la Repubblica, 19 agosto 2018
Avanti insetti, futura umanità
Cosa fanno gli entomologi? Studiano gli insetti, ovviamente. Per questo viaggiano attraverso il mondo. Stefano Tirullazzi, per esempio, ha trascorso parte della sua vita in Malesia, Indonesia, Costa Rica, Australia e altri posti esotici alla ricerca delle vespe. Tirullazzi è professore ordinario di Zoologia alla Università di Firenze. Nel 2003, dopo trent’anni di studi, ha pubblicato un piccolo capolavoro: La Società delle Vespe (Alberto Perdisa Editore), libro quasi esaustivo su questo insetto ben poco considerato, fastidioso e ritenuto per lo più inutile. Errore, perché, come si è scoperto, le vespe sono fondamentali per la produzione vinicola: aiutano la fermentazione dell’uva. Delle vespe cartonarie, dette così per via della particolare materia dei loro nidi, genere polistes, ne esistono 206 specie diffuse ovunque nel mondo, e ben presenti in Italia. Per scrivere la sua tesi di laurea nel 1972 Stefano Tirullazzi s’arrampica sul tetto della casa della cugina a Firenze, in precario equilibrio tra le tegole nel tentativo di prelevare quattro colonie di polistes, come racconta nel suo ultimo libro per le edizioni ETS, Le politiche degli insetti, dove alterna riflessioni sui suoi amati insetti sociali a racconti delle ricerche e avventure nei quattro continenti con reticelle, sacchetti di plastica, contenitori trasparenti e apparecchiature ingegnose. Gli insetti sociali di cui si occupa il professore sono le api, le formiche e le termiti, oltre naturalmente alle vespe. Gli insetti, a sua detta, sono quello che diventerebbero le società umane se non ci fossero la cultura, il confronto e il rispetto degli altri. Subito precisa che si tratta di un modello che si allontana tanto dalla democrazia come dalla tirannide e, passando per la discendenza comune dei membri, si sviluppa verso l’integrazione dei singoli nel gruppo e il successo del gruppo come tale. Le specie d’insetti attualmente conosciuti sono circa un milione, ma è probabile che vi siano in totale sul pianeta oltre 30 milioni di specie, molte delle quali attendono d’essere descritte. Edward O. Wilson, grande studioso di formiche, ha poi stimato che il peso di tutti gli insetti esistenti sia uguale a quello di tutti gli esseri umani. Quello degli Imenotteri, vasto ordine d’insetti, comprende circa 200.000 specie sinora descritte. Bisogna dire che gli entomologi, in particolare quelli che si occupano delle vespe sociali, fanno davvero un mestiere pericoloso. Sono sempre a rischio di essere punti, perché per studiare gli alveari bisogna prelevarli e sfidare la risposta aggressiva dei loro abitanti. Pungono le vespe ma anche le api, e persino alcune formiche: sono tutti Imenotteri Aculeati. Quando saliva sui coppi del tetto della cugina Tirullazzi non sapeva probabilmente ancora a cosa andava incontro. La sua prima puntura avviene per caso. Uscendo da una gabbia, una vespa gli si infila su per i calzoni. Seguono una o forse due punture. Poi più nulla. Dopo il militare torna a occuparsi della tesi. Però la terza, o quarta puntura, è fatale. La reazione è immediata e molto forte: in poco tempo l’aspirante entomologo comincia a sudare freddo e ad avere giramenti di capo, mentre i muscoli del ventre si contraggono; la respirazione appare faticosa. Uno dei suoi professori, un entomologo che è anche medico, gli pratica un’iniezione di cortisone. Ricoverato al pronto soccorso viene trattato con una dose di adrenalina e il suo corpo si ricopre di un’orticaria. Dimesso si rende conto di aver sfiorato lo shock anafilattico. Gli offrono di occuparsi di pesci oppure di pulci della sabbia. Torna immancabilmente alle vespe. Dieci anni più tardi, dopo vari rischi corsi, si sottopone a un “vaccino” ricavato da vespe americane, che tuttavia lo lascia scoperto rispetto a quelle italiane; perciò si mette lui stesso a produrre la soluzione. Il libro è un appassionato ritratto dei suoi insetti sociali, i “superorganismi”, come vengono chiamati dopo Morton Wheeler, il geniale entomologo che ha inventato l’espressione nel 1926. Molto più sociali di noi, api, formiche e termiti non hanno ancora conquistato il mondo superiore, quello che ora abitiamo, per via del guscio chitinoso che li distingue e impedisce loro di crescere al livello delle dimensioni dei mammiferi, e perciò dell’uomo, come sostiene E. O. Wilson. Secondo molti studiosi, tra cui l’entomologo dilettante Primo Levi, gli insetti sono destinati a succederci sul pianeta proprio per la loro stabilità evolutiva cominciata alla fine del Cretaceo, circa 60 milioni di anni fa, quando, con loro e grazie a loro, sono nati i fiori. Ci consola l’idea che dopo di noi ci saranno Imenotteri Apoidei e fiori?