Corriere della Sera, 20 agosto 2018
«Quando con Savona privatizzammo l’Italia». Piero Barucci ricorda
«Noi, che ci occupammo del Credito italiano, della Comit e della Nuova Pignone, a privatizzare le autostrade non facemmo in tempo: quel processo, infatti, si concluse anni dopo e se non erro fu Di Pietro a dare il colpo finale».
Dopo tanti anni, parla il professore Piero Barucci – già presidente del Monte dei Paschi e dell’Abi – che nei drammatici frangenti del ‘92-’93 fu chiamato al governo (titolare del Tesoro) da Giuliano Amato, prima, e da Carlo Azeglio Ciampi, poi. Di quell’ultimo esecutivo faceva parte anche il professor Paolo Savona (Industria), attuale ministro per gli Affari europei. «Ripeto – va avanti Barucci – non ci occupammo di autostrade, ma già allora si discuteva molto del “nocciolino”...». Ovvero del meccanismo che consente al privato di controllare l’infrastruttura o l’azienda avuta in concessione anche con un pacchetto azionario ridotto: «Io e Paolo (Savona, ndr) già allora la pensavamo allo stesso modo perché quando si va in Borsa è il mercato che decide...». Barucci poi glissa sul ruolo del professor Romano Prodi, allora alla guida dell’Iri (proprietaria di Autostrade e di molti altri asset pubblici), e sui solleciti inviati al governo per piantare paletti contro lo strapotere dei privati: «Non ricordo... Tuttavia non mi sembra che all’Iri si siano preoccupati molto di questo quando è stata privatizzata la rete telefonica...». Nel 2006, 7 anni dopo l’avvio della privatizzazione delle autostrade, Antonio Di Pietro è il ministro delle Infrastrutture (Prodi II) che ricorda con sfumature ben diverse l’evoluzione della privatizzazione di caselli, gallerie e viadotti: «Nella concessione c’erano tutte le premesse per i controlli che, tra il 2007 e il 2013, sono stati effettuati dall’Anas. Poi, per legge, per evitare che l’Anas controllasse se stessa, il compito è passato alla “Vigilanza sulle concessioni autostradali” del ministero delle Infrastrutture. Che si è rivelata una scatola vuota».