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 2018  agosto 19 Domenica calendario

L’autismo sotto il nazismo

Al pediatra austriaco Hans Asperger viene riconosciuto tardivamente il ruolo di pioniere degli studi sull’autismo. Nasce a Vienna nel 1906 e per paradosso la sua infanzia solitaria, e la difficoltà ad avere rapporti sociali con i suoi coetanei, ha spinto molti a credere che soffrisse dello stesso disturbo che avrà modo di studiare molto più tardi. Nel 1938 pubblica un lavoro in cui descrive una «psicopatia autistica» a cui nel 1944 dedica la sua tesi di dottorato. Un suo collaboratore, Georg Frankl, emigra negli Stati Uniti nel 1937 e lavora alla John Hopkins con Leo Kanner che porterà quest’ultimo a definire una forma di autismo infantile precoce. 
In tempi recenti c’è stato un vivace dibattito su chi avesse descritto per primo questo disturbo: Kanner era di origine austriaca e quindi aveva avuto modo di leggere le poche pubblicazioni del pediatra viennese in tedesco. Ma perché il quadro clinico descritto da Asperger abbia piena accoglienza in Occidente bisognerà attendere i primi anni ’80, quando la psichiatra inglese Lorna Wing lo definisce con maggiore precisione citando espressamente la tesi di dottorato del 1944: a differenza dell’autismo classico il disturbo descritto da Asperger non presenta particolari ritardi nello sviluppo cognitivo e del linguaggio, anche se risultano compromesse forme di interazione sociale e schemi di comportamento ripetitivi. Ed è così che si fa strada una ricostruzione agiografica dell’opera del pediatra viennese descritto come una sorta di Oskar Schindler. Avrebbe salvato molti adolescenti dalla scure dei programmi nazisti di eugenetica facendo leva sulle qualità che spesso dimostrano di avere (il riferimento è al cosiddetto autismo «ad alto guadagno»). Fra gli estimatori di Asperger c’è anche la psicologa dello sviluppo Uta Frith che nel ’91 pubblica in inglese un libro dove lo si cita lungamente. La diffusa circolazione di queste ricostruzioni determina un uso sempre maggiore di questo termine nella pratica clinica e un continuo aumento del numero di casi descritti. Nel 1994 l’associazione americana di psichiatria include la Sindrome di Asperger nella quarta edizione del manuale statistico e diagnostico (DSM). Ma il fuoco cova sotto la cenere e i pareri non sono affatto unanimi: lo storico austriaco Herwig Czech, ad esempio, sostiene che Asperger è stato coinvolto nelle politiche naziste di “igiene razziale” e accusa la Frith di aver contribuito a diffondere l’idea che avesse difeso i suoi pazienti correndo personalmente grandi rischi. A frenare la diffusione di questo approccio contro corrente sono varie circostanze: intanto il pediatra viennese ha smesso di fare ricerca sull’autismo dopo la caduta del Terzo Reich, c’è la barriera della lingua – pochi leggono il tedesco – e l’ipotesi mai verificata che alla fine del conflitto molti documenti che lo riguardano siano andati persi o distrutti. 
Nel 2011 la storica Edith Sheffer di Stanford inizia un monumentale lavoro di ricerca partendo da un caso personale: al figlio Eric è stata diagnosticata all’età di 17 mesi una sindrome autistica. Avrà modo, quasi ossessivamente, di consultare in Austria vari archivi e la pubblicazione del suo libro nel 2018 farà grande scalpore: Asperger era sicuramente un esponente della pediatria dal volto umano (la Heilpädagogik), ma molti documenti dimostrano che non poteva non sapere cosa avveniva nella clinica viennese Am Spiegelgrund dove si praticava l’eutanasia in adolescenti “geneticamente inferiori”. Non si era mai iscritto al partito nazional socialista, ma due direttori del centro viennese, entrambi ferventi nazisti, Franz Hamburgher ed Erwin Jekelius, lo avevano protetto e aiutato a fare carriera. In almeno una trentina di casi Asperger aveva firmato delle cartelle cliniche che avevano portato degli adolescenti al ricovero coatto nel famigerato Padiglione 17 e quindi all’eliminazione di alcuni di loro tramite forti dosi di barbiturici. È abbastanza probabile che dopo la caduta del Terzo Reich in Germania e in Austria sia scattata una gigantesca rimozione collettiva. Asperger si trincera in un profondo silenzio, anche se continuerà a far carriera, ma rilascia una lunga intervista nel 1974 dove prende le distanze dalla folle ideologia nazista. 
Una lettura più attenta dei suoi interventi scientifici fra il 1938 e il 1945 sconfessa questa versione assolutoria. A parlare sono una lunga serie di documenti originali che raccontano un’altra storia: dopo l’Anschluss del 1938 le università austriache, e le istituzioni sanitarie, sono preda di un violento antisemitismo e scatta una profonda epurazione del personale di origine ebraica. Asperger aveva ricoperto incarichi di rilievo nell’ente che coordinava la politica sanitaria viennese ed era stato sottoposto a forme di valutazione professionale dal regime nazista – che aveva sempre superato – tramite i rapporti dei suoi diretti superiori, Hamburgher e Jekelius. Non ha mai preso le distanze dalle politiche eugenetiche del regime, i programmi di sterilizzazione forzata e l’eliminazione dei soggetti considerati “irrecuperabili”. Lo dimostrano le cartelle cliniche di Elisabeth ed Herta Schreiber, due bambine di tre e di sei anni, non imparentate fra loro, che moriranno nello Spiegelgrund nel ’41 e nel ’42. Un particolare agghiacciante del documento che riguarda Herta indica che la madre era stata informata della sua sorte: ultima di sei figli, con il padre al fronte, e affetta da encefalite avrebbe rappresentato un peso insostenibile per la sua famiglia. 
Ovviamente i dati di Czech e la documentazione raccolta dalla Sheffer circolano in via preliminare fra gli addetti ai lavori. Ce n’è abbastanza perché il board della società internazionale sull’autismo prenda provvedimenti. Lo storico austriaco viene invitato a pubblicare una monumentale rassegna di 43 pagine su Molecular Autism mentre i dati raccolti da Edith Sheffer dilagano sui grandi quotidiani internazionali. A maggio del 2018 Simon Baron-Cohen, uno dei massimi esperti di questo ambito disciplinare, pubblica un intervento su Nature dove invita la comunità di riferimento a fare i conti con questo discusso caso che rischia di macchiare il buon nome della psichiatria infantile. Il suo intervento farà enorme scalpore, ma queste rivelazioni non arrivano come un fulmine a ciel sereno, perché negli ambienti psichiatrici circolano sin dai primi anni ’70. A prendere le difese di Asperger saranno pochi, intanto la sindrome che porta il suo nome è stata già eliminata dall’ultimo manuale statistico diagnostico (il DSM).