Durante una guerra feroce possono fiorire opere geniali?
«È uno spunto che esige dibattiti e ascolto. Chiaro come il dolore possa produrre interrogativi e riflessioni. Poco prima dello scoppio del conflitto Stravinskij scrive un pezzo rivoluzionario come La Sagra della Primavera. Nello stesso periodo inizia a germogliare la Seconda Scuola di Vienna, con Schönberg, Webern e Berg, le cui ricerche avrebbero infranto le norme della tonalità. Elgar coincide col tramonto del romanticismo, in Francia sbocciano Ravel e Debussy, Bartok s’immerge nel folclore per reinventarlo… Stupisce l’eterogeneità delle tendenze che si sviluppano all’alba del secolo. Le voci sono nuove e assai diverse fra loro. Mi preme sottolineare queste differenze».
Lei è un sommo interprete di autori nordici quali Grieg e Sibelius. C’è una relazione tra la musica di questi compositori e i potenti scenari ambientali in cui operarono?
«Rispondo con un’associazione. Sento la musica italiana legata profondamente alla tradizione dell’opera e del teatro, cioè molto in rapporto con i sentimenti e le connessioni tra esseri umani, come lo è pure quella di Mozart. Invece la musica di Sibelius mi fa pensare a persone sole che osservano un paesaggio».
In questo luogo sembra instaurarsi un intimo scambio tra natura e musica.
«Rosendal è un sito fenomenale in cui ho suonato spesso e al quale sono legatissimo. Il grande Nord modella visioni ed espressioni. Grieg è il musicista-simbolo di un Paese la cui mappa si disegna nelle linee dei fiordi. La sua musica si nutre di questa terra, d’ispirazioni folk e anche di radici romantiche tedesche».
Può raccontare come scoprì la sua vocazione musicale?
«Sono cresciuto in un’isoletta norvegese, la nostra era una piccola comunità e non avevo mai assistito a un concerto. Ma i miei genitori insegnavano musica e a casa nostra venivano bambini a prendere lezioni. Così ho chiesto presto di farmi studiare, in modo spontaneo.
L’incontro decisivo lo ebbi a nove anni col mio maestro al Conservatorio di Bergen, Jiri Hlinka. Personalità cruciale, era influenzato molto dalla scuola pianistica russa. Trasmetteva con tutto sé stesso l’idea che la musica è una questione di vita e di morte».