Corriere della Sera, 15 agosto 2018
In Italia è in pericolo il 60% dei viadotti
Migliaia di chilometri. Con ponti, viadotti e gallerie. Tutta la rete stradale e autostradale che si snoda lungo l’Italia è attraversata da strutture come Ponte Morandi di Genova. Lunghi viadotti sospesi in aria che spesso si alternano a lunghi tunnel percorsi ogni giorno da migliaia di automobili e mezzi pesanti. Si tratta, però, di opere realizzate in tempi in cui il traffico era tutt’altro. Infrastrutture vecchie di oltre 50 anni, soprattutto in cemento armato, materiale che nei decenni si è usurato, diventando pericoloso. Due i crolli gravi solo nel 2017: uno sulla A14 vicino ad Ancona, due morti, l’altro nel cuneese, con due carabinieri rimasti illesi.
«Negli Anni 60 non si metteva in conto che il cemento armato si degrada», spiega Diego Zoppi, membro del Consiglio nazionale degli Architetti. Invece, sta succedendo. «Ormai la sequenza di crolli sta assumendo un carattere di preoccupante regolarità – riflette Antonio Occhiuzzi, direttore dell’Istituto di tecnologia delle costruzioni del Cnr – perché decine di migliaia di ponti italiani hanno superato la durata di vita per la quale sono stati progettata, il Ponte Morandi è un caso di scuola: non c’è niente di eterno». A rischio anche un altro ponte progettato da Riccardo Morandi, ad Agrigento, chiuso per timore di crolli dal 2017 (altri due sono a Firenze e Catanzaro). In pericolo sarebbe il 60% di viadotti in cemento di oltre 50 anni. Avrebbero bisogno di essere sempre sotto osservazione. Ma, come hanno scritto Milena Gabanelli e Rita Querzè sul Corriere, mancano i soldi: «A preoccupare di più sono proprio i cavalcavia delle Province, che dal 2014 non hanno più i fondi per manutenzione e investimenti» e così i controlli si fanno «a vista» o si chiudono le strade. Autostrade (3 mila tra ponti, viadotti e cavalcavia) fa sapere di effettuare ispezioni ordinarie ogni tre mesi e l’Anas (12 mila ponti) ha investito 180 milioni in manutenzione. Troppo poco.
«I costi per la manutenzione di queste strutture superano quelli per la demolizione e ricostruzione», ragiona Occhiuzzi del Cnr, ecco perché, «sarebbe meglio sostituirne gran parte con nuove opere dimensionate al tipo di uso di oggi: servirebbe una sorta di Piano Marshall». Intanto, Ponte Morandi sarà demolito completamente.