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 2018  agosto 15 Mercoledì calendario

Dalla Cripto Valley alle sagre, ecco cos’è rimasto dei bitcoin

Esiste un sito web citatissimo tra gli appassionati di bitcoin e criptovalute: si chiama Bitcoin Obituaries ed è una piattaforma che raccoglie e annovera ogni volta in cui bitcoin è stato dato per morto dalla stampa e dagli esperti. Finora la criptovaluta sarebbe morta già 307 volte e a guardare la cronaca di questi giorni sembrerebbe di essere nel pieno dell’ennesimo decesso. Ieri il valore dei bitcoin è scivolato di nuovo sotto la soglia dei 6mila dollari e in mattinata, sulla piattaforma Coindesk, si è attestato a 5960 dollari, vicino ai minimi di fine giugno e ai livelli dell’autunno 2017, prima del e balzo di che l’aveva portato a sfiorare i 20 mila dollari.
La valle dei bitcoin italiana e l’innovazione silenziosa
In un momento di stasi del valore delle criptomonete, ormai lontani dai picchi di dicembre e gennaio, andiamo a Rovereto, in Trentino Alto Adige, definita la Bitcoin Valley italiana perchè è la città con la maggior densità di negozi che accettano bitcoin in Europa. “Il posto dove puoi dire ‘sono due giorni che non uso gli euro’” spiega Marco Amadori, fondatore di Inbitcoin, società che sviluppa soluzioni per le criptovalute e che si è specializzata anche in consulenza. Con lui, nel bar in piazza che si chiama “Mani al Cielo”, c’è Nicola Vaccari, uno dei soci. Indossa una maglia con su scritto “Satoshi Nakamoto sono io”, riferimento all’anonimo inventore dei bitcoin di cui ancora oggi nessuno conosce l’identità. Saranno loro a pagare – ovviamente in bitcoin – le consumazioni della chiacchierata. Il barista porge un tablet sul quale c’è un’applicazione e il codice Qr del suo portafogli, digita l’importo da pagare e il cliente, inquadrando il codice dal suo telefono, autorizza il trasferimento – in questo caso – di 1,43 millibitcoin – dal suo portafogli. L’obiettivo è capire, finito l’entusiasmo dei mesi scorsi, cosa sia rimasto di tanto fermento.
I negozianti: “Un metodo come altri per pagare”
A Rovereto, almeno una trentina di negozi accettano pagamenti in bitcoin: un’edicola nei pressi della stazione, un parrucchiere, un negozio che vende giochi di società e di ruolo (“In molti pagano in bitcoin – spiega il commesso – anche perché la nostra clientela è fatta comunque di persone che si potrebbero definire un po’ ‘nerd’”), molti ristoranti in centro, da quello vegano a quello cinese. Sulle vetrine, tra gli adesivi che indicano le carte di credito e bancomat accettati, c’è anche l’adesivo con la scritta “Bitcoin”. Come all’entrata della macelleria di carne equina “Zenatti”: “Ogni tanto qualcuno viene, acquista la carne e chiede di pagare in bitcoin – spiega Massimo, il titolare – sono principalmente giovani, anche molto simpatici. Per credere in una tecnologia del genere devi essere aperto mentalmente”. È contento: “È una forma di pagamento come un’altra – spiega – e a me fa piacere avere qualche bitcoin: certo, ogni tanto perdo qualcosa ma ogni tanto ci guadagno anche”. Assicura di non essersi arricchito: “Altrimenti non sarei qui, ma sulla mia villa in riva al lago”.
L’altalena dei prezzi e il progresso continuo
“Bitcoin ha dato tanto in questi anni – spiega Amadori – ricordo quando la grande notizia era che il valore di bitcoin fosse arrivato a un dollaro. Sono convinto che il prossimo boom sarà mediaticamente ancora più rilevante”. Il concetto è che Bitcoin non è cambiato, le sue caratteristiche sono rimaste le stesse, è ancora una risorsa limitata e dalla quantità prevedibile perché il suo valore non è legato ad alcun bene materiale ma solo a una formula matematica (l’algoritmo che le macchine devono risolvere per produrli). “Quindi esistono delle certezze sulla sua produzione”, spiega Amadori.
Poi c’è lo sviluppo tecnologico, quella parte invisibile a chi acquista e vende solo per fare guadagni. “In questo bar – spiega Amadori – c’è stata la prima transazione con una nuova tecnologia che si chiama Lightning Network, un secondo strato rispetto alla blockchain (la tecnologia su cui si basa bitcoin, ndr) che permette di velocizzare le transazioni e renderle più efficienti”.
Tralasciando i tecnicismi, che chi è davvero appassionato potrà approfondire online, il punto è che nella comunità bitcoin ciò che conta sono tecnologia e capacità di guardare a largo raggio: sul lungo periodo, i bitcoin e la tecnologia su cui si basano, la cosiddetta blockchain (una serie di blocchi concatenati tra loro su cui sono registrate tutte le operazioni in modo irreversibile), hanno fatto passi da gigante arrivando rispettivamente a centinaia di migliaia di dollari e ad essere una delle innovazioni più attraenti per la fintech e l’industria.
