la Repubblica, 19 agosto 2018
I Piigs sono diventati virtuosi
L’era dei Piigs da domani andrà ufficialmente in archivio. Il vecchio acronimo con cui sono stati etichettate le vittime della crisi dei debiti sovrani (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) è caduto in disuso da un paio d’anni. Segno che la bufera, incrociando le dita, è alle spalle. La Grecia sarà tra 24 ore l’ultimo paziente a uscire – sulle sue gambe – dalla tendina ad ossigeno della Ue. E l’Europa potrà, sottovoce, cantare vittoria: sul piatto ha dovuto mettere 500 miliardi di prestiti. Ma dopo aver ballato sull’orlo del baratro per otto anni, oggi può dichiarar chiusa l’emergenza.
L’efficacia e la validità delle cure imposte da Bruxelles è e rimarrà tema di dibattito per parecchio tempo. I risultati però sono lì a dimostrare che – almeno sul fronte economico – il Vecchio continente sta molto meglio del 2010. Grazie anche al “whatever it takes” con cui Mario Draghi e la Bce hanno disarmato la speculazione. L’Irlanda è senza dubbio il caso di maggior successo tra i Piigs. La bolla immobiliare ha fatto saltare il mercato del mattone e travolto le banche. L’Unione ha firmato un assegno da 78 miliardi per tappare i buchi. E Dublino ha reagito a tempo record. Dopo il bail out del 2013, già nel 2014 il Pil è salito del 4,8%. Nel 2016, grazie alle distorsioni dei flussi di capitali esteri, è balzato addirittura del 26,3% e anche quest’anno è quella che cresce di più nel continente.
Un alunno modello è stata anche la Spagna che per salvare le banche ha usato solo 41 dei 100 miliardi messi sul piatto da Bruxelles e dopo una drastica ristrutturazione del sistema creditizio è oggi perfettamente in grado di fare da sola senza dover effettuare altri prelievi da quel tesoretto. Grazie a un Pil cresciuto in media del 3,2% negli ultimi tre anni. Il barometro è sul bel tempo anche a Cipro, uscita da un paio d’anni dal piano di salvataggio grazie a un salvagente da 7,3 miliardi (meno di quelli stanziati) senza pagare troppe conseguenze sull’economia nazionale.
Un po’ più complessa rimane la situazione in Grecia e Portogallo. Dove (vale anche per l’Italia) il nodo è ancora il debito. La cura Tsipras ad Atene e l’austerity “temperata” di sinistra del governo di Antonio Costa in Portogallo hanno messo in equilibrio i conti pubblici.
Entrambi i Paesi scontano però problemi di produttività che sommati a una montagna di prestiti da onorare non permettono ancora di sciogliere la prognosi sul loro stato di salute. Ma dopo anni di brividi, Bruxelles ora ha voglia solo di festeggiare lo scampato pericolo e il salvataggio dell’euro, che le consentono di affrontare con meno patemi tutti gli altri problemi politici dell’Unione. Che non sono pochi. Al resto, semmai, si penserà domani.