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 2018  agosto 15 Mercoledì calendario

Leif Ove Andsnes: «Visioni e sentimenti, la musica del Nord è figlia della sua natura»

ROSENDAL (NORVEGIA) Ci sono luoghi che paiono farci sfiorare concretamente l’universo, e nell’elenco si può introdurre Rosendal. Raggiungibile in nave dalla città di Bergen, antico centro-chiave della Lega anseatica, Rosendal è un villaggio tuffato nella natura nordica e riflesso nell’acqua di un fiordo. Malgrado sia distante da tutto, quest’angolo limpido di mondo vanta una sala da concerti avveniristica per il suo sistema acustico digitalizzato, costruita dentro le mura di un ampio ovile plurisecolare.
Qui il famoso pianista norvegese Leif Ove Andsnes, che alla sapienza musicale unisce una spiccata fantasia organizzativa, ha creato un festival di musica da camera ricco e prezioso sia per la qualità dei performer (l’americano Dover Quartet, il violinista diciottenne Johan Dalene, il violoncellista Edgar Moreau, l’arpista israeliano Sivan Magen, l’ottimo pianista Bertrand Chamayou, il baritono Matthias Goerne e altre celebrità fra cui lo stesso Andsnes), sia per lo spessore dei programmi a tema, accolti tanto nella futuribile Great Hall quanto in spazi raccolti come i salotti alla Barry Lindon del maniero che domina i boschi circostanti o come la bianca chiesa di Kvinnherad. Il titolo dell’edizione attuale, In the Shadow of War – 1914/ 1918, ci rammenta lo scadere dei cent’anni dal termine della Grande Guerra e segnala la rilevanza di un’epoca foriera delle maggiori rivoluzioni novecentesche in ambito musicale. Da Bartok a Berg, da Zemlinsky a Janá?ek, da Scriabin a Fauré, da Ives a Rachmaninov e a molto altro, il Rosendal Chamber Musical Festival illumina le innovazioni linguistiche «che sconvolsero l’arte quando il pianeta era in fiamme», nota Leif Ove Andsnes, il quale si presenta come un solido ed efficiente scandinavo estraneo agli atteggiamenti manierati diffusi tra i divi della classica. Eppure Leif Ove (nato nel 1970) qualche aria potrebbe darsela, essendo un artista ai vertici del pianismo internazionale.
Durante una guerra feroce possono fiorire opere geniali?
«È uno spunto che esige dibattiti e ascolto. Chiaro come il dolore possa produrre interrogativi e riflessioni. Poco prima dello scoppio del conflitto Stravinskij scrive un pezzo rivoluzionario come La Sagra della Primavera. Nello stesso periodo inizia a germogliare la Seconda Scuola di Vienna, con Schönberg, Webern e Berg, le cui ricerche avrebbero infranto le norme della tonalità. Elgar coincide col tramonto del romanticismo, in Francia sbocciano Ravel e Debussy, Bartok s’immerge nel folclore per reinventarlo… Stupisce l’eterogeneità delle tendenze che si sviluppano all’alba del secolo. Le voci sono nuove e assai diverse fra loro. Mi preme sottolineare queste differenze».
Lei è un sommo interprete di autori nordici quali Grieg e Sibelius. C’è una relazione tra la musica di questi compositori e i potenti scenari ambientali in cui operarono?
«Rispondo con un’associazione. Sento la musica italiana legata profondamente alla tradizione dell’opera e del teatro, cioè molto in rapporto con i sentimenti e le connessioni tra esseri umani, come lo è pure quella di Mozart. Invece la musica di Sibelius mi fa pensare a persone sole che osservano un paesaggio».
In questo luogo sembra instaurarsi un intimo scambio tra natura e musica.
«Rosendal è un sito fenomenale in cui ho suonato spesso e al quale sono legatissimo. Il grande Nord modella visioni ed espressioni. Grieg è il musicista-simbolo di un Paese la cui mappa si disegna nelle linee dei fiordi. La sua musica si nutre di questa terra, d’ispirazioni folk e anche di radici romantiche tedesche».
Può raccontare come scoprì la sua vocazione musicale?
«Sono cresciuto in un’isoletta norvegese, la nostra era una piccola comunità e non avevo mai assistito a un concerto. Ma i miei genitori insegnavano musica e a casa nostra venivano bambini a prendere lezioni. Così ho chiesto presto di farmi studiare, in modo spontaneo.
L’incontro decisivo lo ebbi a nove anni col mio maestro al Conservatorio di Bergen, Jiri Hlinka. Personalità cruciale, era influenzato molto dalla scuola pianistica russa. Trasmetteva con tutto sé stesso l’idea che la musica è una questione di vita e di morte».