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 2018  agosto 18 Sabato calendario

In viaggio tra i tifosi di Salvini, selfie e baci sognando il salvatore

La gente sbuffa e spinge, gli uomini con l’auricolare fanno cordone, c’è tensione, si suda come bestie selvatiche e sta pure iniziando a piovere a goccioloni caldi, ma ecco che alé, lui rompe la barriera e si consegna mani e piedi ai fan, la scorta ha gli occhi sbarrati, e se qualcuno gli mollasse una coltellata, o un ceffone? Ma ecco i baci, le foto, le pacche, e le maschie strette di mano del tipo braccio di ferro.Anche urla, di donne e di uomini: «Matteooo fatti toccare!», una molto pettoruta se ne va trionfante e dichiara: «Ha la pancia ma è un bell’uomo», impugnando il telefono su cui conserva il trofeo, lei e lui, Salvini, «u ministru», venuto però non troppo bene, è paonazzo e ha una smorfia da Cristo in croce, ma chi se ne frega, l’importante è averlo. E come dice un altro, un giovane italiano che fa l’idraulico, «oggi il selfie me lo sono fatto con l’elefante di pietra, poi con il venditore di arancini e adesso con Salvini», quindi se dal centro di Catania passasse mai un orango, ci proverebbe anche con quello.
Il ministro è coraggioso, niente da dire. «Gli piace il contatto, anzi lo cerca», dice un cinico uomo di Questura incontrato a margine di uno dei tanti pacchetti di mischia che si sono svolti intorno al Ferragosto, tra Catania, Messina, Reggio Calabria, Aspromonte e infine Pontida, là dove tutto è cominciato, in un pezzetto del tour perenne che il vicepremier sta facendo su e giù per l’Italia, una scheggia impazzita che ora comincia ad accusare qualche colpo, fronteggiare tutto questo amore è una gran fatica e Matteo sarà anche un professionista del selfie – un selfie, un voto – ma gli italiani non scherzano.
A sera, alla “cozzata” che si è tenuta a Furci Siculo, cena di pesce crudo in ben due ristoranti, “Il Moro” e “Sapori di Mare”, è apparso lievemente provato, e ha ricordato sì la sciagura di Genova, con il broncio che mette su quando parla di cose serie, «non è possibile che crollino i ponti e i viadotti, ci siano incidenti sulle ferrovie a binario unico...», ma lì ha subito infilato i bambini, «penso alle scuole dove torneranno i nostri figli a settembre, dove crollano i soffitti» (applausi), poi i ringraziamenti: «Essere qui la sera prima di Ferragosto con voi mi dà un’energia, una voglia di difendere gli italiani...», poi il capitolo immigrati, «oggi l’ennesima nave carica dopo il nostro no non è arrivata in Italia», e qui addirittura urla (ai furcesi però non dice che venti verranno comunque accolti), e lui «in bocca al lupo, e tenete duro, resistete! Io non mollo di un millimetro». Uno gli grida con voce strozzata – forse gli sta venendo una sincope per l’emozione – «tira dritto, il popolo è con te!». Poi, avanti con i gamberi viola e il sauté di cozze.
Il ministro ama il pesce, oltre che gli italiani. Lunedì scorso era a Manfredonia, in due pescherie ("Azzurra” e “Boccolicchio") dove ha elogiato le aragoste («commoventi»), e nel primo negozio era a petto nudo, perfettamente a suo agio tra gli sghignazzi dei presenti, chi l’ha mai visto e toccato un ministro dell’Interno così da vicino. Lui è molto molto vicino, così vicino che chi lo ama potrebbe contargli i peli della barba, e persino notare la scucitura dei pantaloni sul fianco sinistro, che ha ceduto mentre montava su un tir della ditta Geotrans di Catania (sequestrata a una famiglia mafiosa), girava la chiave e poi però ci ripensava, tra la delusione di tutti, «mi manca la patente per guidare questa roba», che peccato, niente giretto nella spianata polverosa, dove le impiegate Lisa e Barbara sono ancora sconvolte, e per la foto di gruppo, e perché «non me l’aspettavo, ha parlato con noi dipendenti, si è anche messo la polo che gli abbiamo regalato», avendo ago e filo gli si potevano facilmente sistemare i pantaloni scuciti.
