il Fatto Quotidiano, 17 agosto 2018
Benetton e autostrade: pedaggi certi, ma promesse fragili. Impegni e intese non rispettati
Quei tratti autostradali della A7, la Milano-Genova e della A10 la Genova-Savona, quella del ponte crollato, non dovevano essere in cima ai pensieri dei vertici di Autostrade. Almeno per quanto riguarda la cura e la manutenzione. Nel piano degli investimenti complessivo della società quei due tratti erano tra i negletti quanto a portata degli investimenti effettuati.
Lo dimostra un documento del ministero dei Trasporti. La relazione sull’attività di Vigilanza delle autostrade italiane, redatta ogni anno dal ministero, indica che sui tratti A7 e A10 gli investimenti erano al lumicino. Solo 17 milioni spesi nel 2016 (ultimo anno di rilevamento) contro ai 44 milioni che avrebbero dovuto essere spesati secondo gli impegni del piano economico finanziario che Autostrade aveva redatto e consegnato al governo. Un anno in cui si è tirata la cinghia? Non proprio e soprattutto non fu solo quell’anno a disattendere gli impegni di investimento presi dalla società nei confronti del concedente.
Lo stesso documento dà conto della mole di investimenti nel periodo 2008-2016. Ebbene Autostrade spa ha investito su quei tratti 76 milioni di euro in otto anni. Avrebbe però dovuto spenderne molti di più. L’impegno preso dai Benetton prevedeva infatti investimenti complessivi per quei tratti di rete per 280 milioni nel periodo 2008-2016. Un gap di quasi 210 milioni di soldi non investiti. La tratta del ponte Morandi crollato pare quindi essere la Cenerentola per quanto concerne la cura che la società doveva assicurare. E che in generale Autostrade tendesse a spendere meno in investimenti sull’intera sua rete di quanto programmato lo dicono i numeri dell’indagine ministeriale.
All’appello nel solo 2016 mancano 400 milioni, dato che la spesa effettiva fu di 612 milioni a fronte di un impegno per oltre un miliardo. E se si butta lo sguardo sul periodo dal 2008 al 2016 si evince che su un totale di impegni programmati per 9,9 miliardi di euro, la società mise mano al portafoglio per 8,3 miliardi. Un miliardo e mezzo di investimenti in meno in otto anni. E meno investi più guadagni.
Non solo ma mentre si lesinava sugli interventi per l’efficienza e la sicurezza della rete sul fronte opposto gli incassi lievitavano. Nel periodo 2008-2016 a fronte di un tasso d’inflazione cumulato dell’11,5% la remunerazione tariffaria per i Benetton è aumentata di più del doppio al 25 per cento cumulato.
Certo, le tariffe prevedono un “quid” in più rispetto all’andamento generale dei prezzi. Quel margine serve infatti a remunerare gli investimenti della società. Sempre che si facciano, però. E a leggere il documento della Vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti balza all’occhio quel buco di 1,5 miliardi di investimenti non realizzati negli ultimi otto anni. Forse non servivano o forse la società era in ritardo temporale rispetto alla road map della sua politica di gestione della manutenzione. Fatto sta che quel miliardo e mezzo in meno è stato remunerato ampiamente dalle tariffe, senza che però fosse speso.