la Repubblica, 19 agosto 2018
Il porno di ieri e di oggi e lo strano libro di Barbara Costa
Una giornalista spigliata, anzi molto spigliata, pubblica una erudita inchiesta sulle virtuose conseguenze della pornografia nella nostra vita, alienata o sempliciotta, rabbiosa o sbadigliante, o tutte due. Si chiama Barbara Costa, una collega che scrive sul molto consultato sito Dagospia, il solo che alla pubblicazione di Pornage, saggio molto curato nella grafica, con bella copertina, abbia avuto il privilegio di intervistarla: se no, niente interviste, niente presentazioni del libro. Timidezza? Superbia? Tempo inutilmente sottratto allo studio della pornoscienza? A quel nome sul web corrispondono persone diverse e di diversa professione, come per tutti: giornalista, prof. associata scienze biologiche alla Bicocca, soprano noto per la sua Casta Diva, coordinatrice patrimonio Cariplo responsabile archivio storico, pornostar specialista in spank bang e bukkake (se interessano i particolari consultare un porno dizionario).
Andrea Gentile, trentenne autore tra l’altro del lodato romanzo I vivi e i morti, ha conosciuto la Barbara Costa giornalista ( le altre non si sa) a una cena a Roma, e subito si è infiammato, da direttore editoriale del Saggiatore, per la sua sapienza generale e in particolare del mondo porno di oggi; molto più stuzzicante e vario di quelli, bonaccioni, raccontati anche da Mario Soldati e Dino Buzzati con la poetica nostalgia delle case chiuse. La misteriosa autrice si dichiara bisessuale con tendenza lesbo e “sofisticata fruitrice di porno”, soprattutto di quello “soft”, possibilmente “teen”.
Una esperta anche storicamente, e infatti Pornage cita pure i pregi di una scultura “hot” palestinese di 11mila anni fa. Nell’immenso sexyparadiso contemporaneo offerto dal web, si è liberi di essere fantasiosamente sporcaccioni, senza limiti, come racconta sfrenatamente l’inchiesta. Intanto basta con la misera sigla LGBT: che limita troppo le possibilità esistenti. La sigla si sincronizza sulla bizzarria della realtà, LGBTQQKIIAA: cioè, se interessa, oltre al tradizionale Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, bisogna aggiungere gli indispensabili, Questioning Kink, Intersex maschio, Inter- continua?
sex femmina, Asessual, Alleato (della causa LGBT). Ai non iniziati, a chi non ha quella fissa lì, a chi non osa più perché li ha scoperti la moglie, o più raramente il marito, o a quelli che sfiniti, si sono poi ritirati in una moderna Tebaide come quasi 2000 anni fa San Pacomio e San Pacario, può parere curioso che ogni sconfinamento abbia la sua definizione in inglese; va bene che tutto il mondo genitale è paese, ma insomma, possibile che noi italiani nei secoli si sia rimasti in posa missionaria senza mai un simpatico sbandamento? Tanto che fiduciosi della versatilità artigiana degli italiani ci si domanda se siano davvero i cliccanti a cercare gustosi approcci a Drunk Porn, Riot Sluts, Porno Spy, Porno Beurette e a un altro centinaio di offerte. Oppure che i versatili creatori di siti se li inventino, diano loro un titolo invitante e soprattutto incomprensibile e obblighino i clienti (si paga e talvolta si è poi ricattati) a crederci e a non lasciar perdere la novità.Secondo una preziosa ricerca su Pornhub (sito specializzato con 80 milioni di clic quotidiani) i lombardi preferiscono la categoria Ebony, i piemontesi Bondage, i pugliesi Amateur,i calabresi Big Dick: mentre per le signore, Lesbian e Anal al Nord, Mature e Milf al Sud. Informarsi se lo si desidera. E se si è davvero curiosi, si è ancora in tempo per leggere Il gioco di Carlo D’Amicis – che intervistiamo in queste pagine – incluso nella cinquina del recente Premio Strega, scritto benissimo ma immagino impossibile da premiare perché porchissimo: storia di un triangolo (ma non è così semplice parlarne se non parlando d’altro) in cui un marito è il cuckold, l’organizzatore delle sue stesse corna, la moglie è consenziente a farlo con ilbull di mestiere, il maschio alfa: anche in questo caso, cuckold e bull, che la lingua italiana sia casta o semplicemente si fa ma non se ne parla?
Più si penetra (pardon) nelle 307 pagine di Pornage, più viene un vile sospetto: ma esiste davvero Barbara Costa? E comunque l’autore è davvero una femmina? Insospettisce quello che si può considerare un errore madornale che una signora, soprattutto se molto liberata, non farebbe mai: indicare come eroi della sua e nostra liberazione Larry Flint, editore di Hustler, rivista un po’ porno degli anni ’ 70, e Hugh Hefner, l’inventore del mensile Playboy, iniziato nel 1953 ed esploso negli anni ’ 70: fu Hefner ad inventare le pagine centrali con belle ragazze seminude (la prima fu la sconosciuta Marilyn Monroe), a creare le playmate, le “compagne di giochi”, in bustino e berretto con le orecchie da coniglio e per questo chiamate da noi conigliette: dovevano ondeggiare e sorridere sempre, servendo ai tavoli dei Playboy Club e il loro lavoro non sempre finiva lì. Le riviste ebbero un successo enorme anche in Italia, arricchendo in modo spropositato i due furboni americani. E da noi anche Saro Balsamo, che nel suo mensile Le Ore (o sul settimanale Men?) pubblicò con successo mondiale, nel numero di agosto 1975, la foto clandestina di Jacqueline Kennedy nuda in vacanza.
Quegli uomini che la Costa considera eroi confermarono ai maschi i loro diritti di uso e consumo del corpo femminile, e ingabbiarono ancora di più le donne nella discriminazione, umiliazione, asservimento, sfruttamento, proprio quando per nostra fortuna cominciarono a formarsi i primi gruppi di ribellione femminista: che infatti Costa detesta. Sospetto che Pornage l’abbia scritto un uomo non più giovane e appassionato fruitore quotidiano di porno, o meglio ancora un gruppo di bontemponi che se la sono spassata investigando e cliccando. Il ricorso a un nome femminile è ovvio: se è una donna a saper tutto del porno e magari a frequentarlo, pare più eccitante: a meno che ci si sia ricordati del più bel romanzo erotico mai scritto, anno 1954, Histoire d’O,appunto opera di una donna, Dominique Aury, anche autrice di una antologia di poesie religiose.
Chi si nasconda dietro il marchio di Barbara Costa è privo di interesse, quindi non si scaverà nel mondo editoriale per conoscerne l’identità. Si eviterà ovviamente di chiamarla l’Elena Ferrante del porno.