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 2018  agosto 19 Domenica calendario

1. TOH! NATALIA ASPESI INCIAMPA IN “PORNAGE” DELLA NOSTRA BARBARA COSTA E INVECE DI STUDIARE E RIPASSARE ALZA IL POLVERONE: “MA ESISTE DAVVERO? L'AUTORE È DAVVERO UNA FEMMINA O IL LIBRO L'HA SCRITTO UN UOMO APPASSIONATO FRUITORE QUOTIDIANO DI PORNO, O MEGLIO UN GRUPPO DI BONTEMPONI CHE SE LA SONO SPASSATA INVESTIGANDO E CLICCANDO?” 2. “INSOSPETTISCE UN ERRORE MADORNALE CHE UNA SIGNORA, SOPRATTUTTO SE LIBERATA, NON FAREBBE MAI: INDICARE COME EROI DELLA SUA E NOSTRA LIBERAZIONE LARRY FLINT, EDITORE DI HUSTLER, RIVISTA UN PO' PORNO DEGLI ANNI '70, E HUGH HEFNER, L'INVENTORE DI PLAYBOY" 3. LA RISPOSTA DI GIAMPIERO MUGHINI: “LA ASPESI SPROFONDA IN UNO STAGNO DI ACQUE MORTE. AVESSE LETTO LA MIA INTRODUZIONE AL PORNAGE, AVREBBE TROVATO SCRITTO CHE..."

Natalia Aspesi per “la Repubblica” Una giornalista spigliata, anzi molto spigliata, pubblica una erudita inchiesta sulle virtuose conseguenze della pornografia nella nostra vita, alienata o sempliciotta, rabbiosa o sbadigliante, o tutte due. Si chiama Barbara Costa, una collega che scrive sul molto consultato sito Dagospia, il solo che alla pubblicazione di Pornage, saggio molto curato nella grafica, con bella copertina, abbia avuto il privilegio di intervistarla: se no, niente interviste, niente presentazioni del libro. Timidezza? Superbia? Tempo inutilmente sottratto allo studio della pornoscienza?

A quel nome sul web corrispondono persone diverse e di diversa professione, come per tutti: giornalista, prof. associata scienze biologiche alla Bicocca, soprano noto per la sua Casta Diva, coordinatrice patrimonio Cariplo responsabile archivio storico, pornostar specialista in spank bang e bukkake (se interessano i particolari consultare un porno dizionario).

Andrea Gentile, trentenne autore tra l'altro del lodato romanzo I vivi e i morti, ha conosciuto la Barbara Costa giornalista (le altre non si sa) a una cena a Roma, e subito si è infiammato, da direttore editoriale del Saggiatore, per la sua sapienza generale e in particolare del mondo porno di oggi; molto più stuzzicante e vario di quelli, bonaccioni, raccontati anche da Mario Soldati e Dino Buzzati con la poetica nostalgia delle case chiuse. La misteriosa autrice si dichiara bisessuale con tendenza lesbo e " sofisticata fruitrice di porno", soprattutto di quello " soft", possibilmente " teen".

Una esperta anche storicamente, e infatti Pornage cita pure i pregi di una scultura "hot" palestinese di 11mila anni fa. Nell'immenso sexyparadiso contemporaneo offerto dal web, si è liberi di essere fantasiosamente sporcaccioni, senza limiti, come racconta sfrenatamente l'inchiesta.

Intanto basta con la misera sigla LGBT: che limita troppo le possibilità esistenti. La sigla si sincronizza sulla bizzarria della realtà, LGBTQQKIIAA: cioè, se interessa, oltre al tradizionale Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, bisogna aggiungere gli indispensabili, Questioning Kink, Intersex maschio, Inter-sex femmina, Asessual, Alleato (della causa LGBT).

Ai non iniziati, a chi non ha quella fissa lì, a chi non osa più perché li ha scoperti la moglie, o più raramente il marito, o a quelli che sfiniti, si sono poi ritirati in una moderna Tebaide come quasi 2000 anni fa San Pacomio e San Pacario, può parere curioso che ogni sconfinamento abbia la sua definizione in inglese; va bene che tutto il mondo genitale è paese, ma insomma, possibile che noi italiani nei secoli si sia rimasti in posa missionaria senza mai un simpatico sbandamento?

Tanto che fiduciosi della versatilità artigiana degli italiani ci si domanda se siano davvero i cliccanti a cercare gustosi approcci a Drunk Porn, Riot Sluts, Porno Spy, Porno Beurette e a un altro centinaio di offerte. Oppure che i versatili creatori di siti se li inventino, diano loro un titolo invitante e soprattutto incomprensibile e obblighino i clienti (si paga e talvolta si è poi ricattati) a crederci e a non lasciar perdere la novità.

