il Fatto Quotidiano, 19 agosto 2018
Storie di furti clamorosi di opere d’arte
Si può essere banditi e ladri, e si può essere garbati nell’esercitare la “professione”. Un po’ come Arsenio Lupin, l’elegantissimo “ladro gentiluomo”, intelligente, ironico, audace e intenditore d’arte oltre che della raffinata arte della seduzione. E che soprattutto non ricorre mai alla violenza. Come Arsenio, che rimane personaggio di fantasia, c’è chi nella storia si è mostrato uomo dalle buone maniere anche nelle vesti di truffatore.
Come Vincenzo Peruggia, imbianchino di Varese – allora trentenne -, a Parigi in cerca di fortuna, che il 21 agosto del 1911, alle 7 del mattino si introduce nelle stanze del Louvre per rubare il dipinto più famoso del mondo: la “Gioconda” di Leonardo. Peruggia a Parigi non se la passava troppo bene: era stanco di essere sbeffeggiato dai colleghi d’oltralpe per via della sua passione per il mandolino che si divertiva a strimpellare per le Rue della città (lo chiamavano “mangia-maccheroni”). Si era guadagnato un posto di lavoro al Louvre. Si aggirava per le sale del museo e pensava che quella fortuna lì i francesi la dovessero agli italiani: la “Venere delle Rocce”, “Amore e Psiche”, la “Monna Lisa”.
Per vendicarsi di quello che Peruggia pensava come un saccheggio da parte di Napoleone (in seguito, fonti storiche hanno accertato che la “Monna Lisa” è stata ceduta volontariamente da un assistente di Da Vinci a Napoleone stesso), e dell’insolenza dei francesi nei suoi confronti, aveva deciso di passare all’azione. Approfittando della poca vigilanza all’alba nel giorno di chiusura (era il lunedì, come per i barbieri), e avendo accesso alle chiavi del museo – lavorava lì come decoratore -, entra nella sala e stacca il quadro. Poi rimuove la cornice, arrotola la tela sotto la divisa da imbianchino, scappa a casa e nasconde “Monna Lisa” nel cassetto del tavolo da pranzo. Le indagini iniziano a spron battuto, ma non portano a nulla. Solo nel 1913 Peruggia decide che la “Gioconda” deve fare ritorno a casa. È lui a contattare il direttore degli Uffizi di allora, Giovanni Poggi, ponendogli come condizione per la restituzione che il quadro resti in Italia (oltre a una ricompensa di mezzo milione di lire di allora). I due combinano un appuntamento. L’incontro ha luogo, Peruggia viene arrestato e la “Monna Lisa”, dopo essere stata esaminata e ritenuta “quella originale”, fa ritorno a Parigi. Perse del tutto le sue tracce, oggi il ladro potete “trovarlo” su Facebook: ha un profilo personale, si fa chiamare simpaticamente “Vinnie”. Nella biografia, alla voce “professione” si legge: trafugatore d’arte…
C’è chi poi si è redento. È il ladro senza identità dell’Upper East Side di New York che nell’estate del 1988 aveva fatto il colpo della vita. Era riuscito a introdursi nell’abitazione di una coppia benestante – i coniugi ottantenni Heller che in quel periodo erano i vacanza come sempre nella loro villetta di Aspen, in Colorado. Entrato, aveva adocchiato e poi rubato “Otello e Desdemona”, il dipinto di Marc Chagall ispirato all’opera di Shakespeare. Trent’anni e svariate indagini dell’Fbi dopo, l’uomo ha direttamente contattato le forze dell’ordine: “Pronto Fbi, ho il quadro di Chagall rubato alla coppia Heller. Vorrei restituirlo perché non sono riuscito a rivenderlo”. La refurtiva era rimasta nella soffitta di casa sua, in un barile sul quale aveva apposto un’etichetta con scritto “lavoretti scolastici”. Nella scatola nessun pupazzetto in pasta di sale o in plastilina, ma un quadro che oggi vale 65mila dollari. Buone notizie per il ladro: il reato è andato in prescrizione, e quindi non sconterà alcuna pena.
Ma è il nord Europa la patria dei ladri riconoscenti. Era il 22 agosto 2004 e due banditi, dopo essersi introdotti armati nel Museo Munch di Oslo, hanno rubato due dipinti del valore di 92milioni di dollari dell’omonimo artista – “l’Urlo” e la “Madonna” -. I quadri erano appesi alla parete del museo con dei semplici fili, senza nessuna barriera protettiva. Durante il colpo, nessun allarme ha suonato e i ladri si sono allontanati indisturbati lasciando un biglietto agli organizzatori del museo: “Grazie per la scarsa sicurezza”. Il furto tra l’altro era l’escamotage per complicare le indagini sulla rapina alla banca di Stavanger avvenuta tempo prima. Le opere trafugate rappresentavano la moneta di scambio per David Toska – il criminale condannato a 19 anni di carcere per la spettacolare rapina in banca, e che aveva offerto la restituzione delle due opere d’arte di Munch rubate su sua commissione, in cambio di una riduzione della sua pena già dopo il processo d’appello. Il 31 agosto 2006 la polizia norvegese ha recuperato entrambi i quadri. I banditi – malasorte – sono stati fermati e arrestati.