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 2018  agosto 20 Lunedì calendario

Gli hacker colpiscono via fax

«Ora ti mando un fax». Non è un revival di Dallas o di qualche altra serie cult anni ’80, ma una frase che, in modo inatteso, è possibile ancora ascoltare in giro per il mondo. A 175 anni dalla sua invenzione da parte dello scozzese Alexander Bain, il telefax, nella sua versione moderna nato nel 1924, resiste ancora agli attacchi delle ultime tecnologie. Anche se spesso non è percepito come un dispositivo moderno, attraverso una semplice ricerca su Google ad esempio, si trovano oltre 300 milioni di numeri di fax in uso. E secondo delle stime fatte all’inizio del 2018 dalla rivista statunitense Popular Science, ancora oggi sarebbero 17 miliardi i fax inviati ogni anno. 
Aziende e attività come laboratori medici, studi legali o compagnie di fornitura di energia, non lo considerano affatto un mezzo anacronistico, anzi spesso gli si affidano ancora come metodo sicuro ed efficiente per lo scambio di documenti. Basti pensare al servizio sanitario nazionale del Regno Unito che da solo è il più grande acquirente di macchine fax al mondo, con almeno 9.000 apparecchi operativi per l’invio dei dati dei pazienti. In molti paesi dove l’e-mail non costituisce prova in tribunale, il fax può essere utilizzato nei processi aziendali e legali. 

IL COMPROMESSOPer questo motivo, sul web si trovano centinaia di servizi a pagamento che consentono di inviare un facsimile dal proprio smartphone. Un compromesso tra l’era digitale e quella analogica che, anche nel moderno Giappone, rende il fax ancora uno dei mezzi più utilizzati. Il particolare affetto provato dai cittadini del Sol Levante per il dispositivo è però dettato da una necessità sostanziale: scrivere a mano gli ideogrammi per poi faxarli, soprattutto per coloro che non sono nativi digitali è più semplice rispetto ad utilizzare il computer. Al di là dell’eccezione giapponese, l’utilizzo del fax è certamente diminuito rispetto al picco raggiunto nel 1997, quando solo negli Stati Uniti furono vendute 3,6 milioni di macchine. Tuttavia lo storico della tecnologia Jonathan Coopersmith, docente dell’Università A&M del Texas e scrittore del libro Faxed: the rise and fall of the fax machine, sostiene che è ancora troppo presto per credere di essercene sbarazzati. 

I PROTOCOLLI
Molti utilizzatori della prima ora vi sono rimasti affezionati per quell’aura di sicurezza che solo i dispositivi analogici sembrano avere. Eppure, secondo una recente ricerca di Check Point – uno dei principali fornitori di cybersecurity a livello globale – i fax sono una porta spalancata su comunicazione e dati personali. Tutto quello di cui un hacker ha bisogno per sfruttare le numerose falle nei protocolli di comunicazione, e potenzialmente prendere il controllo di un’azienda o di una rete domestica, è il numero di fax. «Molte aziende non sanno di avere un fax connesso alla propria rete perché questo è integrato in molte stampanti all-in-one – spiega Yanis Balmas, Security Manager di Check Point – Noi abbiamo dimostrato che questi dispositivi possono essere colpiti dagli hacker per compromettere le reti e violare i dati o interrompere i processi aziendali». 
Per l’Italia, o meglio per la pubblica amministrazione italiana, il fax dovrebbe essere morto anni fa. C’è anche un’ora del decesso ufficiale: 9 agosto del 2013, cioè il giorno in cui il Decreto fare del governo Letta è stato, ironia della sorte, faxato a tutti gli uffici pubblici. Da Nord a Sud. In realtà però, ancora sopravvive. 
Ci sono ancora singole amministrazioni che non riescono a scrollarsi di dosso un tipo di comunicazione anti-digitale. I fax, dunque, tra gli uffici pubblici continuano a girare e a regalare informazioni. Ad esempio, sul territorio della Regione Toscana ci sono ancora meno di venti apparecchi fax attivi che però assicurano vengono utilizzati solo in casi di emergenza.

LA TRANSIZIONE
Anche in Umbria la situazione è simile: dall’inizio del 2018 ad oggi, i documenti in arrivo acquisiti al protocollo generale del Perugia sono stati circa 97mila: circa 2900 arrivati tramite fax, il 2,9%. Eppure, come ha dichiarato Marco Alessandrini, sindaco del Comune di Pescara: «A volte abbiamo un pò di difficoltà perché ad una Pec, e-mail certificata, c’è chi risponde ancora con il fax». A sei anni dall’istituzione da parte del Governo Monti dell’AgID, Agenzia per l’Italia digitale, e a una dozzina da quella del Cnipa (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) che era il suo predecessore, la transizione non è ancora completa. Secondo i dati Eurostat di fine 2017 – con i quali verrà elaborato il Desi 2018 (Digital Economy and Society Index) – l’adesione all’utilizzo dei servizi di e-government, è ancora timida e lenta. Di fatto, la situazione è rimasta invariata rispetto al 2016, anzi con un regresso rispetto alla media europea. Infatti, la percentuale di chi ha sottoposto moduli compilati alla pubblica amministrazione ha avuto un lieve progresso, il 13%, contro una media europea del 30%.