Secondo una preziosa ricerca su Pornhub ( sito specializzato con 80 milioni di clic quotidiani) i lombardi preferiscono la categoria Ebony, i piemontesi Bondage, i pugliesi Amateur, i calabresi Big Dick: mentre per le signore, Lesbian e Anal al Nord, Mature e Milf al Sud. Informarsi se lo si desidera.

E se si è davvero curiosi, si è ancora in tempo per leggere Il gioco di Carlo D'Amicis - che intervistiamo in queste pagine - incluso nella cinquina del recente Premio Strega, scritto benissimo ma immagino impossibile da premiare perché porchissimo: storia di un triangolo ( ma non è così semplice parlarne se non parlando d' altro) in cui un marito è il cuckold, l'organizzatore delle sue stesse corna, la moglie è consenziente a farlo con il bull di mestiere, il maschio alfa: anche in questo caso, cuckold e bull, che la lingua italiana sia casta o semplicemente si fa ma non se ne parla? Più si penetra (pardon) nelle 307 pagine di Pornage, più viene un vile sospetto: ma esiste davvero Barbara Costa? E comunque l'autore è davvero una femmina?

Insospettisce quello che si può considerare un errore madornale che una signora, soprattutto se molto liberata, non farebbe mai: indicare come eroi della sua e nostra liberazione Larry Flint, editore di Hustler, rivista un po' porno degli anni '70, e Hugh Hefner, l' inventore del mensile Playboy, iniziato nel 1953 ed esploso negli anni '70: fu Hefner ad inventare le pagine centrali con belle ragazze seminude (la prima fu la sconosciuta Marilyn Monroe), a creare le playmate, le " compagne di giochi", in bustino e berretto con le orecchie da coniglio e per questo chiamate da noi conigliette: dovevano ondeggiare e sorridere sempre, servendo ai tavoli dei Playboy Club e il loro lavoro non sempre finiva lì.

Le riviste ebbero un successo enorme anche in Italia, arricchendo in modo spropositato i due furboni americani. E da noi anche Saro Balsamo, che nel suo mensile Le Ore (o sul settimanale Men?) pubblicò con successo mondiale, nel numero di agosto 1975, la foto clandestina di Jacqueline Kennedy nuda in vacanza.

Quegli uomini che la Costa considera eroi confermarono ai maschi i loro diritti di uso e consumo del corpo femminile, e ingabbiarono ancora di più le donne nella discriminazione, umiliazione, asservimento, sfruttamento, proprio quando per nostra fortuna cominciarono a formarsi i primi gruppi di ribellione femminista: che infatti Costa detesta.

Sospetto che Pornage l'abbia scritto un uomo non più giovane e appassionato fruitore quotidiano di porno, o meglio ancora un gruppo di bontemponi che se la sono spassata investigando e cliccando.

Il ricorso a un nome femminile è ovvio: se è una donna a saper tutto del porno e magari a frequentarlo, pare più eccitante: a meno che ci si sia ricordati del più bel romanzo erotico mai scritto, anno 1954, Histoire d'O, appunto opera di una donna, Dominique Aury, anche autrice di una antologia di poesie religiose. Chi si nasconda dietro il marchio di Barbara Costa è privo di interesse, quindi non si scaverà nel mondo editoriale per conoscerne l' identità. Si eviterà ovviamente di chiamarla l'Elena Ferrante del porno.

2 - LA VERSIONE DI MUGHINI Giampiero Mughini per Dagospia

Caro Dago, vedo che sulla “Repubblica” di oggi Natalia Aspesi ha preso in mano e commentato _ e le sue sono le mani di una giornalista raffinata _ il Pornage della mia amica Barbara Costa. Ed è la prima volta, da quando il libro è stato pubblicato dal Saggiatore due mesi fa, che un giornale importante se ne occupa. Prima erano uscite solo delle schede di lettura e una o due interviste a Barbara.

Siccome sono stato un po’ padrino del libro, avevo suggerito alla mia amica Simonetta Scandivasci, che collabora al Foglio e ad altri giornali, di occuparsene come lei certamente avrebbe saputo fare. Mi ha detto che i suoi interlocutori hanno giudicato il libro un tantino scabroso e che era meglio lasciar perdere. Non so se definirli ipocriti o soltanto imbecilli.

La Aspesi agguanta il libro con il cipiglio giusto, sottolineandone quel che lo rende specifico. Che a percorrere in lungo e in largo i sentieri del porno sia una donna, e per giunta una donna che dimostra di prenderci gusto. Racconta anche come il libro è nato. Il direttore editoriale del Saggiatore, Enzo Gentile (il cui romanzo di 548 pagine, I vivi e i morti, ho qui sul tavolo e mi vergogno di non averlo ancora letto), era venuto “a cena a Roma” (ossia in casa mia) e s’era “infiammato” dell’idea di una donna che scrivesse i fasti e i nefasti del porno.

