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 2018  agosto 20 Lunedì calendario

Sette milioni di taglia su El Mencho, nuovo boss messicano della droga

La malavita organizzata in Messico ha un nuovo capo, emerso dopo l’arresto e l’estradizione a New York di El Chapo Guzman un anno fa. Il successore è potente al punto di comandare un piccolo esercito privato di circa 5.000 soldati, intraprendente fino ad attaccare obiettivi militari, e sanguinario: le reclute delle sue milizie raccontano di essere stati costretti a mangiare la carne delle persone che avevano appena ucciso, in segno di disprezzo e di dedizione agli ordini del capo.
Nemesio Eseguera Cervantes, detto ironicamente El Mencho (dall’yiddish mench, gentiluomo) ha 52 anni, e negli ultimi due ha conquistato la posizione di testa nella lista dei criminali più ricercati dalla Dea, l’antinarcotici americana. La scorsa settimana la taglia posta sulla sua testa dal governo messicano è salita a 1,6 milioni di dollari, che si aggiungono ai 5 milioni promessi dal dipartimento di Stato di Washington. Identificarlo non è un compito facile perché di lui si conoscono non più di un paio di foto: una quasi da bambino all’arrivo a San Francisco dove i familiari già impiantati nella zona lo iniziarono al traffico di droghe, e una da trentenne, quando fece ritorno in patria, espulso dagli Usa come trafficante. Ha combattuto al fianco di El Chapo negli anni ’90 e 2000, mentre il cartello principale di Sinaloa si trasformava da Millennio in CJNG, la Nuova Generazione di Jalisco, che sconfisse gli Zetas e il gruppo La Resistencia. 

GLI AVVERSARI
Dopo la cattura di Guzman, due suoi figli hanno cercato di ereditarne il trono senza successo: erano giovani ricchi e viziati con poca attitudine all’azione. El Mencho li ha messi da parte in fretta, così come ha ridimensionato il ruolo di Ismael El Mayo Zambada, un settantenne attardato dal diabete e in discesa nella scena dei narcos. Cervantes ha preso in mano la produzione delle metanfetamine e dell’eroina per il mercato yankee, e fa circolare tonnellate di cocaina tra l’Asia e l’Europa. Ha messo insieme un’organizzazione paramilitare che lo serve con un culto quasi religioso. Vive in clandestinità da dodici anni, e a maggio ha dovuto separarsi dalla moglie Rosalinda, caduta nelle mani della polizia a Guadalajara durante un rastrellamento che faceva seguito ad un attentato armato in un ristorante dove stava cenando il locale ministro della Giustizia. Sotto la sua guida la CJNG ha allargato il giro di affari dedicandosi a rapimenti, la gestione della prostituzione, l’estorsione e la pirateria cibernetica. In esecuzione dei suoi ordini tre anni fa una squadra munita di lanciarazzi ha abbattuto un elicottero dell’esercito messicano, e ha ucciso i 20 militari a bordo. Lo Stato risponde come meglio può contro una criminalità diffusa che l’anno scorso ha mietuto 31.000 vittime, e che si è infiltrata in tutti i settori della vita pubblica. Il governo Obrador di concerto con la Dea sta cercando di cambiare strategia nella guerra aperta che si trova a combattere. Invece di inseguire la cattura e l’incarcerazione dei capi dei cartelli come obiettivo primario, sta cercando di pacificare la base delle strutture criminali con generose amnistie per i soldati comuni. Agli Usa Obrador ha chiesto e ottenuto l’impegno per un maggiore controllo sul passaggio massiccio di armi alla frontiera.