Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 20 Lunedì calendario

I trentenni sterili per scelta

«Ma è possibile che in strada esistano solo loro? Le devi lasciar passare avanti dal medico e pure alla cassa del supermercato. Ma perché? Se ne stiano a casa se devono far pipì ogni dieci minuti». «Loro» sono le donne in dolce attesa, quelle che (in teoria) fanno simpatia a tutti. A parlarne in questi termini sono invece i seguaci dei gruppi «Child free», comunità sempre più frequentate e attive sui social network. «Quando sarò anziana di certo non rimpiangerò di non essermi fatta ingravidare per avere il badante gratis» scrive in un post anti-figli una ragazza del «movimento». 
I toni sono gli stessi, rivisti e aggiornati, del sessantottino «l’utero è mio e lo gestisco io» e, dietro la rivendicazione della legge 194 sull’aborto, serpeggia un’intolleranza sottile verso bambini, donne incinte e mamme, quasi accusate di essere troppo «convenzionali», con i loro pancioni enormi e i passeggini. Se glielo chiedi apertamente, i child free ti rispondono che no, non li odiano affatto i bambini. Ma nei loro dibattiti i pensieri sono altri. Decisamente. 
SCELTA DEFINITIVA
In un mondo in cui aumentano le donne che inseguono il sogno di un figlio anche dopo i 40 anni e ricorrono sempre più spesso all’inseminazione artificiale, i fautori di una vita senza figli vanno nella direzione opposta. Uno studio Istat calcola che la metà della popolazione femminile tra i 18 e i 49 anni non diventa madre: si tratta di 5,5 milioni di donne e fra loro, oltre a quelle che non vogliono o non riescono, c’è anche un’altra categoria, sommersa, silenziosa e statisticamente irrilevante. Ma c’è. È quella delle donne che scelgono la via della sterilizzazione. O meglio, la sognano proprio, anche prima di compiere 30 anni. 
Non si accontentano delle mille forme di contraccezione, vogliono essere sicure al 100% di non avere figli, mai e poi mai, per tutta la vita. Festeggiano il giorno in cui si fanno operare, con tanto di lacrime di gioia e complimenti su Facebook da parte di tutto il gruppo, al momento composto da circa tremila persone. La «moda» è diffusa principalmente tra le ragazze, ma anche gli uomini sono della stessa idea e procedono, anche nei maggiorenni, con il mini intervento di vasectomia. 
Per le donne si tratta solitamente di una semplice salpingectomia bilaterale e viene effettuata in laparoscopia nelle stesse sale operatorie in cui altre ragazze arrivano per il raschiamento dell’utero dopo un aborto spontaneo o per qualche gravidanza extra uterina. Anche loro piangono, ma per il motivo opposto. 
La legge permette la sterilizzazione volontaria e nessuno contesta che sia una scelta libera programmare la propria vita riproduttiva. Tuttavia, farlo prima dei trent’anni, a molti medici sembra un po’ azzardato. E invece tante ragazze, come Sonia, 32 anni, inseriscono l’informazione anche nel curriculum, considerandola un punto di forza. Fra titoli di studio e i corsi di specializzazione, aggiungono: «Inglese fluente, automunita, sterilizzata». Sicure di voler rimanere così tutta la vita. 
COME FUNZIONA
Il sistema sanitario nazionale riconosce la possibilità di ricovero per questa tipologia di intervento, sia in regime ordinario che di day surgery. L’unico «vincolo» è la firma di un consenso informato, con il quale si attesta che la paziente sia consapevole delle conseguenze della legatura delle tube. A volte i medici sono obiettori e si rifiutano di effettuare l’operazione, altre (quasi sempre) i ginecologi chiedono che la ragazza parli prima con uno psicologo. Ma si tratta di un consiglio, non di un obbligo: a riguardo non esiste alcuna regolamentazione e la legge non lo richiede. Nei dibattiti on line è molto evidente che il suggerimento non è mai gradito, ma viene etichettato come roba da benpensanti borghesi. «Ma si può? – scrive tale A., 28 anni, che festeggia il secondo anniversario dell’intervento – Non so quante volte mi hanno chiesto se ero sicura di quello che stavo facendo. E se poi cambi idea? continuavano a dirmi. Desideravo la sterilizzazione da quando avevo 16 anni e finalmente me la sono presa. Ho subìto umiliazioni, ma non è successo invano e mi fa piacere che ad oggi voi possiate diventare ciò che sentite di essere senza questi stupidi ostacoli inutili dettati dal bigottismo».
Pur di assicurarsi una contraccezione definitiva, i trentenni sborsano anche cifre rilevanti: nelle cliniche l’intervento costa dai 2 ai 7mila euro per lei, un po’ meno per lui. Per raccontare la loro voglia irrefrenabile di creare una società senza bambini, i child free si affidano a citazioni, del tipo: «È una cultura primitiva quella che considera il valore di una donna solo in quanto moglie e madre. Sposarsi e procreare perché si deve è sbagliato e crea infelicità», come se le mamme di oggi fossero donne «anni Cinquanta» tutte casa e biberon. Perché? «Perché è più facile vivere senza il rischio di avere figli» scrive qualcuno, «Perché non è obbligatorio averne» sostiene qualcun altro, «Perché è sacrosanto il diritto di odiare i bambini» aggiunge una blogger, cimentandosi in articoli per spiegare quanto siano belli i ristoranti che non fanno entrare i bambini. «Non sono una grande tifosa della maternità – scrive – e trovo sacrosanto evitare che i bambini entrino in alcuni locali, anzi, ad alcuni bambini non dovrebbe proprio essere concesso mettere piede fuori dalla propria casa, per dirla tutta». 
FERMARE IL TEMPO
«Molti trentenni – spiega lo psicologo adolescenziale Andrea Calò, ricercatore al Centro di terapia strategica di Arezzo – vivono un’illusione: pensano di poter vivere il loro futuro rimanendo uguali a se stessi di quel momento. Viviamo in una società che permette di posticipare il passaggio all’età adulta. Ma scegliere la sterilizzazione è come voler mettere la parola fine alla possibilità di cambiare idea, escludendo anche la possibilità di modificare le proprie scelte».