Ovviamente ero stato io a suggerirgli che fosse Barbara, presente a quella cena, a farlo. Così come, alcuni mesi prima, avevo indicato il suo nome e cognome a Dago: e mi pare che ne abbiano avuto un gran vantaggio i lettori di questo suo sito.

Solo che poco dopo la Aspesi sprofonda in uno stagno di acque morte. A furia di leggere il libro, e dunque l’elogio che vi è sperticato di figure come Hugh Hefner (l’inventore di Playboy) e di Larry Flint (l’editore di Hustler costretto alla sedia a rotelle dai colpi d’arma di fuoco di un anti-porno), la Aspesi si “insospettisce” che Barbara Costa non esista, o meglio che sia il nom de plume di qualche vecchio sporcaccione, se non addirittura un nome d’arte dietro il quale si cela “un gruppo di buontemponi che se la sono spassata investigando e cliccando”.

La Aspesi avesse letto le prime due righe della mia introduzione al Pornage, ciò che sarebbe stata una fatica intellettuale supplementare ma non così eccessiva, avrebbe trovato scritto in un discreto italiano che la Barbara in carne e ossa è una mia amica, una ragazza bisessuale quanto ai suoi orientamenti, un’intellettuale i cui interessi culturali svariano a 360 gradi.

Barbara vive nella provincia romana, s’è laureata con una tesi sulla politica americana in Vietnam, può scrivere agevolmente di John F. Kennedy o di John McNamara, ha appena scritto un bellissimo articolo su Lolita pubblicato da Pangea, il magnifico sito letterario online curato da Davide Brullo.

Quanto al porno ci scambiamo ogni tanto i nostri gusti, l’una o l’altra attricetta, l’una o l’altra sequenza, il nome dell’uno o dell’altro metteur en scène. Succede cioè che i miei desideri di uomo e i suoi desideri di donna si incastrino a meraviglia, gli uni funzionando in ragione degli altri e contrariamente al detto idiota secondo cui l’immaginazione porno è declinata prettamente al maschile.

Non una delle donne che ho incontrato e alla quale ho prospettato un video porno ha respinto quello che vedeva perché nato dalla mente di un qualche sudicione maschio. Quello che vedeva le piaceva e la stuzzicava enormemente. Il porno. Ossia una variante e un’area dell’erotica, e fermo restando _ come in ogni altro campo _ i criteri atti a distinguere la qualità e la novità dalla ripetitività e dalla volgarità. Come in ogni altro campo.

Dico questo perché mi sono sentito preso di mira dall’allusione al vecchio sporcaccione. Vecchio lo sono senz’altro, lo dice la mia carta di identità e quella non sbaglia. Sporcaccione pure, dato che quando c’è di mezzo il corpo di una donna mi vengono in mente intrighi da brivido. Alla mente, ho detto. Non alle mani, o a qualsiasi altro organo del corpo, ché quello è tutt’altro discorso e sono situazioni infinitamente diverse dove o c’è il consenso o nisba.

Sì, sono stato uno di quelli che quando ha trovato le belle ragazze discinte fotografate su Playboy ne ha tirato un sospiro di sollievo. Tutto quello che rompeva il tabù della nostra educazione cattobigotta andava bene. Tutto quello che ci diceva che il corpo delle donne e le sue movenze erano una meraviglia del creato. Sì, sì. Evviva l’immaginazione quanto più rovente è e meglio è.

L’immaginazione ho detto. La vita reale è tutt’altra. Le donne reali della mia giovinezza sono divenute tutte professoresse universitarie, altro che conigliette. (Tre o quattro di loro mi furono accanto al momento della morte di mia madre.)

Mai una volta ho pensato di una donna che avessi come il diritto di sfiorarla con le dita. Una volta venne a casa mia una mia bella amica che chiamerò S. Ci conoscevamo da tempo, io e lei in quel momento eravamo single. Nel dopocena, e mentre stavamo chiacchierando non ricordo più di che cosa, io mi avvicinai come a sfiorarle le labbra. Lei frappose un dito a dir di no. Immediatamente mi ritrassi.

Continuammo a chiacchierare a lungo, a serata finita la accompagnai giù alla sua macchina e la salutai con un bacio in fronte. Parecchio tempo dopo una nostra comune amica mi disse al telefono che aveva saputo da S. che io con lei “ci avevo provato”. Che si fosse giocata una tale indiscrezione su momenti di una sera che era di noi due e basta, me sentii offeso fino al midollo, e sono passati più di 25 anni e il pensiero di quella espressione ancora mi brucia. Altro che conigliette. E anche se S. non è divenuta una professoressa universitaria.