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 2018  agosto 19 Domenica calendario

Il sesso in letteratura, intervista allo scrittore Carlo D’Amicis

Tutto è sesso, da un certo punto di vista, se con il sesso identifichiamo l’eros. Dunque, anche la letteratura. Anzi, sono convinto che la letteratura sia un processo – nel senso più esteso del termine – erotico, che si stabilisce tra chi scrive e chi legge: c’è una forma di seduzione, una forma anche di impossessamento dell’altro». Carlo D’Amicis è arrivato finalista all’ultimo premio Strega con Il gioco, mettendo al centro del romanzo un’ossessione sessuale, dove è il marito a manovrare i tradimenti della moglie. Un romanzo che pur lodato per la forma è stato criticato per il contenuto troppo audace. Tanto da escluderlo dalla votazione dello Strega Giovani: perché adatto solo agli adulti.

Il triangolo lui-lei-l’altro è un classico della letteratura: qui però lei si spinge oltre. Come mai ha deciso di affrontare il tema dell’erotismo nella sua sfaccettatura più trasgressiva?
«Nelle forme estreme del vivere spesso si annidano istruzioni per l’uso che un racconto più normale non ci rivela. La letteratura è piena di personaggi estremi, da Don Chisciotte a Madame Bovary. Se ne potrebbero fare di esempi che sono preda di ossessioni estreme, e che in questo estremismo ci dicono qualcosa che riguarda tutti. I personaggi del mio romanzo sono sì estremi, eppure vicini a ciascuno di noi».
Attraverso il sesso si parla d’altro: libertà, potere, identità.
« Penso che la sessualità, l’erotismo, la sfera del desiderio siano strumenti utili e originali per entrare nella psiche umana. Senza arrivare a Freud, il collegamento tra il vissuto di ciascuno di noi e la sfera del desiderio è molto stretto. Per questo mi è sembrato possibile arrivare a raccontare i sogni, le disillusioni, le paure, le fragilità di alcuni personaggi filtrandoli attraverso l’erotismo. È una cosa che in letteratura è rara: il linguaggio dell’eros è sempre stato stereotipato, confinato nella pornografia oppure in una forma edulcorata legata al sentimento. Solo alcuni grandi libri – penso a Lolita, penso aLamento di Portnoy di Philip Roth, a Salman Rushdie, ad alcune cose di Carrère, penso allo stesso Moravia, con esiti ovviamente migliori dei miei – hanno tentato di mettere in relazione la vita delle persone con la sfera dell’eros. Sfera della quale l’atto sessuale è solo una minima e trascurabile parte: entriamo in un territorio molto più profondo del semplice rapporto sessuale».
A un certo punto lei dice: "La cosa affascinante del sesso è ciò che gli ruota attorno". Cioè?
«Cioè la vita. Il modo in cui vediamo gli altri per la prima volta, in cui ci rapportiamo ai nostri genitori, in cui guardiamo il nostro corpo e quello degli altri, il modo in cui pensiamo di condividere gli spazi con gli altri. Mi viene in mente un libro di Massimo Recalcati sulla relazione erotica tra maestro e discepolo, L’ora di lezione: in questo senso l’eros è un territorio vastissimo, che investe l’intera personalità dell’individuo. Tutta questa rete di pulsioni trova il suo punto terminale nel desiderio sessuale, ma a monte c’è un portato di istinti, di intrecci tra razionalità e irrazionalità che ci definiscono. Anche nei personaggi che racconto l’ossessione per il sesso nasce da elementi che col sesso non hanno strettamente a che fare. Prendiamo il primo, Leonardo: è un amante seriale, nello stesso tempo cardiopatico fin dall’adolescenza. Cerca una affermazione di sé, una conferma che ce la può fare, che il suo cuore reggerà in chiave materiale, ma anche metaforica. Entrare nel rapporto con il sesso ci aiuta a capire chi siamo». Per come è costruito il romanzo vengono in mente "La vita interiore" di Moravia o David Foster Wallace. Oppure? «Foster Wallace certo: Brevi interviste con uomini schifosi è un altro libro che ho amato molto. Non so se siano dei riferimenti. Più che rimanere accostato a dei modelli ho cercato, anche se con un linguaggio spesso molto esplicito, di stare lontano dalla pornografia, dove l’individuo è solo con le sue ossessioni. I miei personaggi vivono il sesso come forma di ricerca dell’altro oltre che di sé. Questa è una differenza che mi sta molto a cuore: la sessualità come ripiegamento su sé stessi contro una sessualità che, magari donchisciottescamente, esplora forme di relazione diverse, non per forza condannabili e non necessariamente condivisibili».
Usa molto l’inglese: l’italiano è troppo casto?
«La trasgressione erotica è regolata da un linguaggio di matrice anglosassone, ma più che la questione dell’inglese è interessante la quantità di regole su ruoli e comportamenti. Laddove il sesso è una liberazione degli istinti, mi colpisce che il "gioco" prescriva formule rigide».