Il Sole 24 Ore, 20 agosto 2018
Impronte digitali anti-assenteismo
Era il 2008 quando il ministro della Funzione pubblica dell’epoca, Renato Brunetta, tuonava contro i “fannulloni” della Pa. Da allora tutti gli inquilini di Palazzo Vidoni hanno dichiarato di volersi impegnare nella lotta all’assenteismo. Da ultima Marianna Madia, che ha introdotto il licenziamento sprint in 48 ore per i “furbetti del cartellino” colti in flagranza. Alla lista sta per aggiungersi la ministra in carica Giulia Bongiorno che, dopo la pausa estiva, porterà in Consiglio dei ministri una nuova stretta. E lo farà con un disegno di legge ribattezzato “concretezza”.
La tecnologia contro gli assenteisti
La soluzione contenuta nella bozza in via di definizione, che Il Sole 24 Ore del Lunedì è in grado di anticipare, sembra uscita dalla penna di Philip K. Dick e dal suo Minority report. Oppure da un episodio di Black mirror. Se è vero, come recita l’articolo 2 del provvedimento, che «l’orario di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche» verrà «rilevato tramite sistemi di identificazione biometrica». E cioè impronte digitali, mappa dell’iride, riconoscimento vocale, per restare agli strumenti principali già utilizzati per la security (cyber e non) delle aziende private. A cui si aggiungeranno i più classici meccanismi di videosorveglianza. Sulla base di un decreto attuativo che il ministero della Pa elaborerà sentito il Garante della privacy.
Nonostante i numeri dicano che le misure degli anni scorsi stiano dando i primi frutti (ad esempio, i giorni di assenza nei ministeri in 5 anni sono calati da 166 a 129 milioni a fronte di un numero di dipendenti analogo), è la relazione illustrativa a spiegare la scelta del Governo gialloverde di intervenire di nuovo sul tema: «Recentemente – si legge – sono emersi ulteriori episodi che hanno evidenziato la gravità e la diffusione del fenomeno, dimostrando l’insufficienza e l’inidoneità delle modalità tradizionali di rilevazione delle presenze (cosiddetti fogli firme o badge)». Da qui l’intenzione di ricorrere alle nuove tecnologie ed espandere su larga scala le esperienze “pilota” più riuscite.
Il fine ulteriore è non pregiudicare quella «concretezza» che dà il nome al Ddl e che verrà perseguita da un «Nucleo» ad hoc. L’organismo in questione affiancherà l’ispettorato della Funzione pubblica e dovrà sovrintendere all’attuazione delle disposizioni in materia di organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni, nonché all’individuazione delle eventuali azioni correttive. In primis monitorando l’attuazione del «Piano triennale delle azioni concrete per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni» che Palazzo Vidoni dovrà elaborare ogni anno. Il neonato Nucleo potrà contare su 53 dipendenti: 23 già nell’organico delle Pa e 30 da reperire con concorso. Per un costo complessivo a regime dal 2019 di quasi 3,9 milioni. Da trovare attingendo a uno più fondi di riserva del Mef.
Piano straordinario di assunzioni
Ma le novità non finiscono qui. Soffermandosi sulle misure che diventeranno operative una volta incassato l’ok del Parlamento – per le quattro deleghe si veda l’articolo sotto – c’è la possibilità per le Pa di avviare un piano straordinario di assunzioni valido per il triennio. Anche mediante l’anticipazione degli ingressi al 2019. L’unico vincolo è che le risorse necessarie siano già a bilancio; al massimo si potrà beneficiare delle anticipazioni di cassa necessarie a precorrere i tempi.
Completano l’articolato un tris di interventi: l’interpretazione autentica di uno dei decreti delegati della riforma Madia (il 75 del 2017), in base alla quale il tetto per lo stipendio accessorio dei dipendenti pubblici non terrà conto delle risorse stanziate dai rinnovi; l’applicazione della spending review per il Viminale, che porterebbe all’annunciata sforbiciata di 29 prefetti attingendo però al personale addetto agli uffici generali, senza sguarnire alcuna Prefettura; una “toppa” alla querelle dei “Qui! Ticket”, che ha funestato l’estate degli statali. Le Pa interessate potranno chiedere la restituzione dei buoni pasto non utilizzati e attivare nuovi contratti per la loro sostituzione. Sarà poi Consip, che nelle scorse settimane ha disdetto il contratto con la società emittente, a recuperare i crediti insoluti. O almeno a provarci.