la Repubblica, 18 agosto 2018
Il grano non ha più segreti, nasce il pane del futuro
Diecimila anni fa avvenne il primo incontro. Un quinto delle calorie consumate oggi dall’umanità è offerto da lui. Per far fronte a un futuro incerto arriva ora una preziosa “carta stradale": il sequenziamento dell’intero genoma. Il grano tenero, l’ingrediente principe del pane, ha un Dna monstre, considerato il “Monte Everest” della biologia. Ma dai suoi 108mila geni (oltre 5 volte quelli dell’uomo), appena pubblicati dopo 13 anni di lavoro, gli agricoltori del futuro potranno pescare come da una scatola di Lego per assemblare le varietà più adatte: senza glutine, con più proteine e vitamine, resistente allemalattie, capace di vivere in climi aridi o freddi. Nel menù dei pani del futuro, inoltre, potrebbero tornare più facilmente grani antichi ormai quasi estinti. Incroci che prima avevano bisogno di 10-15 anni di ricerca per arrivare nei campi, oggi richiederanno un terzo del tempo, spiega Science, che ha pubblicato, insieme alla rivista cugina Science Advances, tre articoli sul sequenziamento del genoma del grano tenero.
Di miglioramenti, oggi, il cereale ha di certo un gran bisogno. L’ultima “rivoluzione” delle spighe in Italia risale agli anni ’60, madre e figlia allo stesso tempo del boom del Paese. Da allora le varietà di grano tenero non hanno subito miglioramenti significativi. «Servirebbero varietà più resistenti alle malattie per permettere ai contadini di usare meno pesticidi, più produttive, povere di glutine o capaci di resistere a stagioni imprevedibili dal punto di vista del clima» spiega Luigi Cattivelli, direttore del centro di ricerca per la genomica e la bioinformatica del Crea. Il Consiglio per la ricerca in agricoltura è l’unico ente italiano che ha partecipato alla “scalata dell’Everest": un’impresa costata oltre 70 milioni di euro, portata avanti da 2.400 fra scienziati e coltivatori di 68 paesi riuniti mell’International Wheat Genome Sequencing Consortium. «Non stiamo parlando solo di ingegneria o di editing genetico» spiega Cattivelli. «La libreria dei geni del grano faciliterà anche gli incroci tradizionali. Una priorità per l’Italia, visto che importiamo il 50% di grano tenero, il 40% di quello duro e siamo indietro nella ricerca di varietà resistenti ai parassiti». La stagione piovosa nella penisola ha fatto proliferare funghi come la fusariosi («se colpito, il grano può riempirsi di micotossine: è rigorosamente vietato venderlo» spiega Cattivelli). Il caldo in Nordeuropa ha distrutto i raccolti di buona parte del continente e il prezzo del grano quest’anno è aumentato di circa il 20%. Ma l’ampliamento del menù dei grani può diventare un piacere anche per il palato dei consumatori. «Il recupero dei grani antichi oggi è diventata una moda» spiega Luigi Frusciante, che insegna genetica agraria all’Università di Napoli Federico II. «Ma ha indubbiamente importanza per la valorizzazione di varietà coltivate in Italia nel passato, ad esempio prima degli anni ’60». Un caso tipico è la varietà di grano duro Senatore Cappelli. «Non potrebbe mai sostenere la produzione di pasta del paese – spiega Frusciante – perché ha poca percentuale di proteine, il 6% contro il 15% circa di oggi, e scuocerebbe subito.
Avendo poi il fusto alto, si piega frequentemente con pioggia e vento. Ma avere a disposizione la sequenza dei geni di questi cereali ci orienterà per ottenere i grani più adatti all’alimentazione del futuro».