A Rovereto, per Inbitcoin, lavorano sette sviluppatori. La metà di loro vive nella stessa casa, hanno tra i 23 e i 41 anni, la loro settimana lavorativa termina il giovedì. Sviluppano, ricevono il loro stipendio in bitcoin e li spendono: in questo modo possono sperimentare gli stessi sistemi che creano e prendere spunto per migliorarli. “Sviluppo software in bitcoin – racconta Antonio Parrella, 31 anni – e mi occupo soprattutto di applicazioni mobile. Si lavora tutto il giorno, facciamo pausa pranzo spendendo i nostri bitcoin nei locali che li accettano e riprendiamo a lavorare”. C’è chi si occupa di web, chi di mobile, chi di altre tecnologie. “Sono venuto qui dal Friuli, sono stato un perito informatico e ho conosciuto i bitcoin su internet – dice –. Mi diverto, come ci si diverte negli altri lavori. Forse un po’di più”.
Il recente “decesso” e i nuovi timori
In questi giorni, bitcoin sta vivendo un nuovo calo dopo mesi di apparente stabilità. L’ennesimo, direbbero gli esperti. Alla base, la reazione alle cautele della Sec, l’ente americano che vigila sulla Borsa, che alcune settimane fa ha rinviato a settembre l’autorizzazione del primo Etf legato all’andamento del Bitcoin, dopo la bocciatura a luglio della proposta di un Etf avanzata dai gemelli Tyler e Cameron Winklevoss, ex soci di Mark Zuckerberg in Facebook e ora molto attivi nel mondo delle criptovalute.
Inoltre, qualche giorno fa, in un report di metà anno sull’outlook economico, il team di strategia di investimento di Goldman Sachs ha sostenuto che il prezzo del Bitcoin probabilmente scenderà ancora, oltre il 45% che ha perso nei primi sette mesi del 2018. “La nostra previsione che le criptovalute non avrebbero mantenuto il proprio valore nella loro incarnazione attuale rimane intatta e di fatto è stata confermata molto prima di quanto non ci aspettassimo” è stata la sentenza. “Ci aspettiamo ulteriori cali in futuro, perché riteniamo che queste criptovalute non svolgano alcuno dei tre ruoli tradizionali di una valuta: non sono né un mezzo di scambio, né un’unità di misura, né un deposito di valore”.
La serie delle truffe, soprattutto all’estero
In Thailandia, nei giorni scorsi, sette persone sono state arrestate per aver truffato un giovane investitore finlandese a cui è stato sottratto l’equivalente di 24 milioni di dollari. Scoprire la dinamica ha richiesto molti mesi di indagini.
I truffatori proponevano alle vittime l’acquisto di azioni e un altro tipo di criptovaluta, la Dragon Coin, che – riferivano – sarebbe stata utilizzata in un nuovo casinò di Macao (che facevano anche visitare). Prendevano poi i bitcoin, li vendevano e trasferivano il ricavato sui conti correnti.
Una truffa che fa il paio con quella, sorprendente, avvenuta in Corea la settimana prima: la polizia sudcoreana ha fatto irruzione negli uffici di un’azienda che aveva raccolto oltre 53 milioni di dollari di fondi, promettendo agli investitori in criptovalute di ripagarli con l’oro da recuperare in un incrociatore russo affondato circa 113 anni fa. Peccato non ci fossero prove della presenza di oro o di qualsiasi altro oggetto di valore all’interno della nave. Come dire: in parte c’entrano i bitcoin, ma non solo.
La Blockchain, la cura per tutti i mali
Il segreto per rimanere nell’universo bitcoin è quindi guardare oltre il suo valore economico. La tecnologia su cui si basano le criptomonete, la blockchain, può avere infatti molteplici applicazioni ed essere sviluppata per i più svariati ambiti: se ne parla per mettere in sicurezza i dati personali e la loro trasmissione, si inizia a sperimentare la possibilità (già reale in Estonia) di utilizzarla per il voto digitale, sembra si stia rivelando molto utile nella gestione della burocrazia del servizio marittimo. “A gennaio – spiega Amadori – abbiamo fondato la prima società con capitale sociale versato direttamente in bitcoin senza passare attraverso le banche”. Come era stato teorizzato, insomma, dopo il boom resta soprattutto chi ha compreso e sposato la filosofia delle criptomonete. “Abbiamo collaborato con gli organizzatori del Festival della Cistecca, in Campania, per per permettere di pagare in bitcoin il menù della sagra di questa estate – spiega Vaccari -. Abbiamo accettato per l’entusiasmo mostrato. È questa l’essenza, ciò che rimane, al di là dell’entusiasmo che può generare il bitcoin o il suo improvviso boom”. Che, assicurano, tornerà ad esserci.