Il Messaggero, 20 agosto 2018
Sul set del film sulle baby squillo di Roma
I corridoi asettici di una scuola esclusiva – potrebbe essere indifferentemente un liceo italiano o un campus anglosassone – brulicano di studenti in divisa. Dialogo concitato tra un ragazzo e una ragazza: «Cosa ti ho fatto, me lo dici?». «Tu non c’entri nulla». Appartato in un angolo, un giovane cerca compulsivamente compagnia su Grindr, l’app degli incontri gay. L’interno di un bagno ospita invece le confessioni pericolose di due studentesse.
Si respira tensione, disagio esistenziale, trasgressione latente. Il regista Andrea De Sica, in bermuda dietro un monitor, grida: «Stop!» e per qualche minuto il set si ferma. Siamo a Roma, nell’università di Tor Vergata trasformata per qualche settimana nell’immaginario Liceo Collodi: si gira Baby, la serie originale Netflix prodotta da Fabula Pictures, regia dei sei episodi spartita tra De Sica (quattro) e Anna Negri (due). Ispirata a fatti di cronaca recenti che hanno sconvolto l’opinione pubblica, la serie è destinata a fare scalpore: protagonista è infatti la «vita segreta», o meglio inconfessabile, di alcuni teenager dei quartieri alti di Roma.
TEMI BOLLENTI
Prostituzione minorile, droga, bullismo, omosessualità, suicidio, integrazione, conflitti familiari: a partire dallo scandalo delle baby squillo che esercitavano ai Parioli, sono tanti i temi bollenti affrontati dalla serie che sarà disponibile in 190 Paesi entro la fine dell’anno ed è interpretata da una quarantina di attori giovanissimi, sia volti noti sia sconosciuti, facce pulite e anime tormentate: Benedetta Porcaroli, Alice Pagani, Riccardo Mandolini, Chabeli Sastre Gonzalez, Brando Pacitto, Lorenzo Zurzolo. I loro rispettivi personaggi sembrano condannati alla trasgressione, declinata in forme diverse, «perché sono disperatamente in cerca d’amore», spiegano gli sceneggiatori, tutti under 30, del collettivo Grams scelto per portare nella serie la verità dei giovani vista «dal di dentro»: è la loro scrittura, definita «audace», la novità forse più significativa del progetto. Ma del cast fanno parte anche Isabella Ferrari nei panni di una mamma pariola apparentemente sicura di sé ma molto fragile, Claudia Pandolfi (una prof della scuola), Paolo Calabresi nel ruolo ingrato del localaro che recluta le ragazze per poi darle in pasto a clienti senza vergogna che hanno la stessa età dei loro padri.
NIENTE BANCHI ROTTI
De Sica, 36 anni, terza generazione della gloriosa dinastia artistica (è figlio di Manuel e della produttrice Tilde Corsi, nonché nipote di Vittorio), è stato scritturato dopo aver diretto il premiatissimo film d’esordio I figli della notte sulle amicizie «maledette» di alcuni ragazzi altoborghesi. È apparso dunque il regista giusto per maneggiare con sicurezza e una buona dose di oggettività l’incandescente materia della serie Netflix. «Baby racconta, al di fuori degli stereotipi e senza giudizi morali, i conflitti profondi che nascono in un ambiente agiato», spiega Andrea, «i nostri pariolini somigliano ai ragazzi di qualunque quartiere e di qualunque estrazione. Le loro storie riflettono romanticismo e cattiveria, sono tutt’altro che edulcorate. E abbiamo cercato di dare alla serie una connotazione internazionale: per intenderci, qui non ci sono i banchi rotti e i graffiti del Mamiani che abbiamo visto fino alla nausea in troppi film italiani».
Il produttore Nicola De Angelis afferma che lavorare per Netflix «è un’esperienza a 360 gradi estrema e interessante, caratterizzata dalla libertà assoluta e dalla velocità dei tempi di attuazione». Annuiscono i ragazzi del Grams che sono spesso presenti sul set e, mantenendo un rapporto quasi simbiotico con il regista e gli attori, hanno portato nel progetto Baby non solo un linguaggio ma anche un modo inedito di lavorare.
MERCATI INTERNAZIONALI
«Il caso delle squillo minorenni ha rappresentato solo uno spunto da cui siamo partiti ma da cui ci siamo presto staccati per raccontare le vite segrete dei giovani della Roma bene», spiega Eleonora Trucchi, 25 anni. «La serie è una storia di formazione che vede contrapposti teenager che fanno gli adulti e adulti che si comportano da bambini», aggiunge Antonio Le Fosse, 25 anni. «I nostri protagonisti soffrono tanto, ma i grandi ignorano il loro dolore», incalza Giacomo Mazzariol, 21. «Abbiamo indagato sul vuoto esistenziale di questi ragazzi senza giudicare le loro azioni», incalzano Re Salvador, 28, e Marco Raspanti, 29.
Curiosità: nessuno di loro proviene dai Parioli, il quartiere un po’ ingenuamente e sbrigativamente considerato l’epicentro di ogni vizio. In compenso raccontano di essersi formati con le grandi serie americane: «Siamo cresciuti a pane e Breaking Bad». Sentono di appartenere a un mondo in cui «le Instagram Stories hanno sostiutito la tv» e non vogliono rimanere estranei al processo produttivo: «Il mercato internazionale è importante». Infatti i loro discorsi sono disseminati di termini come payoff, endorsement, core business e così via. Tant’è. Ma un fatto è certo: le teenager perdute di Baby sono pronte a fare il botto in tutto il mondo.