sostiene di aver ricevuto contributi elettorali elevati: Di Maio nel 2013 dichiarava appena 2.700 euro, Maria Elena Boschi zero. Tutti gli eletti in Parlamento e nei consigli regionali devono inoltre consegnare in Corte d’appello una dichiarazione sui finanziamenti ricevuti e sulle spese sostenute in campagna elettorale. In Sicilia nemmeno questo: lì da oltre dieci anni l’Assemblea regionale non recepisce la norma nazionale, e i magistrati della Corte d’appello hanno le mani legate. In realtà, comunque, da Milano a Palermo, oggi i finanziamenti alla politica sono a dir poco oscuri.