A proposito di pantaloni, la mattina di Ferragosto si era tutti a San Luca, nel bel mezzo dell’Aspromonte, e nell’attesa che Salvini uscisse dal municipio, un anziano ha chiesto all’amico: «E il bermuda? Tiene il bermuda oggi?». No, mercoledì non lo indossava (a Lesina, provincia di Foggia, ha rivendicato il diritto a girare in bermuda, a una platea per lo più in bermuda, «perché fa caldino e non mi va di impinguinarmi»). Nell’occasione solenne i sanlucoti erano vestiti molto bene, compreso uno tutto in falso Gucci, dalla polo con pantere alle scarpe, e un altro indossava uno strepitoso completo nero gessato (riga fine), su una camicia nera da prete, con collarino da prete, essendo lui un prete.
Matteo, in blu. Camicia candida come pure le amava l’altro Matteo, oggi si può ben dire che il modello Salvini sta facendo furore, tutti i fan maschi portano camicie come la sua, non button-down, meglio se stropicciata. E nel gran teatro che è stata la visita a San Luca, con molte forze dell’ordine sull’attenti sotto il sole e nel vento di scirocco, carabinieri in alta uniforme e marescialli panzuti con divisa un po’ sbiadita, fanfara, forestali e Digos con il distintivo alla cintura, a un certo punto Matteo ha chiesto umilmente «posso dire una cosa, un minuto solo?». E rompendo quel poco di protocollo rimasto, è saltato su un muretto e ondeggiando un attimo come un misirizzi ha detto: «Sono commosso. Qui mi sento assolutamente a casa». I locali, che ne hanno viste di tutti i colori, e sono senza sindaco e giunta dal 2013, quasi in lacrime, quasi.
Gente che spera davvero in quello che dice: «Ci sarà una rivoluzione, taglieremo il legame tra questa terra e la ‘ndrangheta. Gli voglio togliere anche le mutande!». E i cattivi, chissà se erano in piazza e se tremano al pensiero. Aggiunge che nell’ultimo anno sono triplicati gli arresti di mafiosi in Calabria, e forse non tutti i presenti ricordano che lui è in carica dal primo giugno, ma cosa importa. A San Luca gli chiedono lavoro, «vogliamo una fabbrica di lavoro!», lui risponde «non ho la bacchetta magica», e anche «non sono Batman», facendo molto ridere due ragazzini, «ha detto non sono Batman, ah ah, domani lo dico anch’io».
Quindi si torna sui bambini: la giovane Cinzia porge la figlioletta Sofia, e lui le carezza la testa bionda. Cinzia poi dice: «Lui è il segno del cambiamento, qui ci voleva. Qui la gente sta chiusa in casa, invece oggi sono tutti in piazza». Le due amiche Elena e Alessandra cercano il selfie e lo portano a casa, «ci piace il suo decisionismo. Dice una cosa e la fa». Ad esempio? «Mah, sui migranti...». Tonino Tringali, proprietario della casa di Brancaleone dove venne confinato Cesare Pavese: «La sua presenza qui ha un significato, non si può negare».
Più tardi, dopo salite e discese e tratturi, si arriva a un altro bene confiscato, una villetta ora intitolata a Falcone e Borsellino, e qui il ministro elenca «200mila reati in meno, 31mila sbarchi in meno, arresti triplicati in Calabria...», poi lancia un’idea meravigliosa: creare «una zona di esenzione fiscale per i pensionati italiani e stranieri», qui al Sud, «che è meglio del Portogallo». Beh, chi ci aveva mai pensato. Ma tutti sono rimasti impassibili, anche il plotone di Cacciatori di Calabria sparpagliato in giardino, in basco rosso e fucile mitragliatore, dopo un po’ scomparsi tra ulivi e cicale, su per la montagna, nessuno li ha visti più.
