L’Economia, 20 agosto 2018
Come guadagna Bezos
La vera «macchina» macina-profitti di Amazon è invisibile agli occhi degli oltre 100 milioni di abbonati al suo servizio Prime e agli altri milioni clienti. È l’enorme infrastruttura informatica di Aws (Amazon web services) specializzata nei «servizi nella nuvola» alle imprese: la gestione via Internet di una serie di funzioni – compresi l’analisi di Big data, le applicazioni dell’intelligenza artificiale e il machine learning – che fa realizzare grandi risparmi ai clienti rispetto al tradizionale sistema sui computer aziendali. Fra i nuovi clienti spiccano il gigante americano telecom Verizon, la Major league baseball e la Formula uno. E così oltre la metà dei profitti operativi del secondo trimestre 2018, cioè 1,6 miliardi su 3 miliardi di dollari, è stata generata proprio da Aws, il cui fatturato rappresenta solo l’11,5% del totale. Ma il business della «nuvola» ha il margine di profitto più alto fra tutte le attività di Amazon: il 27% contro il 5,6% del totale.
I grandi investimenti che negli anni scorsi Jeff Bezos ha deciso, ignorando le critiche di chi si lamentava per le spese sostenute e le perdite accumulate, stanno producendo risultati: da tre anni Amazon non ha più chiuso un bilancio in rosso e lo scorso trimestre è stato il terzo di fila con profitti superiori al miliardo di dollari. Le vendite online continuano a fare la parte del leone con un fatturato trimestrale di 27,2 miliardi di dollari sul totale di 52,9. Ma anche nell’ecommerce contano sempre di più i servizi: quelli ai venditori «terzi» che usano la piattaforma di Amazon per pubblicizzare e distribuire i loro prodotti e che sulle proprie vendite devono pagare il 15% ad Amazon.
Le vendite in negozi fisici hanno raggiunto i 4,3 miliardi di dollari lo scorso trimestre, quasi tutti realizzati dalla catena americana di supermercati Whole foods comprata da Bezos nell’agosto 2017: è il 16% in più del fatturato che da sola Whole foods aveva raggiunto un anno fa. Un aumento dovuto agli sconti offerti da Amazon agli abbonati al suo servizio Prime che hanno iniziato a fare la spesa in quei supermercati. E che ora negli Usa pagano 119 dollari l’anno – il 20% in più di prima – per un pacchetto di benefit come la consegna gratuita a domicilio delle merci comprate e l’accesso a video e musica in streaming.
Altro business è la pubblicità digitale, che ha raggiunto circa 2 miliardi di fatturato trimestrale, oltre il doppio di un anno fa. È ancora poco, ma preoccupa già i leader di questo settore, Google e Facebook, perché il sito di Amazon è sempre più usato in alternativa a Google da chi cerca un prodotto e agli inserzionisti offre il vantaggio di sapere quanti reali acquisti la pubblicità genera davvero. L’unico punto debole sono le attività internazionali, ancora in rosso, pur con meno perdite operative: 494 milioni contro i 724 del secondo trimestre 2017. Ma non per questo Bezos rinuncia al suo sogno di conquistare l’intero mondo. Nei prossimi mesi arriverà anche in Italia, Spagna e Messico lo speaker «intelligente» Echo con l’assistente virtuale Alexa, già disponibile in altri Paesi, dalla Gran Bretagna al Giappone. Wall Street applaude: le quotazioni di Amazon sono raddoppiate negli ultimi 12 mesi (mentre l’indice di Borsa del Nasdaq è cresciuto solo del 25% e il Dow Jones del 15%) e oscillano attorno ai massimi storici. Il suo valore in Borsa, a 925 miliardi, sta avvicinandosi alla soglia del trilione, superata finora solo da Apple. E grazie a questo Bezos è diventato l’uomo più ricco al mondo con 112 miliardi di dollari di fortuna personale, sfidando gli scettici. Che non smettono però di sottolineare la grande differenza fra Apple e Amazon: il prezzo di un’azione è 19 volte i profitti per la Mela e 152 volte per Amazon. Un livello quanto a lungo sostenibile?