«Salvini era con me al liceo classico, al Manzoni. Per noi era uno sfigato, un pirla, o un alieno» ricorda un coetaneo milanese, con una qualche rabbia. «Facevamo le assemblee, lui chiedeva la parola e cominciava a parlare di cose assurde. I terroni, la Padania...
Tutti ci mettevamo a ridere, poi partivano i fischi. E lui, neanche un plissé. È un uomo di carattere, si vedeva già allora». L’altra sera a Pontida, che è casa, e patria, dopo qualche ora di selfie è riuscito a sedersi a un tavolone. Gli hanno portato un vassoio con due costine e insalata, ha cominciato a mangiare, e intorno a lui si è fatto silenzio. Poi: «Guarda, Matteo mangia». «Lasciatelo mangiare tranquillo». «Matteo, mangia la carne che ti dà forza». E un impertinente, forse lo scemo del paese, ha osato dire quello che non si può dire: «Sei distrutto, eh?». Ma il carattere lo tiene su, inoltre è un professionista, dice cose anche di buon senso e le rifrulla con la propaganda, bacia molto, ha sdoganato la pancia, è disponibile, avvicinabile. Il metodo funziona, molta Italia lo ama. «Lo amo perché ci salverà, lui ama l’Italia, la famiglia e i bambini, è uno di noi», dice il tornitore Daniele Palmieri, 34 anni, uno che vive a Saarbrucken, in Germania.
«Lui si butta in mezzo alle persone, poi prende l’autobus e i treni come noi, perché è uno del popolo». Ma «è anche forte, da quando c’è lui i tedeschi a noi italiani ci rispettano. Li ha messi in riga...». E mentre partono le urla «Matteo affacciati», da un balcone di municipio o caserma dove sta tenendo un’importante riunione, c’è sempre qualcuno che lo compiange, «poveretto, sempre in giro, è come mio figlio, che ogni giorno si fa 50 chilometri per andare al lavoro». «Lavora troppo, dovrebbe fare vacanza, sennò come ci tira fuori da questa situazione». Eh sì, sembra che tutti abbiano ascoltato a manetta “Diventa anche tu leghista con l’ipnosi” (Rocco Tanica, cassetta allegata a Cuore, 1993), il che è impossibile. Ma lui è così pop, e ascoltarlo è così facile, mica come Bossi, con le sue menate di Po, federalismo e cose difficili come i «20mila lancieri padani che hanno salvato Vienna dall’assedio del Turco», toccava studiare storia per capire chi era stato Eugenio di Savoia-Soissons.
«Hanno messo una bomba a Treviso, davanti alla nostra sede, ci hanno dichiarato guerra», e lì la folla si agita. «Ma se pensano di fermare la Lega e il governo, hanno trovato la persona sbagliata! Noi andremo avanti!», e quasi vien giù il capannone di Pontida, dall’entusiamo, i bravo, gli applausi. Poi, la battuta: «Ma questi vanno curati, e solo dopo arrestati», ah ah, ridono tutti.
«Vanno bene gli immigrati regolari, che pagano le tasse. Ma se uno mi dice togli il crocefisso, io gli dico adesso te ne vai a casa tua», e qui la folla ruggisce. Poi «grazie per aver portato qui tanti bambini, sono il futuro, sono un sole...», il che fa sognare mamme e papà, non i genitori 1 e 2. «La mano gli toccai», ha strillato una catanese di una certa età. Sembra il libro “Cuore” («questa è la carezza del re»), o «dite ai vostri bambini che questa è la carezza del papa», e insomma manca la trebbiatura del grano, ma quest’anno è già passata.